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Contra factum non valet argumentum”

giovedì 31 dicembre 2015

Come il Capitalismo Americano è stato costruito sulla schiavitù - How Slaves Built American Capitalism

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Counter Punch pubblica un pesante articolo storico sulle origini del capitalismo americano. Gli Stati Uniti sono emersi così rapidamente a superpotenza economica sulla scena mondiale non grazie ai loro ideali e al “sogno” di libertà – ma più prosaicamente grazie allo sfruttamento intensivo della schiavitù. È così che si costruiscono gli imperi. Grandi imprese e banche americane, celebri ancora oggi, hanno costruito le loro fortune sulla schiavitù. Nella seconda parte l’articolo argomenta che la discriminazione razziale presente ancora oggi in America, la profonda frattura sociale, la violenza contro gli afroamericani di cui ci parla quotidianamente la televisione, sarebbero la conseguenza di un passato che non si è ancora concluso, di una mai avvenuta riconciliazione.

Come il Capitalismo Americano  è stato costruito sulla schiavitù

di Garikai Chengu
18 dicembre 2015

Oggi [18 dicembre, NdT] è l’anniversario dei 150 anni di abolizione della schiavitù in America e, contrariamente alla credenza popolare, la schiavitù non è un prodotto del capitalismo occidentale. È il capitalismo occidentale ad essere un prodotto della schiavitù.

L’espansione della schiavitù nei primi otto decenni dopo l’Indipendenza Americana ha guidato l’evoluzione e la modernizzazione degli Stati Uniti.

Lo storico Edward Baptist illustra come, nell’arco di tempo di una vita umana, il Sud crebbe da una stretta fascia costiera di piccole piantagioni di tabacco ad un impero continentale del cotone, e gli Stati Uniti divennero un’economia moderna, industriale e capitalista.

Attraverso la tortura e i maltrattamenti i proprietari degli schiavi ottennero la massima efficienza, che permise agli Stati Uniti di prendere il controllo del mercato mondiale del cotone, la materia prima fondamentale della Rivoluzione Industriale, e diventare così una nazione ricca e potente.

Il cotone era nel diciannovesimo secolo ciò che il petrolio è stato nel ventesimo secolo: il bene che determinava la ricchezza delle nazioni. Il cotone contava per un sorprendente 50 percento delle esportazioni statunitensi, e scatenò il boom economico che l’America conobbe allora. L’America deve alla schiavitù la sua stessa esistenza di paese appartenente al primo mondo.

In termini astratti, il capitalismo e la schiavitù sarebbero due sistemi fondamentalmente contrapposti. Uno è fondato sul lavoro libero, l’altro sul lavoro forzato. Però in pratica il capitalismo stesso non sarebbe stato possibile senza la schiavitù.

Negli Stati Uniti gli accademici hanno dimostrato che il profitto ottenuto dalla schiavitù non riguardava soltanto il Sud, che vendeva il cotone o la canna da zucchero raccolta dagli schiavi. La schiavitù è stato un elemento centrale anche per la creazione delle industrie che oggi dominano l’economia statunitense: il settore immobiliare, il settore delle assicurazioni e la finanza.

Wall Street è stata fondata sulla schiavitù. Furono schiavi africani a costruire perfino il muro fisico da cui Wall Street prende il nome, che costituiva il confine settentrionale della colonia olandese, costruito per respingere i nativi che rivolevano indietro le loro terre. Per formalizzare il colossale commercio di esseri umani, nel 1711 i funzionari di New York stabilirono a Wall Street il mercato degli schiavi.

Molte importanti banche americane, tra cui JP Morgan e Wachovia Corp costruirono delle fortune sulla schiavitù, e accettavano gli schiavi come “garanzia”. JP Morgan ha recentemente ammesso di avere “accettato circa 13.000 persone in schiavitù come collaterale sui prestiti, e di essersi impossessata di circa 1.250 schiavi“.

La storia che i libri di testo scolastici americani raccontano che la schiavitù era regionale, anziché nazionale, e dipingono la schiavitù come una brutale aberrazione rispetto alle regole di democrazia e libertà che l’America si è data. La schiavitù viene raccontata come una sfortunata deviazione dalla marcia del paese verso la modernità, non certo come il motore che ha guidato la prosperità economica dell’America. Nulla potrebbe essere più lontano dal vero.

Per apprezzare davvero l’importanza che la schiavitù ha avuto per il capitalismo americano, basta guardare la scabrosa storia di un’azienda che prima della Guerra Civile Americana confezionava abiti, chiamata Lehman Brothers. Warren Buffet è l’amministratore delegato di Berkshire Hathaway, nonché il miliardario più ricco d’America. L’azienda da cui Berkshire Hathaway è nata era una produttrice tessile dello Stato di Rhode Island, e approfittava della schiavitù.

Nel Nord, New England è stata la patria dell’industria tessile americana e la culla dell’abolizionismo, ma si è arricchita sulla schiena degli schiavi costretti a raccogliere il cotone nel Sud. Gli architetti della rivoluzione industriale di New England controllavano costantemente il prezzo del cotone, e i loro stabilimenti tessili si sarebbero fermati senza il lavoro degli schiavi nelle piantagioni.

Il libro “Complicità: Come il Nord ha promosso, prolungato e tratto profitto dalla schiavitù“, di Anne Farrow, illustra come la borghesia del Nord era collegata al sistema della schiavitù da milioni di fili: compravano la melassa, che era prodotta dal lavoro degli schiavi, e vendevano il rum nel Triangolo del Commercio; prestavano denaro alle piantagioni del Sud, e molto del cotone che veniva venduto alla Gran Bretagna era imbarcato nei porti di New England.

Nonostante sia stato poi dipinto come un eroe dei diritti civili, Abraham Lincoln non pensava affatto che i neri fossero uguali ai bianchi. Il piano di Lincoln era quello di rispedire i neri in Africa e, se non fosse stato assassinato, il rinvio dei neri in Africa sarebbe stato con ogni probabilità la sua politica dopo la Guerra Civile. Lincoln ammise persino che i proclami sull’emancipazione, secondo le sue stesse parole, erano solo “una misura pragmatica per la guerra” finalizzata a convincere la Gran Bretagna che il Nord era mosso “da qualcosa di più che dalla propria ambizione“.

Per i neri la fine della schiavitù, centocinquanta anni fa, è stato solo l’inizio di una ricerca ancora non conclusa di equità democratica ed economica.

Fino a prima della Seconda Guerra Mondiale, l’élite americana vedeva la civilizzazione capitalista come un progetto razziale e coloniale. Ad oggi, il capitalismo americano può essere visto solo come “capitalismo razziale”: l’eredità della schiavitù segnata dal concomitante emergere della supremazia e del capitalismo bianco nell’America moderna.

I neri in America vivono in un sistema di capitalismo razziale. Il capitalismo razziale esercita la sua autorità sulla minoranza nera attraverso l’oppressiva serie dei linciaggi da parte della polizia, incarcerazioni di massa e istituzionalizzazioni guidate dalla disuguaglianza economica e razziale. Il capitalismo razziale è senza dubbio uno dei moderni crimini contro l’umanità.

Vedere un afroamericano al vertice del potere in quella che è stata la terra della schiavitù sarebbe esaltante, se solo gli indicatori sulla disuguaglianza dei neri non si stessero impennando. Di fatto, durante l’amministrazione di Obama il divario tra la mediana della ricchezza delle famiglie nere e quella delle famiglie bianche è aumentato del 7 per cento. Il divario tra la disoccupazione dei neri e dei bianchi si è anch’esso ampliato durante l’amministrazione Obama, del 4 per cento.

La polizia nazionale storicamente ha agito per mettere in atto il capitalismo razziale. Le prime forze di polizia moderne in America furono le pattuglie per il controllo degli schiavi e le ronde notturne, che erano finalizzate a controllare gli afroamericani.

La letteratura storica esprime chiaramente che prima della Guerra Civile esisteva una forza di polizia legittimata che aveva il solo scopo di opprimere la popolazione schiavizzata e proteggere la proprietà e gli interessi dei padroni. Le lampanti somiglianze tra le ottocentesche pattuglie per il controllo degli schiavi e l’attuale brutalità della polizia americana contro la comunità nera sono troppo evidenti per essere ignorate.

Da quando le prime forze di polizia sono state stabilite in America, i linciaggi sono diventati il fulcro della legge e dell’ordine imposto dal capitalismo razziale. Nei giorni seguenti all’abolizione della schiavitù, si costituì la peggiore organizzazione terroristica della storia americana, con la benedizione del governo statunitense: il Klu Klux Klan.

La maggioranza degli americani crede che i linciaggi siano una forma antiquata di terrorismo razziale, che ha macchiato la società americana fino alla fine dell’era delle leggi di Jim Crow. Tuttavia la propensione dell’America verso il massacro sfrenato degli afroamericani è solo peggiorata nel tempo. Il Guardian ha recentemente riportato come gli storici ritengano che tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo, in media venissero linciati due afroamericani ogni settimana.

Confrontate questo dato con la serie incompleta stilata dall’FBI, che mostra che l’omicidio di un nero da parte di un poliziotto americano avviene più di due volte a settimana, ed è chiaro che la brutalità della polizia verso le comunità afroamericane sta aumentando, non diminuendo.

I linciaggi non significano solo l’uccisione. Spesso includono l’umiliazione, la tortura, le ustioni, le mutilazioni e la castrazione. Il linciaggio era un classico rituale pubblico in America, che spesso avveniva davanti a una grande folla, che a volte contava migliaia di persone, tra cui bambini che giocavano.

Poco dopo l’abolizione della schiavitù, nel 1899, il settimanale Springfield Weekly ha descritto così un linciaggio condotto dal KKK:
“al Negro sono state tolte le orecchie, le dita e i genitali. Supplicava pietosamente per la propria vita durante la mutilazione … Prima che il corpo fosse freddo, è stato tagliato in pezzi e le ossa frantumate in piccoli pezzettini … il cuore del Negro è stato tagliato a pezzi, e così il suo fegato … si vendevano i pezzetti di ossa a 25 cent …“.

Il terrorismo razziale è fondamentale per la perpetuazione del capitalismo razziale, ed è per questo che ancora oggi il governo americano rifiuta di riconoscere il KKK come un’organizzazione terroristica.

Terrorizzare le comunità afroamericane va a braccetto con l’imprigionamento e il confinamento sistematico dei neri. In gran parte con la scusa della guerra alla droga, gli Stati Uniti incarcerano più afroamericani oggi, in percentuale, che il Sud Africa al culmine dell’Apartheid.

Le prigioni private sono state progettate dai ricchi a vantaggio dei ricchi. Il sistema delle prigioni a scopo di lucro dipende dall’imprigionamento dei neri per sopravvivere. Un po’ come gli stessi Stati Uniti. Dopotutto, ci sono più neri in prigione, in libertà vigilata o condizionale, di quanti fossero in schiavitù nel 1850 o prima che iniziasse la Guerra Civile.

Il decollo economico dell’America nel diciannovesimo secolo non è avvenuto “nonostante” la schiavitù. È avvenuto in larga parte proprio grazie ad essa. Il capitalismo è stato creato con la schiavitù, e la schiavitù a sua volta ha creato una persistente eredità di capitalismo razziale che è ancora presente nell’America di oggi.

Storicamente c’è sempre stato un netto contrasto tra i nobili ideali americani da una parte e lo status di eterna inferiorità degli afroamericani dall’altra. Alla fine del diciannovesimo secolo, per ironia, è stata eretta una statua detta “della libertà” a osservare l’arrivo nel porto di New York di milioni di stranieri, mentre i contadini neri del Sud – non degli alieni, ma profondamente alienati – erano mantenuti in condizioni di schiavitù ai margini della società. È l’ipocrisia di un’ideologia razzista che ha messo apertamente in discussione la dignità della vita dei “negri”, e che è sopravvissuta alla sconfitta del nazismo. Ad oggi l’America non può dirsi una nazione “post-razziale”, e gli indicatori sull’uguaglianza razziale in America sono di nuovo ai minimi.

Il problema razziale in America è ancora un grande dilemma nazionale che continua minacciare l’esperimento democratico americano. Il malcontento nelle comunità afroamericane continuerà a crescere verso un pericoloso punto di ebollizione, a meno che la più grande eredità della schiavitù, cioè il capitalismo razziale, non sarà apertamente svelato e smantellato completamente.


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December 18, 2015

Today marks the 150th anniversary of the abolition of slavery in America and contrary to popular belief, slavery is not a product of Western capitalism; Western capitalism is a product of slavery.

The expansion of slavery in the first eight decades after American Independence drove the evolution and modernization of the United States.

Historian Edward Baptist illustrates how in the span of a single lifetime, the South grew from a narrow coastal strip of worn-out tobacco plantations to a continental cotton empire, and the United States grew into a modern, industrial, and capitalist economy.

Through torture and punishment slave owners extracted greater efficiencies from slaves which allowed the United States to seize control of the world market for cotton, the key raw material of the Industrial Revolution, and become a prosperous and powerful nation.

Cotton was to the early 19th century, what oil was to the 20th century: the commodity that determined the wealth of nations. Cotton accounted for a staggering 50 percent of US exports and ignited the economic boom that America experienced. America owes its very existence as a first world nation to slavery.

In the abstract, capitalism and slavery are fundamentally counterposed systems. One is based on free labor, and the other, on forced labor. However, in practice, Capitalism itself would have been impossible without slavery.

In the United States, scholars have demonstrated that profit wasn’t made just from Southerners selling the cotton that slaves picked or the cane they cut. Slavery was central to the establishment of the industries that today dominate the U.S. economy: real estate, insurance and finance.

Wall Street was founded on slavery. African slaves built the physical wall that gives Wall Street its name, forming the northern boundary of the Dutch colony designed to ward off resisting natives who wanted their land back. To formalize the colossal trade in human beings, in 1711, New York officials established a slave market on Wall Street.

Many prominent American banks including JP Morgan and Wachovia Corp made fortunes from slavery and accepted slaves as “collateral”. JP Morgan recently admitted that it “accepted approximately 13,000 enslaved individuals as collateral on loans and took possession of approximately 1,250 enslaved individuals”.

The story that American schoolbooks tell of slavery is regional, rather than national, it portrays slavery as a brutal aberration to the American rule of democracy and freedom. Slavery is recounted as an unfortunate detour from the nation’s march to modernity, and certainly not the engine that drove American economic prosperity. Nothing could be further from the truth.

In order to fully appreciate the importance of slavery to American capitalism, one need only look at the torrid history of an antebellum Alabama dry-goods outfit called Lehman Brothers. Warren Buffet is the CEO of Berkshire Hathaway and the richest billionaire in America. Berkshire Hathaway’s antecedent firm was a Rhode Island textile manufacturer and slavery profiteer.

In the north, New England was the home of America’s cotton textile industry and the hotbed of American abolitionism, which grew rich on the backs of the enslaved people forced to pick cotton in the south. The architects of New England’s industrial revolution constantly monitored the price of cotton, for their textile mills would have been silent without the labor of slaves on distant plantations.

The book Complicity: How the North Promoted, Prolonged, and Profited from Slavery by Anne Farrow illustrates how the Northern bourgeoisie were connected to the slave system by a million threads: they bought molasses, which was made with slave labor, and sold rum as part of the Triangle Trade; they lent money to Southern planters; and most of the cotton that was sold to Britain was shipped through New England ports.

Despite being turned into a civil rights hero, Abraham Lincoln did not think blacks were the equals of whites. Lincoln’s plan was to send the blacks in America back to Africa, and if he had not been assassinated, returning blacks to Africa would likely have been his post-war policy. Lincoln even admitted that the emancipation proclamation, in his own words, was merely “a practical war measure” to convince Britain, that the North was driven by “something more than ambition.”

For Blacks, the end of slavery, one hundred and fifty years ago, was just the beginning of the as yet unachieved quest for democratic and economic racial equality.

In the era before WWII, the American elite consensus viewed capitalist civilization as a racial and colonial project. To this day, capitalism in America can only be described as “Racial Capitalism”: the legacy of slavery marked by the simultaneous, and intertwined emergence of white supremacy and capitalism in modern America.

Black people in America live in a Racial Capitalist system. Racial Capitalism exercises its authority over the Black minority through an oppressive array of modern day lynchings by the police, increasing for-profit mass incarceration and institutionally driven racial economic inequality. Racial Capitalism is unquestionably a modern day crime against humanity.

Seeing an African American at the pinnacle of power in the land of slavery would be exciting if only black equality indicators were not tumbling. In fact, during Obama’s tenure the black-white median household wealth gap is down to seven black cents on the white dollar. The spread between black unemployment and white unemployment has also widened by four points since President Obama took office.

The nation’s police historically enforced Racial Capitalism. The first modern police forces in America were Slave Patrols and Night Watches, which were both designed to control the behaviors of African Americans.

Historical literature is clear that prior to the Civil War a legally sanctioned police force existed for the sole purpose of oppressing the slave population and protecting the property and interests of white slave owners. The glaring similarities between the eighteenth century Slave Patrols and modern American police brutality in the Black community are too salient to dismiss or ignore.

Ever since the first police forces were established in America, lynchings have been the linchpin of racial capitalist law and order. Days after the abolition of slavery, the worst terrorist organization in American history was formed with the US government’s blessing: The Klu Klux Klan.

The majority of Americans believe that lynchings are an outdated form of racial terrorism, which blighted American society up until the end of the era of Jim Crow laws; however, America’s proclivity towards the unbridled slaughter of African Americans has only worsened over time. The Guardian newspaper recently noted that historians believe that during the late nineteenth and early twentieth century on average two African-Americans were lynched every week.

Compare this with incomplete data compiled by the FBI that shows that a Black person is killed by a white police officer more than twice a week, and it’s clear that police brutality in Black communities is getting worse, not better.

Lynching does not necessarily mean hanging. It often included humiliation, torture, burning, dismemberment and castration. A lynching was a quintessential American public ritual that often took place in front of large crowds that sometimes numbered in the thousands and children played during the festivities.

Shortly after the abolition of slavery in 1899 the Springfield Weeklynewspaper described a lynching by the KKK chronicling how, “the Negro was deprived of his ears, fingers and genital parts of his body. He pleaded pitifully for his life while the mutilation was going on…before the body was cool, it was cut to pieces, the bones crushed into small bits…the Negro’s heart was cut into several pieces, as was also his liver…small pieces of bones went for 25 cents…”.

Central to the perpetuation of Racial Capitalism is racial terrorism, which is why to this day, the US government refuses to designate the KKK as a domestic terrorist organization.

Racially terrorizing Black communities goes hand in hand with the systematic containment and imprisonment of Blacks. Thanks in large part to the racially motivated War on Drugs, the United States right now incarcerates more African-Americans as a percentage than South Africa did at the height of Apartheid.

Private prisons were designed by the rich and for the rich. The for-profit prison system depends on imprisoning Blacks for its survival. Much in the same way the United States was designed. After all, more Black men are in prison or jail, on probation or parole than were enslaved in 1850 before the Civil War began.

America’s “take-off” in the 19th century wasn’t in spite of slavery; it was largely thanks to it. Capitalism was created by slavery and slavery in turn created the enduring legacy of Racial Capitalism that persists in America today.

There has historically been a sharp contrast between America’s lofty ideals, on the one hand, and the seemingly permanent second-class status of African Americas, on the other. The late 19th century irony of a statue named Liberty overseeing the arrival in New York’s harbor of millions of foreigners, even as black Southern peasants, not alien, just profoundly alienated, were kept enslaved at the social margins. The hypocrisy of a racist ideology that openly questioned the Negro’s human worth surviving America’s defeat of the Nazis. To this day, far from being a “post-racial” nation, American racial equality indicators and race relations are at a new low.

The race problem is America’s great national dilemma that continues to pose the greatest threat to America’s democratic experiment. Simmering discontent in Black communities will continue to rise towards a dangerous boiling point unless and until slavery’s greatest legacy of ongoing Racial Capitalism is exposed and completely dismantled.

Garikai Chengu is a scholar at Harvard University. 
Contact him on garikai.chengu@gmail.com.

RUSSIA INSIDER: LE ÉLITE USA TENTANO DI DISTRUGGERE L’EUROPA USANDO GLI IMMIGRATI - US Elites Are Trying to Destroy Europe with Immigrants

Se pensi che questo non è parte di un piano più grande, tu sei molto, molto ingenuo
Su Russia Insider viene proposta una chiave di lettura molto razionale alla crisi europea dei migranti. Questo fenomeno, originato come effetto collaterale dall’interventismo occidentale in Africa e Medio Oriente, sembra essere voluto quanto l’obiettivo primario. Il flusso di disperati che si dirige verso il Vecchio Continente finirà per frammentare società già in difficoltà in modo da renderle sempre più in balia del solito “salvatore”, terrorizzato di perdere la sua attuale posizione di dominatore mondiale: gli Stati Uniti.

Nota del Blog
E' cosa ben nota fin dagli inizi '900 con il nome "Piano Kalergi", imbastardimento delle popolazioni europee con asiatici e africani per poterli manovrare meglio, derivato dal nome del fondatore, il Conte Kalergi fondatore anche dell'antenata dell'Unione Europea, la Società Panaeuropea. Cercherò di fare un articolo in merito.
Di Robert Bridge
20 dicembre 2015

Dagli Stati Uniti all’Europa, le élite occidentali stanno permettendo ad un massiccio afflusso di stranieri di entrare nelle loro terre, trasformando radicalmente il volto delle società occidentali nel tentativo di dividere, conquistare ed espandere il loro dominio militare e finanziario a scapito di un pianeta ignaro.

Angela Merkel è stata anche nominata Time “Persona dell’anno” per aver guidato l’afflusso che minaccia di fare a pezzi l’Europa.

Tralasciando l’immagine creata dei media di un’Europa esageratamente disposta ad accogliere sciami di rifugiati nelle sue società conservatrici, la storia recente ci fornisce un quadro del tutto diverso. Già nel 2010, il cancelliere tedesco Angela Merkel, in risposta al crescente sentimento anti-immigrati, aveva suscitato scalpore in tutto il mondo quando aveva ammesso che gli sforzi per creare una società multiculturale in Germania erano “completamente falliti”.

Oggi, la Merkel sta canticchiando una melodia completamente diversa nel momento in cui un’ondata di rifugiati si abbatte sull’Europa da tutti gli angoli. Confidando nella memoria corta dell’elettorato, il leader tedesco ha steso un tappeto di benvenuto lungo il confine del suo paese, raccontando al mondo che la Germania è pronta ad accogliere più di 1 milione di nuovi arrivati – praticamente lo stesso giorno in cui 130 persone sono state uccise da un presunto attacco islamico fondamentalista a Parigi.

Parte del cambiamento nell’umore del pubblico riguardo la drammatica situazione dei profughi è venuto dalla tragica storia di Aylan Kurdis, il bambino siriano il cui corpo è stato trovato annegato lungo un litorale in Turchia dopo che la barca dove aveva viaggiato si era capovolta. Naturalmente, i super-consolidati media di proprietà delle multinazionali, che non si lasciano sfuggire nemmeno un momento tragico (e in particolare uno con un forte elemento visivo), hanno diffuso la storia su ogni prima pagina di giornale in tutta Europa. A dire il vero, si tratta degli stessi giornali occidentali che hanno ignorato le calamità causate ai bambini di tutto il Medio Oriente dagli attacchi della NATO a paesi sovrani come l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia e ora in Siria. Basta leggere il sottotitolo che accompagna il titolo in prima pagina del “Sun”: “Bombardare la Siria per Aylan”. Ecco come utilizzare la tragedia per propagandare l’obiettivo più brutto di tutti: la guerra.

Così, mentre il popolo europeo è costretto da una campagna mediatica incessante ad accogliere i rifugiati siriani pena essere etichettati neofascisti (una parola che pochi tedeschi possono tollerare in seguito allo straziante ricordo della Germania nazista, una memoria che i media non permetteranno mai che il popolo tedesco possa superare ), i profughi vengono magneticamente attratti verso l’Europa con la promessa di soldi facili e posti di lavoro disponibili. Nota: è stato dimostrato che la maggior parte dei nuovi arrivati ​​in Europa non vengono dalla Siria, ma piuttosto da altri luoghi devastati dalla guerra, come l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia.

I rifugiati in Germania ricevono fino a 345 euro al mese da parte del governo, mentre in Svezia l’indennità mensile è fino a 224 €. Rispetto ai luoghi e alle situazioni da cui i profughi sono in fuga, questa tentazione del denaro gratis è praticamente impossibile da ignorare.

Questo caos è stato pianificato?

Mentre in superficie può sembrare che la crisi dei rifugiati ha colto i leader occidentali di sorpresa, in realtà fa tutto parte del loro piano per la dominazione globale, delineatosi in un documento dell’ormai defunto gruppo di neoconservatori americani conosciuto come Il Progetto per un Nuovo Secolo Americano (PNAC).

Nel settembre 2000, il gruppo ha pubblicato un documento intitolato: ‘Ricostruire le difese dell’America – Strategia, Forze e Risorse per un Nuovo Secolo,’ in cui gente a cui il potere ha dato alla testa si rivela per quella che è, e ammette che il loro obiettivo è di far valere la potenza militare USA in tutto il mondo per rimanere la superpotenza suprema nel mondo.

Il PNAC individuò cinque nazioni ritenute “profondamente ostili all’America” ​​- Corea del Nord, Iraq, Iran, Libia e Siria (l’ex generale americano Wesley Clark ne ha aggiunti altri tre un po’ più tardi: il Libano, la Somalia e il Sudan). Non sorprende allora che due di questi cinque paesi abbiano già subito una occupazione/capitolazione guidata dagli Stati Uniti, mentre la Siria sta ancora riuscendo a sopravvivere, anche se solo grazie all’intervento militare della Russia.

Mosca sembra essere giunta alla conclusione corretta che lo Stato islamico è semplicemente un esercito delegato creato dagli Stati Uniti per distruggere le porte degli Stati sovrani.

A giudicare dal campo di applicazione di questi piani diabolici, è del tutto impossibile che gli Stati Uniti non potessero vedere bene in anticipo che un flusso di profughi disperati sarebbe presto fluito verso l’Unione Europea in cerca di sicurezza.

Ma ancora una volta, questo fa parte del piano generale che desiderano le élite degli Stati Uniti, altrimenti non starebbero spingendo così aggressivamente per i diritti degli immigrati clandestini oltre i diritti dei propri cittadini naturali nati.

Questo acquista senso se si considera il relitto assoluto che le élite occidentali hanno fatto dell’economia europea, con nazioni come la Grecia, l’Italia, il Portogallo e altri sull’orlo del fallimento totale, e sopravvissuti unicamente a causa di prestiti impossibili da restituire concessi dal FMI e dalla Banca Mondiale.

Vien voglia di pensare alla storia della vita colorata di Barack Hussein Obama – il primo presidente nero degli Stati Uniti di origine keniota, noto per avere opinioni forti sul modo in cui le minoranze sono state trattate nel presente e nel passato – e per usare queste opinioni come un motivo potente per il crollo dei confini nazionali in tutto il mondo, e ancor più scioccante negli Stati Uniti e nell’Unione Europea. In effetti, il magnate immobiliare Donald Trump ha praticamente chiuso la sua nomina per la candidatura presidenziale repubblicana con niente di più che la promessa di costruire un “gigantesco muro” che separi l’America e il Messico. Allora perché Obama non fa una promessa altrettanto semplice per spegnere la minaccia Trump una volta per tutte?

Anche se io credo che Obama sia predisposto sia per il suo colore della pelle sia per la sua storia di vita di mostrare solidarietà al dramma dei rifugiati e delle minoranze, ed è quindi meno incline a chiudere i confini americani, non credo che la corsa del presidente degli Stati Uniti possa spiegare tutto (anche se ha un modo meraviglioso di spaventare eventuali aspiranti critici per paura di essere di marca ‘razzista’). Il punto è che Obama sta recitando un copione che è stato scritto molti anni fa. Washington dipende troppo da troppi potenti, burattinai dietro le quinte per qualsiasi cosa accada per caso nel regno della politica degli Stati Uniti.

Secondo il sociologo tedesco Gunnar Heinsohn, entro la metà del 21 ° secolo milioni di migranti provenienti da Africa e Asia (950 milioni di loro vorrebbero già trasferirsi in UE) trascineranno l’Europa nel Medioevo. Allora non è esattamente questo quello che Barack Obama, un uomo con radici africane, voler raggiungere attraverso la sua politica estera?

Sbaglieremmo dando tutta la colpa ad Obama per la distruzione della civiltà europea, una volta orgogliosa (e ora appesa a un filo in pochi stati testardi, come la Russia, l’Ungheria e la Bielorussia). La colpa deve essere data al sistema diabolico che ogni leader americano è costretto ad accettare o a combattere una volta entrato nello Studio Ovale (John F. Kennedy è forse la prova migliore di ciò che accade a un leader degli Stati Uniti che cerca di essere un vero uomo e chiede un reale cambiamento).

Non possiamo più permetterci di farci illudere su ciò che sta realmente accadendo nel mondo di oggi. Gli Stati Uniti stanno distruggendo attivamente e intenzionalmente il vecchio tessuto della nazionalità – il collante che tiene insieme le culture e civiltà – in tutto il mondo, e non importa se lo stato è amico o nemico, cristiano o musulmano, ricco o povero.

Il piano finale è quello di distruggere qualsiasi omogeneità esistente e sostituirla con un sistema imperiale a guida USA che si basa sulla forza bruta per mantenere la “pace e l’ordine”.

Questo obiettivo è molto più facilmente raggiunto se le persone non hanno più assolutamente nulla in comune con i loro vicini. Il microcosmo di questo sistema demoniaco sta già funzionando a Main Street: negli USA, dove le forze di polizia locali ricevono in realtà armi di tipo militare da usare contro il popolo americano – mentre i confini nazionali rimangono aperti per assassini, stupratori e trafficanti di droga dal Sud America (!).

In Europa, lo stesso dramma sta avvenendo come un omicidio a sangue freddo in pieno giorno. Grazie alla politica estera sconsiderata dell’America, che è diventata assolutamente folle in seguito agli attentati terroristici dell’11 settembre, i paesi della NATO vengono trascinati impotenti in guerre nonostante l’indignazione pubblica e le proteste contro queste guerre illegali, che sono già accadute in Iraq, Afghanistan , Libia, e ora Siria – che hanno provocato – o presto provocheranno – il fallimento degli Stati colpiti.

Ma gli stati veramente falliti alla fine saranno le vecchie potenze coloniali europee, che si trovano in prima linea nello tsunami dei rifugiati provocato dagli Stati Uniti che ora si abbatte su tutto il continente, minacciando di inghiottire ogni città da Lisbona a Helsinki.

Questo sviluppo fa il gioco di Washington dato che il popolo europeo – sempre più terrorizzato dagli atti pre-pianificata di guerra, terrorismo e collasso finanziario – cercano un eroe che lo tragga in salvo. A quel punto, si dirigeranno felici e ciechi verso la schiavitù come agnelli sulla via della macellazione, credendo di essere liberi fino al momento della loro distruzione.

In altre parole, fino a quando sarà troppo tardi per invertire il loro destino e il vero volto del tiranno globale verrà rivelato.

If you think this isn't part of a bigger plan, 

you are very, very naive
A side effect of the American neocon strategy of up-ending the Middle East is to flood Europe, and in particular, Germany, the continent's dominant power, with non-Christian immigrants.

The author argues that this is deliberate, and that Merkel and Obama are neocon patsies, leading Europe to destruction, and that Russia is one of the few countries whose leadership understands what is happening, and is fighting back.

A few years ago, views like these would be considered on the fringe. Today they are going mainstream. Witness the popularity of Donald Trump.

Robert Bridge  Sun, Dec 20

From the United States to Europe, the Western elite are allowing a massive influx of foreigners to enter their lands, radically transforming the face of Western societies in a bid to divide, conquer and expand their military and financial rule across an unsuspecting planet.

Angela Merkel was even named Time’s “Person of the Year” for spearheading the influx which threatens to tear Europe apart.

Despite the media-generated characterization of Europe as only too willing to allow swarms of refugees into their conservative societies, recent history provides us with an altogether different picture. As early as 2010, German Chancellor Angela Merkel, in response to rising anti-immigrant sentiment, sent shockwaves around the world when she admitted that efforts to create a multicultural society in Germany have "utterly failed."

Today, Merkel is humming a completely different tune as a wave of refugees storms Europe from all corners. Trusting the public's short memory span, the German leader has put out the welcome mat along her country's lengthy border, telling the world Germany is ready to accept over 1 million new arrivals - and on practically the same day that 130 people were killed by alleged Islamic fundamentalists around Paris.

Part of the public's change of heart towards the plight of refugees came from the tragic story of Aylan Kurdis, the Syrian child whose body was found washed up along a shoreline in Turkey after the boat he had been traveling in capsized. Of course, the corporate-owned, super-consolidated media, never one to ignore a tragic moment (and especially one with graphic photographs) posted the story on every newspaper frontpage across Europe. Indeed, these were the same Western newspapers that ignored the depravations brought to children around the Middle East from NATO attacks on sovereign countries like Afghanistan, Iraq, Libya and now in Syria. One need only read the subtitle that accompanied The Sun's front page headline, which said: "Bomb Syria for Aylan." Talk about using tragedy to sell the ugliest agenda of them all: War.

So while the European people are being coerced by a relentless media campaign to accept Syrian refugees or be labeled neo-fascists (a word few Germans can tolerate following the harrowing memory of Nazi Germany, a memory the media will never let the German people live down), the refugees are being magnetically drawn to Europe by the promise of easy money and easy jobs. Note: it has been proven that most of the new arrivals to Europe are not from Syria, but rather from other war-torn places, like Afghanistan, Iraq and Libya.

Refugees in Germany receive up to 345 euro per month from the government, whereas in Sweden the monthly allowance is up to 224 euro. Compared to the places and situations where the refugees are escaping from, this temptation of free money is practically impossible to ignore.

Was this chaos planned?

While on the surface it may seem that the refugee crisis has taken Western leaders by surprise, in fact it is all part of their plan for global domination, which was outlined in a paper by the now-defunct group of US neoconservatives known as The Project for a New American Century (PNAC).

In September 2000, the group released a document entitled: 'Rebuilding America's Defenses - Strategy, Forces and Resources for a New Century,' in which the power-crazed individuals came out and admitted their goal of asserting US military power around the globe in order to remain the world's supreme superpower.

The PNAC identified five nations it deems as "deeply hostile to America" - North Korea, Iraq, Iran, Libya and Syria (former US General Wesley Clark added another three to that list a bit later: Lebanon, Somalia and Sudan). It should come as no surprise that two of these five countries have already suffered a US-led occupation/capitulation, while Syria is still managing to survive, albeit only due to the military intervention of Russia.

Moscow seems to have come to the correct conclusion that Islamic State is simply a proxy army created by the United States to smash down the doors of sovereign states.

Judging by the scope of these diabolical plans, it is altogether impossible that the United States could not see well in advance that a flood of desperate refugees would soon be streaming towards the European Union in search of safety.

But again, this is part of the overall plan that the US elite desire, otherwise they would not be so aggressively pushing for the rights of the illegal aliens over the rights of their natural born citizens.

This makes sense when we consider the absolute wreck that the Western elite have made of the European economy, with nations like Greece, Italy, Portugal and others on the brink of total insolvency, and only surviving due to impossible-to-return loans pushed on them by the IMF and World Bank.

There is the temptation to point to the colorful life story of Barack Hussein Obama - America's first black president of Kenyan descent who is known to hold strong opinions on the way minorities have been treated present and past - as a powerful reason for national borders collapsing around the world, and most shockingly in the United States and the European Union. Indeed, the real estate tycoon Donald Trump has practically sealed his nomination for the Republican presidential candidacy on nothing more than the promise to build a "gigantic wall" separating America and Mexico. So why doesn't Obama make an equally simple promise and shut down the Trump threat once and for all?

Although I do believe that Obama is predisposed by both his skin color and life history to show sympathy to the plight of refugees and minorities, and is thereby less inclined to shut down America's borders, I don't think the US president's race can explain everything (although it has a wonderful way of scaring off any would-be critics out of fear of being branded 'racist'). The simple fact is that Obama is reading from a script that was written many years ago. Washington is simply weighed down by too many powerful, behind-the-scenes puppet masters for anything to happen by chance in the realm of US politics.

According to a German sociologist Gunnar Heinsohn, by mid-21st century millions of migrants from Africa and Asia (950 million of them are already willing to relocate to the EU) will drag Europe back into the Dark Ages. So isn’t this exactly what Barack Obama, a man with African roots, should be willing to achieve through his foreign policy?

We would be amiss to singularly blame Obama for destroying the once proud European civilization (now hanging by a thread in a few stubborn holdouts, like Russia, Hungary and Belorussia). The blame must be placed on the very malevolent system that every American leader is forced to either accept or fight once in the Oval Office (John F. Kennedy is perhaps the best proof as to what will happen to any US leader who attempts to be his own man and demand real change.

We can no longer allow ourselves to be deluded as to what is really happening in the world today. The United States is actively and intentionally destroying the old fabric of nationality - the very glue that holds together cultures and civilizations - around the world, and it does not matter if the state is friend or foe, Christian or Muslim, rich or poor.

The ultimate plan is to smash any homogeneity that exists and replace it with a US-led imperial system that relies on brute force to maintain "peace and order."

This is much easier achieved if people no longer have anything remotely in common with their neighbors. The microcosm of this demonic system is already playing out on Main Street, USA, where local police forces are actually receiving military-grade weapons to use against the American people - while our national borders remain open to killers, rapists and drug traffickers from South America (!).

In Europe, the very same tragedy is playing out like a cold-blooded murder in broad daylight. Thanks to America's reckless foreign policy agenda, which went absolutely insane following the terrorist attacks of 9/11, NATO countries are being helplessly dragged into battles and regardless of the public outcry and protests against these illegal wars, which have already happened in Iraq, Afghanistan, Libya, and now Syria - all of which have resulted - or soon will result - in failed states.

But the real failed states will eventually be the old colonial powers of Europe, which sit on the front line of the refugee tsunami provoked by the US that is now crashing across the region, threatening to engulf every city from Lisbon to Helsinki.

This development only plays further into Washington's hands as the European people - increasingly terrified by pre-planned acts of war, terrorism and financial collapse - look to a savior to rescue them. At that point, they will walk happily and blindly into captivity like lambs on the way to slaughter, believing they are free until the moment of their destruction.

In other words, when it is too late to reverse their fate and the real face of the global tyrant is revealed.

Lyndon LaRouche: arrestare i banchieri che preparano il furto del bail-in


Il 24 dicembre Lyndon LaRouche ha chiesto che i banchieri di Wall Street e della City di Londra che si accingono dal 1 gennaio a rubare miliardi di dollari di risparmi direttamente dai conti correnti, nell’ambito delle procedure di bail-in per salvare le banche, dovrebbero essere prontamente arrestati e messi in galera prima che commettano il furto.

Oggi si chiama bail-in, una volta di chiamava truffa. Negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, la JP Morgan e altre banche truffarono i propri clienti inducendoli ad acquistare titoli della loro banca che stava per dichiarare fallimento. Alcuni banchieri andarono in galera per questo, grazie a Franklin Delano Roosevelt.

Qualche anno fa, le principali banche spagnole, incluso il Banco Santander, hanno tentato la stessa truffa vendendo ai propri clienti obbligazioni cosiddette “preferentes” delle banche in via di fallimento, imponendo enormi perdite ai propri clienti.

All’inizio dell’anno in corso, a Portorico, alcune delle principali banche, incluse UBS e, di nuovo, Banco Santander, sono state colte con le mani nel sacco mentre cercavano di rifilare ai propri clienti obbligazioni municipali tossiche. Se la cavarono con una multa quando furono colte sul fatto.

In Italia quattro banche sono state salvate confiscando i risparmi di 10mila loro clienti.

Questa pratica fraudolenta diventerà legale quando entrerà in vigore la nuova legge dell’Unione Europea l’1 gennaio 2016, e pretende che l’8% del capitale totale di una banca venga venduto sotto forma di “bail-in bond”, ovvero carta straccia equivalente al veleno per topi.

Anche negli Stati Uniti le banche di Wall Street intendono appropriarsi dei risparmi della gente comune. La buona notizia è che la maggior parte degli americani è così povera che non ha neanche dei risparmi da farsi sottrarre. Un articolo di CNBC MarketWatch fa notare che quasi il 62% degli americani ha meno di 1.000 dollari di risparmi per le emergenze. Uno studio di Bankrate.com dimostra anch’esso che il 62% non ha risparmi, aggiungendo che il 57% di coloro che avevano dei risparmi prima del crac del 2008 li ha spesi per far fronte alla crisi economica.

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SOLO INIZIATIVE ALLA FRANKLIN D. ROOSEVELT
POSSONO SALVARCI DAL DISASTRO

Il nostro movimento internazionale sta manifestando nel mondo, in particolare a Washington D.C. e nelle sedi locali dei congressisti, poiché questi ultimi hanno lasciato la capitale senza approvare misure urgenti di carattere preventivo, prima tra tutte la separazione bancaria, nei confronti dello scossone previsto per l’1 gennaio, data di entrata in vigore delle misure di prelievo forzoso, cioè di esproprio dei risparmi, da parte delle banche in fallimento.

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Appello di capodanno al Popolo Italiano, di Simone “ArticoloUno” Boemio

"L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione." Se pensate che questo sia il principale obiettivo che debbano avere gli Italiani, datevi da fare, senza dividervi sul nulla.
Nota del Blog
Miglior appello non si poteva trovare, un appello a darsi una sveglia, prima di tutto a capire veramente quello che è già successo e non le favole storico politiche che ci hanno propinato, a capire quello che stà capitando, fatto questo forse, forse capirete che se non ci si attiva prendendo in mano le responsabilità della propria vita verremo sopraffatti e non c'è da scherzare, altro ci sarebbe da aggiungere e spiegare ma per ora và bene così.
Un piccolo esempio è la Grecia e lì non è nemmeno finita, non pensate di essere diversi o migliori, stessa "trippa per gatti" ...  
Una idea su cosa si può fare.
Un esempio di cosa è già avvenuto.
Con questo auguro un Buon Anno di sveglia consapevole altrimenti altro che tempi difficili ...


Appello di capodanno al Popolo Italiano

Viviamo tempi complicati, ma non difficili … 
questi devono ancora arrivare!


Cari Italiani, compatrioti

Sta per iniziare un nuovo anno, il 2016, nel nostro Paese all’insegna della totale assenza di democrazia, giustizia sociale e rispetto per il bene comune.

La democrazia è solo di facciata, mai come ora nella storia degli Stati moderni, votare è stato così inutile; i tre poteri dello Stato democratico progressivamente vengono smantellati o resi inefficaci; il sistema mediatico è totalmente asservito alle logiche dei proprietari che certamente non corrispondono a quelle del Popolo, mentre internet diventa sempre più un non-luogo dove tra l’informarsi e il disinformarsi non corre alcuna differenza; il lavoro stabile e ben retribuito è un miraggio, così come una giusta pensione per tutti; le attività che non hanno ancora chiuso lo stanno per fare per lasciare il campo ai grandi gruppi internazionali; le aziende pubbliche che hanno garantito servizi ai cittadini stanno passando nelle mani delle grandi multinazionali con il conseguente aumento delle tariffe e il taglio dei servizi meno remunerativi - dovremo pagare ogni servizio pur non godendo di un reddito dignitoso, il tutto in un regime fiscale vessatorio; come se non bastasse, le radici storico-culturali che solo noi al mondo possiamo vantare, vengono costantemente attaccate ideologicamente in favore di un meltin pot che ci vuol far dimenticare chi siamo e cosa possiamo se uniti. Il tutto si compie in un’Italia ricca, ma che non conosce più la redistribuzione la quale, applicata nel trentennio del boom post-bellico in ottemperanza ai dettami costituzionali, ha garantito un buon grado di uniformità nella crescita delle condizioni di vita di tutti gli Italiani durante il periodo storico definito “il miracolo italiano”.

In queste condizioni si apre un nuovo anno ancora governato da personaggi mai delegati democraticamente a farlo dove una oligarchia trans-nazionale dirige la politica nazionale rendendo vane, confuse e quasi senza significato le parole “sinistra” e “destra”; in questo quadro i maggiori partiti, che si dichiarano dell’una o dell’altra parte, obbediscono pedissequamente agli ordini pervenuti tramite missive da non rendere pubbliche provenienti dai centri di potere bancario europei, recitando di volta in volta la parte che più conviene.
Tali forze politiche, che ci hanno sin qui condotti, non sono certamente legittimate a trarci da questa situazione – anzi i loro responsabili dovranno affrontare in prima persona le conseguenze del loro tradimento dei valori costituzionali, mentre quelle che in apparenza sembrano contrastarle non possiedono alcuna comune visione della società e pertanto non saranno in grado di restituire agli Italiani un’Italia coesa, democratica e giusta ed infine (in un accenno alla parte politica che rappresento), quelle che potrebbero ricomporre il quadro istituzionale, l’assetto economico e lo stato di democrazia, in conformità ai dettami costituzionali sono ancora ininfluenti e lo resteranno a lungo in assenza di una volontà a collaborare, ma soprattutto in assenza di consapevolezza, da parte della maggioranza dei nostri concittadini, della propria condizione di sudditanza nei confronti di una élite determinata a sottomettere tutti noi.

Le forze globalizzatrici del grande capitale finanziario, predatorie per loro natura, si stanno riprendendo quanto conquistato dai nostri genitori e nonni dalla fine della seconda guerra mondiale fino agli inizi degli anni ’80 e non si limiteranno a questo, ma andranno oltre fino a renderci tutti “servi della gleba” inconsapevoli di esserlo ed ai nostri figli resterà solo la miseria e la sottomissione e la storia avrà insegnato una volta ancora che da essa l’umanità non apprende nulla.
Tutti i diritti conquistati dalle generazioni precedenti, grazie alla protezione offerta della nostra Carta Costituzionale, stanno scomparendo uno ad uno proprio a causa della esautorazione di ogni istituzione democratica e quindi della Costituzione Repubblicana del ’48 in favore del “volere dei mercati” fermamente tutelato dalle norme che regolano l’Unione Europea; tutte le nostre ricchezze più o meno grandi passeranno di mano secondo la logica darwinian-capitalistica del pesce grande che si mangia il più piccolo.

Come ho prima accennato l’Italia è un paese ricco, molto ricco (prima di rimanere invischiato tra le regole liberiste che lo hanno condotto nella U.E. – patria elettiva del liberismo che mai si farà patria dei suoi cittadini - era un paese leader dell’economia mondiale), e non solo per il suo patrimonio culturale e paesaggistico ora impossibile da preservare a causa di una politica di bilancio delegata a terzi, non solo per la nostra capacità imprenditoriale e la nostra inventiva ora rese inefficaci da regole e burocrazia europee, non solo per la nostra capacità di raggiungere la migliore qualità di vita possibile ora annullata dalle leggi di mercato, ma è soprattutto ricca dei conti correnti e delle case degli Italiani.
Il Popolo Italiano, popolo di lavoratori, dal dopoguerra si è contraddistinto per le sue capacità di risparmio; i frutti del lavoro dei nostri nonni e dei nostri padri, ed in parte anche nostri, comunemente sono finiti in case di proprietà familiare, libretti di conto postali, conti correnti bancari e titoli di Stato, il tutto sotto la tutela della Costituzione del ’48; ora non saprei se possiamo ancora vantare il maggior risparmio al mondo, ma in passato (sicuramente prima di entrare nella Unione Europea) eravamo i primi al mondo sia in termini di risparmio che di proprietà degli alloggi di residenza.
Gran parte (se non tutta) questa ricchezza è destinata a finire in mano delle grandi realtà finanziarie globali.
Dall’andamento dell’economia degli ultimi decenni e considerata la inarrestabile decelerazione degli ultimi anni, dalla piega che sta prendendo la subordinazione dei governi alle cosiddette istituzioni europee oligarchiche e conseguente progressivo arretramento della democrazia, fino all’esempio greco precursore di ciò che avverrà presto in tutta l’Europa del sud, tutto fa dedurre che gli spazi per la sovranità del Popolo Italiano e per la Democrazia previste addirittura dal primo articolo della nostra Carta, andranno sempre più assottigliandosi fino a scomparire determinando la nostra assoluta sottomissione al “volere dei mercati”.

In tutto ciò, nella più completa ignoranza delle vere ragioni di quella che loro sentono come crisi (ma che invece è il sistema), la maggioranza dei cittadini sceglie di stare dalla parte del proprio nemico in aderenza alla propaganda totalitaria dominante, che narra proprio di un presunto impoverimento della popolazione in caso di fuoriuscita dal “sistema liberista europeo”. Non vedono, non vogliono o non possono vedere, che il processo dell’impoverimento di massa è in atto e che pertanto toccherà pure loro – l’esempio offerto dalla faccenda dell’unione bancaria e dei salvataggi con i soldi dei risparmiatori, fa proprio al caso per dimostrare l’assoluta incostituzionalità delle norme europee e con essa la loro perniciosità per la vita stessa dei cittadini.

La più o meno voluta inconsapevolezza da parte dei nostri concittadini circa la propria condizione di sudditi, non gioca certamente a loro favore, ma quando ad una famiglia dove si vive di entrate abbastanza sicure in un alloggio di proprietà si dovesse chiedere di contestare il sistema, cosa ci possiamo aspettare di ottenere come risposta? (il tutto in considerazione della propaganda mediatica tambureggiante condotta ad arte per ingannarli).

E’ amaro doverlo constatare, ma purtroppo fintanto che ci saranno gli stipendi più o meno equi, le stra-meritate pensioni dei nonni, le case di famiglia ed i risparmi (in esaurimento) di vite di lavoro, quelli che li hanno non si presteranno mai al cambiamento, per paura di perdere tutto; ma questa paura sarà la ragione per la quale invece perderanno tutto, proprio tutto, a partire dalla loro dignità.

Ma i nostri concittadini, che nella loro maggioranza scambiano per crisi quello che invece è un sistema (è bene ripeterlo), non si rendono conto che un figlio laureato incapace di trovare un lavoro appropriato e dignitoso rappresenta per loro una voce passiva nel bilancio familiare? Non si rendono conto che il conto in banca perde costantemente valore in un sistema che ad ogni momento attinge tramite la tassazione o prelievi forzosi dalle loro piccole risorse? Non si rendono conto che la casa, magari costruita con i sacrifici di tutta la famiglia, sta perdendo inesorabilmente valore spesso per mancanza di risorse per mantenerla, ma soprattutto perché tassata in quanto “bene rifugio” degli italiani? Non si rendono conto che chiunque vada al governo continua la politica di quello precedente nonostante il perpetuo aggravarsi delle loro condizioni economiche? Non si rendono conto che quelli che una volta venivano ritenuti dei indiscutibili diritti conquistati anche duramente ora sono diventati degli odiosi privilegi da tagliare? Non si rendono conto, che ciò prima veniva garantito loro, ora diviene fatto oggetto di tariffazioni sempre più onerose? E quel che è più grave, non si rendono conto delle reiterate bugie di regime trasmesse a reti unificate puntualmente smentite dai fatti (da quanti anni ci sentiamo ripetere che quello successivo sarà caratterizzato dalla ripresa)?

Molti di loro, per il momento sono troppo occupati a denigrare il nostro malridotto Paese, ferito a morte nella loro totale indifferenza e non si rendono conto e, alle attuali condizioni, non lo faranno mai. Ce la faranno solamente quando, nonostante quanto propagandato dal sistema, avranno perso tutto o, nei migliori tra i casi, quando lo stanno perdendo.
Credo che solo allora la maggioranza degli italiani si solleverà al fianco di noi, sempre rimasti Popolo Italiano nonostante le voci autorazziste predominanti, e si faranno anch’essi Popolo rovesciando il sistema oligarchico costituito.

Non credo che l’anno che verrà sarà quello decisivo, ma spero vivamente che, quanto fino a qui da me previsto, prima o poi venga smentito dai fatti; non per effetto di una manovra tanto diversiva quanto subdola (speriamo mai criminale) posta in essere dalle forze oligarchiche liberiste dominanti, ma a totale e perenne merito di noi Italiani che avremo insieme riconquistato la nostra incedibile sovranità e la nostra sacrosanta democrazia.
Ma se tale augurabile smentita non dovesse palesarsi, allora saranno guai! Guai molto seri, per tutti noi, nessuno escluso. Succederà esattamente ciò che ho appena accennato qui sopra, gradatamente, categoria per categoria, in modo da non provocare la reazione di tutti contemporaneamente, verremo scippati di diritti e averi fino al punto di doverci ribellare per riprendere in mano la nostra vita, se non sarà troppo tardi.

Nella speranza di non dover ripetere quanto contenuto in questo appello esattamente tra un anno, sicuramente in una situazione più grave dell’attuale, il mio impegno per l’anno venturo, assieme a molti amici incontrati negli ultimi anni, sarà quello di formare una coscienza comune fra tutte le componenti della società italiana tenute divise da continue campagne in pieno stile “divide et impera”, con i miei modesti mezzi, con i miei limiti, ma con tutto me stesso, coerentemente, affinché si riapra il dialogo tra tutti gli Italiani e che il dialogo diventi solidarietà e (auto)determinazione.

A tutti il miglior 2016 possibile
Fonte simoneboemio

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Israele acquista la maggior parte del petrolio dell’ISIS - Israel buys most oil smuggled from ISIS territory - report

Fuel tankers from Iraq head in a long line across a desert road
Fuel tankers from Iraq head in a long line across a desert road
CONFLITTI IN MEDIO ORIENTE
di Alfredo Jalife-Rahme

Il portale israeliano Globes da voce all’informativa del giornale bitannico-quatarense “Al-Araby Al-Jadeed” circa il fatto che “Israele acquista la maggior parte del petrolio contrabbandato dal territorio sotto controllo degli jihadisti dello Stato Islamico”.
Globes sottolinea che i contrabbandieri turchi e curdi trasportano il petrolio dai territori controllati dagli jihadisti in Siria ed in Iraq e lo rivendono ad Israele secondo l’informativa dei media russi ed arabi.

Tuttavia si sbaglia nell’indicare il livello di produzione che colloca nel minimo insignificante dai 20.000 ai 40.000 barili diari , quando in realtà si producono 2 milioni di barili dal giorno, a tale livello che, se gli jihadisti fossero membri dell’OPEC, sarebbero il nono produttore, quasi al livello del Messico o del Venezuela.

Secondo Globes, il petrolio viene estratto a Dir A-Zur e in due giacimenti in Iraq e viene poi trasportato alla città curda di Zakhu, in un triangolo territoriale vicino alle frontiere di Siria, Iraq e Turchia.

Risulta che gli operatori di mercato (intermediari) di Israele e della Turchia arrivano alla città di Zakhu, dove si accordano sui prezzi, ed il petrolio viene contrabbandato alla città turca di Silop, marcato come di origine delle regioni Kurde dell’Iraq e venduto ad un prezzo tra 15 e 18 dollari al barile, sul mercato israeliano, da un uomo sui 50 anni, con doppia cittadinanza greco-israeliana, conosciuto come il dr. Farid, che fa trasportare il petrolio attraverso vari porti turchi e poi su altri porti, con Israele fra i suoi principali destinatari, essendo il più importante il porto di Ashdod (Israele).

Mentre il petrolio del tipo Brent e WTI era venduto rispettivamente a 45 e 41 dollari al barile, gli jihadisti lo rivendono a basso prezzo fino ad un terzo del suo valore. Un Dumping petroliero geopolitico terrorista?

Globes occulta che il petrolio contrabbandato viene anche acquistato dalle compagnie multinazionali anglossassoni Exxon, BP e Conoc, il cui obiettivo delinerato risiede nell’abbassare i prezzi per affondare le risorse della Russia.
La guerra degli jihadisti è multidimensionale e comprende anche il fatto di abbattere il prezzo dell'”oro nero”.

Di sicuro Globes ha svelato i legami di David Korenfeld Federman ed i suoi intermediari come un intimo amico del premier israeliano Netanyahu, mediante la “fetida legge di Korenfeld”, la cui sposa, Sandra Kershenobich, risulta essere una aviatrice senza elicottero: riscuote 5 mila dollari al mese dalla cancelleria di Tel Aviv per non fare nulla.

Il Financial Times aveva riportato che Israele otteneva il 75% del suo rifornimento di petrolio dal Kurdistan iracheno, quando più della terza parte di tali esportazioni passano per il porto turco di Ceyhan.

Più in là dei legami dietro le quinte, che sono operanti tra Israele e il Kurdistan iracheno, che anela ad una sua indipendenza, il Financial Times informa che il 77% della domanda di Israele, di 240 mila barili al giorno, proviene dal petrolio curdo, che molte volte si confonde con il contrabbando degli jihadisti nei sepolcri delle mafie multietniche e multi teologiche regionali.
L’esagerata durezza di Israele di fronte all’arrichimento dell’uranio da parte dell’Iran, mon ha alcuna equivalenza con il suo irrispetto delle leggi internazionali che tanto si attrezza a calpestare.

Il Financial Times espone che “il governo di Israele non commenta la fonte del suo rifornimento di energia, che considera materia di sicurezza nazionale”.
Secondo Al-Araby Al-Jadeed, “Israele si è trasformato in una certa forma nel principale acquirente del petrolio jihadista. Senza Israele, la maggior parte del petrolio prodotto dagli jihadisti sarebbe rimasto deambulando tra l’Iraq, la Siria e la Turchia. Più ancora,. le principali imprese non avrebbero ricevuto il petrolio se non ci fosse stato dall’inizio un acquirente in Israele.

Russia Insider” (agenzia) si è aggiunta al plotone di denuncia globale e commenta che “Israele è il principale acquirente del petrolio jihadista”.
Si azzarderà uno dei ” 62 paesi della coalizione anti ISIS “che viene diretta dagli USA, ad imporre sanzioni nello ” stile iraniano” ad Israele, per la sua ennesima violazione delle leggi internazionali e per il suo finanziamento indiretto del terrorismo jihadista mediante l’acquisto clandestino del petrolio di contrabbando?

Desta attenzione il fatto che la intensa indagine dell’acquisto clandestino del petrolio contrabbandato dagli jihadisti dell’ISIS, sia stata realizzata da Al-Araby Al-Jadeed, con sede a Londra, che ha iniziato le pubblicazioni del suo periodico in Settembre del 2014 e delle sue trasmissioni televisive nel Gennaio del 2015 con il finanziamento del Qatar, sotto la direzione del palestinese Azmi Beshara, nato a Nazareth e in precedenza membro del Knesset.

Quale è il nome del gioco? Chi sta ingannando chi?
La sua sintesi è demolitrice: “Il petrolio del gruppo islamico finanzia la sua sete sanguinaria (…) come arriva ad Israele”?
Al-Araby Al-Jadeed dimostra ampiamente ed in dettaglio la “rotta verso Israele” del contrabbando del petrolio dell’ISIS “trasferito ad Israele attraverso i porti turchi di Mersin, Dortyol e di Ceyhan”: un operativo transnazionale che viene appoggiato da “un funzionario di profilo molto alto dell’Occidente”. Chi sarà questo elemento dell’Olimpo occidentale? Apparterrà alla farisea coalizione anti ISIS dei 62 paesi diretta dagli Stati Uniti?

Domanda stupida: perchè il rotativo britannico-qatarì non cita le mega multinazionali petrolifere anglosassoni Exxon Mobil e BP che partecipano nella lucrativa suba asta del petrolio clandestino dell’ISIS?

Gli operatori di mercato del petrolio, la Petraco (britannica), Vitol (Svizzera Olanda) e laTrafigura (Olanda) sono stati indiziati come i principali gestori della vendita dell’illecito petrolio jihadista ad Israele. Questi operatori hanno un giro d’affari rispettivamente di 270 mila milioni di dollari, 127 mila 600 milioni di dollari nel 2014, Petraco (Isole del Canale) ha sede in un paradiso fiscale britannico.

La pirateria neoliberale anglosassone che ha sede nei paradisi fiscali anglosassoni rappresentano un gruppo di isole divise in due settori, Jersey e Guernsey, di 195 kilómetri quadradi e 150 mil abitanti – sesto luogo globale come PIL procapite , nel Canale della Manica si ostentano come dipendenze della Corona Britannica ma non fanno parte nè del Regno Unito nè dell’Unione Europea.
Pirateria finanziaria fiscale con incesto petroliero jihadista nel suo centro di gravità: Israele.

Israel has become the main buyer for oil from ISIS controlled territory, reports "al-Araby al-Jadeed."

Kurdish and Turkish smugglers are transporting oil from ISIS controlled territory in Syria and Iraq and selling it to Israel, according to several reports in the Arab and Russian media. An estimated 20,000-40,000 barrels of oil are produced daily in ISIS controlled territory generating $1-1.5 million daily profit for the terrorist organization.

The oil is extracted from Dir A-Zur in Syria and two fields in Iraq and transported to the Kurdish city of Zakhu in a triangle of land near the borders of Syria, Iraq and Turkey. Israeli and Turkish mediators come to the city and when prices are agreed, the oil is smuggled to the Turkish city of Silop marked as originating from Kurdish regions of Iraq and sold for $15-18 per barrel (WTI and Brent Crude currently sell for $41 and $45 per barrel) to the Israeli mediator, a man in his 50s with dual Greek-Israeli citizenship known as Dr. Farid. He transports the oil via several Turkish ports and then onto other ports, with Israel among the main destinations.

In August, the "Financial Times" reported that Israel obtained 75% of its oil supplies from Iraqi Kurdistan. More than a third of such exports go through the port of Ceyhan, which the FT describe as a “potential gateway for ISIS-smuggled crude".

“Israel has in one way or another become the main marketer of ISIS oil. Without them, most ISIS-produced oil would have remained going between Iraq, Syria and Turkey. Even the three companies would not receive the oil if they did not have a buyer in Israel,” an industry official told the newspaper "al-Araby al-Jadeed."

"Israel has in one way or another become the main marketer of IS oil. Without them, most ISIS-produced oil would have remained going between Iraq, Syria and Turkey," the industry official added.

Published by Globes [online], Israel business news - www.globes-online.com - on November 30, 2015

Gran Muftì saudita chiama ISIS "parte dell'esercito israeliano"


Bruce Riedel
28 Dicembre, 2015

Il chierico più anziano in Arabia Saudita ha chiesto una maggiore cooperazione islamica contro lo Stato islamico, ma anche di etichettare ISIS una "parte dell'esercito israeliano." L'intervista rivelatrice di questa settimana con il Gran Muftì dell'Arabia Saudita sceicco Abdulaziz Al Sheikh fornisce importante spaccato l'istituzione wahhabita, che è il partner principale della Casa di Saud.

Il Mufti ha elogiato la creazione di un'alleanza militare islamica per combattere il terrorismo, promettendo l'alleanza sconfiggerà lo Stato islamico, che ha etichettato come un movimento eretico e non islamico. La nuova alleanza è il frutto del Vice principe ereditario e ministro della Difesa il principe Muhammad bin Salman, figlio prediletto del re.

Il vecchio religioso di 72 anni è stato chiesto di commenti fatti da Abu Bakr al-Baghdadi, l'auto proclamato califfo dello Stato Islamico, che la nuova alleanza non è grave perché non è "uccidere ebrei e liberare la Palestina". Al-Baghadi chiamato la nuova alleanza saudita guidato una pedina degli Stati Uniti e Israele, promettendo che i "serbatoi dei mujahideen stanno muovendo più vicino al giorno Israele dopo giorno".
Sia le osservazioni del Mufti e di al-Baghdadi dimostrano che Israele rimane il pulsante caldo del problema nel territorio.
Al Sheikh ha respinto la minaccia di al-Baghdadi in Israele, definendolo ha aggiunto "semplicemente una menzogna.": "In realtà Da'esh [un altro termine per lo Stato Islamico] fa parte dei soldati israeliani," quindi afferma un rapporto presunto tra l'esercito israeliano e lo Stato islamico.

Lo sceicco è un discendente diretto del fondatore dell'Islam wahhabita Muhammad ibn Abd al Wahhab del 18° secolo. La famiglia Al-Sheikh è l'equivalente teologica della famiglia Saud.Abdulaziz è stato nominato Gran Mufti nel 1999 da re Fahd. Egli esercita enorme autorità. All'inizio di quest'anno, per esempio, ha assolto principe ereditario e ministro dell'Interno il principe Muhammad bin Nayef da ogni responsabilità per la fuga precipitosa Hajj che ha ucciso centinaia dicendo che era un atto di Dio.

Sia le osservazioni del Mufti e di al-Baghdadi dimostrano che Israele rimane il pulsante caldo del problema nel territorio. 
Se si vuole diffamare il tuo nemico, contrassegnare lui come un fantoccio di Israele.
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Bruce Riedel 
Senior Fellow, la politica estera, Center for Middle East Policy, Center for 21st Century Security and Intelligence

Bruce Riedel si è unito Brookings nel 2006 dopo 30 anni di servizio presso la Central Intelligence Agency compresi mobilità internazionale in Medio Oriente e in Europa. Riedel è stato un consulente senior per l'Asia del Sud e il Medio Oriente per gli ultimi quattro presidenti degli Stati Uniti nello staff del Consiglio di sicurezza nazionale alla Casa Bianca.


Fonte  brookings.edu
Traduzione Arturo Navone

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Bruce Riedel
December 28, 2015

The most senior cleric in Saudi Arabia has called for greater Islamic cooperation against the Islamic State, while also labeling ISIS a "part of the Israeli army." The revealing interview this week with Grand Mufti of Saudi Arabia Sheikh Abdulaziz Al Sheikh provides important insight into the Wahhabi establishment, which is the core partner of the House of Saud.

The Mufti praised the creation of an Islamic military alliance to fight terrorism, promising the alliance will defeat the Islamic State, which he labeled a heretical and un-Islamic movement. The new alliance is the brainchild of Deputy Crown Prince and Defense Minister Prince Muhammed bin Salman, the king’s favorite son.

The 72-year old cleric was asked about comments made by Abu Bakr al-Baghdadi, the self proclaimed caliph of the Islamic State, that the new alliance is not serious because it is not "killing Jews and liberating Palestine." Al-Baghadi called the new Saudi-led alliance a pawn of the United States and Israel, promising that the "tanks of the mujahideen are moving closer to Israel day after day."
Both the Mufti's remarks and al-Baghdadi's illustrate that Israel remains the hot button issue in the Kingdom.
Al Sheikh dismissed al-Baghdadi's threat to Israel, calling it "simply a lie.” He added: “Actually Da’esh [another term for the Islamic State] is part of the Israeli soldiers," therefore asserting a supposed relationship between the Israeli army and the Islamic State.

The Sheikh is a direct descendant of the 18th-century founder of Wahhabi Islam Muhammad Ibn Abd al Wahhab. The Al Sheikh family is the theological equivalent of the Saud family. Abdulaziz was appointed Grand Mufti in 1999 by King Fahd. He wields enormous authority. Earlier this year, for example, he absolved Crown Prince and Interior Minister Prince Muhammed bin Nayef of any responsibility for the Hajj stampede that killed hundreds by saying it was an act of God.

Both the Mufti's remarks and al-Baghdadi's illustrate that Israel remains the hot button issue in the Kingdom. If you want to smear your enemy, label him a stooge of Israel.
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Bruce Riedel
Director, The Intelligence Project
Senior Fellow, Foreign Policy, Center for Middle East Policy, Center for 21st Century Security and Intelligence

Bruce Riedel joined Brookings in 2006 after 30 years service at the Central Intelligence Agency including postings overseas in the Middle East and Europe. Riedel was a senior advisor on South Asia and the Middle East to the last four presidents of the United States in the staff of the National Security Council at the White House.