Descrizione

La storia ha due volti: quello ufficiale, mendace e quello segreto e imbarazzante, in cui però sono da ricercarsi le vere cause degli avvenimenti occorsi” - Honorè de Balzac -

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano !" - Isaac Newton -

Contra factum non valet argumentum”

martedì 18 febbraio 2020

Volevano portare via anche il Festival di Sanremo ...




Correva l'anno 1959, il Daily Mail, quotidiano londinese, associava l'Italia a un "miracolo economico", per quanto riguarda il 9° festival che andò in scena dal 29 al 31 gennaio 1959 sembra essere dentro una spy story, come ne "Il libro nero del Festival di Sanremo" recensito al termine dell'articolo.

Quando con il senno di poi ci si rende conto che ci hanno portato via tutto, sovranità territoriale, politica, giuridica, monetaria, lavoro, aziende, brand, asset nazionali, in presenza di una invasione migratoria etero diretta e anche politicamente e religiosamente pilotata dall'interno non ci si stupisce che ci abbiano provato anche con il festival della canzone, con le solite complicità nazionali. 

Lo svela decenni dopo l'ex questore di Genova Arrigo Molinari che fu nel 1967 il primo ad entrare nella stanza del cantautore Luigi Tenco dopo il suicidio, lo stesso fu poi ucciso mentre aveva in corso due procedimenti contro contro la Banca d'Italia e la Banca centrale europea per la cosiddetta truffa del “Signoraggio“.
Chi tocca il Signoraggio muore, Arrigo Molinari avvocato ed ex questore di Genova, aveva citato in giudizio Bankitalia e BCE per la truffa del Signoraggio !



Achille Cajafa
Il nono Festival di Sanremo si aprì con un evento drammatico. Quindici giorni prima dell’inizio della manifestazione, Achille Cajafa, direttore dell’ATA (Agenzia turistica alberghiera), società organizzatrice della manifestazione, muore in un incidente stradale insieme all’autista, erano di ritorno da Milano, dove andò per ricucire i rapporti tra Rai e Casinò. Raccontano le cronache che l’auto di Achille Cajafa, in una curva sulla Serravalle (l'autostrada A7, nota anche come Serravalle, è la principale e più diretta arteria stradale che collega Milano a Genova. NdR), andò fuori strada, precipitando in un burrone per venti metri. I preparativi del Festival, erano comunque giunti al termine e la manifestazione si svolse comunque normalmente sotto la direzione di Edoardo Fosco che prese il posto di Cajafa.

Jula De Palma
Per Jula De Palma (pseudonimo di Iolanda Maria Palma) il 1959 fu l'anno dello scandalo. Fu il "vero" primo caso a Sanremo dai contorni misteriosi, una “Spy Story”

La canzone "Tua" cantata in coppia con Tonina Torrielli, fece sobbalzare quanti ben pensanti seguivano in poltrona il Festival al solo scopo di cogliere l’occasione per fustigarlo, esternando il proprio disprezzo verso un mondo frivolo e diseducativo per le nuove generazioni. Proprio questo modo di dileggiare il Festival creò nel pubblico un maggiore interesse verso tutto ciò che veniva considerato irriverente e proibito.

Tua - Jula De Palma
Clamoroso, per l'epoca, lo scalpore suscitato dall'esibizione : la sua interpretazione di Tua, in abito attillato e particolarmente appassionata, infastidì alcuni alti funzionari della Rai che la giudicarono eccessivamente sensuale, troppo esplicita nell'allusione al rapporto fisico con l'uomo oggetto della canzone: l'indignazione fu cavalcata da alcune associazioni cattoliche e dalla stampa vaticana, tanto che la De Palma ricevette più di cinquemila lettere di improperi e venne persino aggredita per la strada. Malgrado l'accoglienza lusinghiera della giuria del Festival, che la classificò al quarto posto, e gli ottimi riscontri di vendite, il disco venne censurato e scattò il divieto di radiotrasmetterlo. La De Palma, comunque, prima di conoscere una discreta fortuna in Sudamerica, sarà nuovamente presente a Sanremo l'anno successivo e persino in quello successivo ancora senza alcun problema, segno che l'eco dello "scandalo", in capo a un anno, si era già spenta. Da notare inoltre che le polemiche non sfiorarono minimamente l'altra interprete della canzone, Tonina Torrielli.

Ci furono così interventi dall’alto per frenare quello che pareva uno spettacolo immondo sia per il testo assai “ardito” sia per l’interpretazione ritenuta esageratamente passionale di Jula De Palma.

Dissero che il testo del brano, era erotico e trasgressivo, soprattutto per come la cantante lo interpretava. Infatti, attraverso la sua voce calda e morbida, profuse una grande sensualità, aveva un bel viso e per la televisione ciò era già importante. La cantante diffondeva sensazioni che andavano oltre il testo stesso. Scrissero sui giornali, che Jula trasmetteva “sesso e possesso", ciò scaturì polemiche alla Rai, per aver ammesso in gara il brano.
Alcuni politici, attraverso canali non ufficiali, chiesero che la manifestazione venisse interrotta. Proprio a causa della canzone di Jula De Palma, negli uffici del Commissariato di  Ventimiglia    arrivò  l’ordine del Ministero dell'Interno di sospendere la gara e oscurare la Televisione, per garantire e tutelare la morale pubblica.

Il giovane commissario Arrigo Molinari, doveva intervenire nel senso ordinato dal Ministero dell'Interno ma disubbidì, dicendo che era giunto dall’alto un contrordine, salvando così di fatto il Festival del 1959.

La cantante, d’altronde, era già nell’occhio del ciclone per una sua presa di posizione a favore del divorzio. Apriti cielo !

Jula de Palma - Tua

La famosa canzone dello scandalo. Jula de Palma fù censurata dalla Rai al festival di Sanremo del 1959 non per il testo, ma per l'interpretazione troppo "sentita". Fù l'Osservatore romano e la Radio Vaticana a riabilitare la canzone. Anni dopo successe la stessa cosa con Fabrizio de Andrè... Cose italiane. Questa versione è di qualche anno dopo.

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COSI' 40 ANNI FA SALVAI SANREMO
6 gennaio 1997

Arrigo Molinari

GENOVA - "Nel 1959 salvai il festival di Sanremo". A rilasciare questa 'storica' dichiarazione, a distanza di quasi 40 anni, è il dott. Arrigo Molinari, ispettore generale capo di pubblica sicurezza per l'Italia settentrionale, all'epoca vicequestore vicario di Genova.

"Il festival, dopo il grande successo di 'Nel blu dipinto di blu' di Domenico Modugno, aveva ingelosito le località turistiche della Costa Azzurra e di Montecarlo. Tutta la diplomazia internazionale si era mossa, con riservatezza e con canali apparentemente non ufficiali, per bloccare la manifestazione canora".
Il dott. Molinari, che all' epoca era un giovane commissario di polizia, lo ha scritto in una lettera che ha inviato a Paolo Limiti, che su Rai Due da martedì alle 14 dedicherà ogni giorno mezz'ora della trasmissione 'Ci vediamo in Tv oggi, ieri... e domani' alla storia del festival di Sanremo dal '51 ad oggi.
"Il governo italiano - racconta Molinari - aveva dovuto obbedire, decidendo di interrompere la manifestazione, anche per le pressioni della Confindustria che aveva lamentato un calo di produttività nei tre giorni successivi al festival per assenteismo: questa era la versione ufficiale data dai nostri ambienti ministeriali interessati a reprimere il festival".
Molinari rincara la dose sostenendo che dal Ministero dell' Interno arrivò l'ordine alla questura di Imperia di sospendere il festival canoro e di oscurare la trasmissione televisiva per tutelare la morale pubblica.
"Il pretesto - prosegue Molinari - fu offerto dalla canzone 'Tua' interpretata con passionalità da Jula De Palma. Avevo ricevuto l'ordine perentorio di intervenire strappando il microfono alla cantante e sospendendo la 'scandalosa' esibizione e di conseguenza l'intero festival".
Alla fine, però, vinse il buon senso :
"Amavo Sanremo e presi la decisione più difficile accettando l'ingrato comito (se avessi detto no avrebbero affidato l' incarico ad un altro). La sera del festival, però, quando tutto era pronto per l' irruzione sul palco dopo che Jula De Palma aveva pronunciato 'La tua bocca nella mia'  bloccai gli agenti facendo credere che ci fosse stato un contrordine e tutto si svolse regolarmente".


Il libro nero del Festival di Sanremo
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di Romano Lupi, Riccardo Mandelli. 

La storia del Festival di Sanremo non è scritta soltanto dalla "grande evasione" di tv, sorrisi e canzoni. E tanto meno da quello che, davanti agli occhi di tutti, accade sul palcoscenico. Esiste, infatti, una storia segreta che attraversa tutto il dopoguerra italiano e le cui premesse nascono da una sorta di "progetto Sanremo" ideato alla fine dell'Ottocento : un "paradiso terrestre massonico" dove il gioco d'azzardo è il termine medio tra spionaggio internazionale e grandi giochi politici. Il Festival è l'ultima tappa di un percorso dove la manipolazione sociale assume i morbidi e insinuanti contorni della musica nazional-popolare. Il legame con il casinò è molto forte. Non è un caso che la più importante kermesse canora del nostro paese sia nata e si sia sviluppata in stretto collegamento con una delle quattro case da gioco italiane, tra i rapporti indicibili delle istituzioni con la criminalità organizzata, i servizi segreti e l'industria discografica. Gli scandali emersi nel corso degli anni presentano risvolti molto più inquietanti rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare. Dalle ambigue figure dei primi "patron" festivalieri come Pier Bussetti, Achille Cajafa ed Ezio Radaelli, con i loro tragici destini, alla misteriosa morte di Luigi Tenco; dal ruolo del 
Vaticano nell'industria del gioco e dell'intrattenimento ai Festival truccati; dalle tangenti di Adriano Aragozzini fino alle polemiche sulle amicizie in odore di mafia del direttore artistico Tony Renis. La storia d'Italia non è mai banale ed è sempre capace di stupire, anche quando "sono solo canzonette".

Il libro nero del Festival di Sanremo - Romano Lupi, Riccardo Mandelli

Chi tocca il Signoraggio muore, Arrigo Molinari avvocato ed ex questore di Genova, aveva citato in giudizio Bankitalia e BCE per la truffa del Signoraggio !


Una vecchia storia conosciuta ma dimenticata, questione assai strana che chi arriva ad avere a che fare con il signoraggio muoia, la lista è assai lunga, da Abramo Lincoln in avanti, o magari anche prima, quando Gesù Cristo rovesciò i tavoli dei cambiavalute e li cacciò con i mercanti dal tempio....

Personaggio interessante, racconta di avere anche salvato il festival di Sanremo nel 1959. Volevano portare via anche il Festival di Sanremo ... Chissà che fine hanno fatto i due ricorsi che fece contro la BCE e  Bankitalia 

Il signoraggio, la sovranità monetaria perduta, il mezzo per la schiavizzazione dell'umanità è l'origine di tutti i mali per questo non è da dimenticare. 



Aveva l’udienza il 5 ottobre 2005, ma viene ucciso a coltellate il 27 settembre !!!
Della serie: chi tocca il Signoraggio muore…

Signoraggio bancario : molte persone non sono neanche a conoscenza del problema, altre, poche, hanno provato ad opporsi senza, però, ottenere ciò che si erano prefissati, per una ragione o per un’altra.



Arrigo Molinari
Arrigo Molinari, nato ad Acri nel 1932, si laurea in Giurisprudenza nel 1953 a Napoli. Nello stesso anno vince il concorso di vicecommissario aggiunto di Polizia. Nel corso degli anni, presta servizio alla questura di Imperia, al commissariato di Sanremo e alla questura di Genova. Dirige pure diverse scuole di Polizia. Da avvocato, Molinari si dedica ad un fenomeno, nella provincia di Imperia, di anatocismo bancario, riuscendo a far indagare sei ex direttori di un istituto di credito. La sua battaglia più grande, però, inizia a ridosso dell’anno duemila e lo vede citare in giudizio Bankitalia per la truffa del Signoraggio. 

La settimana precedente all'omicidio, proprio da una sua denuncia, erano stati rinviati a giudizio 6 tra ex direttori e direttori di istituti bancari della Riviera di Ponente con l'accusa di usura.

Macrolibrarsi

Legale chiede i danni alla Banca d’Italia
4 settembre 2005

La Banca d'Italia è stata citata a giudizio per danni, presso il tribunale di Imperia, con provvedimento d'urgenza ex art. 700
«per non aver svolto un' adeguata forma di vigilanza sulla Banca di Roma, - sostiene nel ricorso l’ex questore e oggi avvocato Arrigo Molinari - in quanto sua socia, in un precedente procedimento giudiziario».
L'udienza di discussione del ricorso, presentato da Molinari, è stata fissata per il prossimo 5 ottobre. La vicenda ha avuto inizio da una causa per anatocismo, la richiesta di interessi sugli interessi, che l'avvocato Molinari aveva presentato nel 2000 contro l'istituto di credito romano, a difesa della defunta moglie Maria Teresa Pallavicino e del padre di lei. Molinari aveva chiesto un risarcimento, non ancora quantificato, contro la capitalizzazione trimestrale degli interessi dal 1934 a fine anni novanta.

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«La mia ultima battaglia contro l’euro»
28 settembre 2005

La settimana scorsa «il Giornale» aveva intervistato Arrigo Molinari, in occasione dell'udienza presso il tribunale civile su due ricorsi da lui presentati contro Banca d'Italia e Banca centrale europea. Ecco la testimonianza che stava per essere pubblicata 

Dica la verità, avvocato Molinari: anche lei ce l'ha con Fazio. Infierisce.

«Neanche per sogno. Io ce l'ho con la Banca d'Italia e con i suoi soci voraci banchieri privati».
Cos'hanno fatto di così terribile ?
«Hanno divorato l'istituto centrale di Palazzo Koch, rendendolo non più arbitro e non più ente di diritto pubblico. Con un'anomalia tutta italiana».
Ai danni dei risparmiatori.
«...che adesso devono sapere esattamente come stanno le cose».
Ci aiuti a capire.
«Sta tutto scritto nei miei due ricorsi, riuniti ex articolo 700 del codice di procedura civile, contro la Banca d'Italia e la Banca centrale europea per la cosiddetta truffa del “Signoraggio“, consentita alle stesse fin dal 1992».
Ricordiamo chi era, allora, il ministro del Tesoro.
«Era un ministro sottile che ha permesso agli istituti di credito privati di impadronirsi del loro arbitro Bankitalia, e quindi di battere moneta e di prestarla allo Stato stesso con tasso di sconto a favore delle banche private».
Il “Signoraggio“ è questo ?
«Il reddito da “Signoraggio“ a soggetti privati si fonda su una norma statutaria privata di una società di capitali, e quindi su un atto inidoneo e inefficace per la generalità, per cui i magistrati aditi dei tribunali di Genova, Savona e Imperia non troveranno alcun ostacolo derivante da un atto di legge. L'inesistenza di una disciplina normativa consente di accogliere i tre ricorsi senza problema di gerarchia di fonti».
Le conseguenze del “Signoraggio“ ?
«Rovinose per i cittadini, che si sono sempre fidati delle banche e di chi le doveva controllare».
Tutta colpa delle banche ?
«Sarò più chiaro, la materia è complessa. Dunque: le banche centrali e quindi la Banca d'Italia, venuta meno la convertibilità in oro e la riserva aurea, non sono più proprietarie della moneta che emettono e su cui illecitamente e senza una normativa che glielo consente percepiscono interessi grazie al tasso di sconto, prestandolo al Tesoro».
Non si comportano bene...
«Per niente ! Ora i cittadini risparmiatori sono costretti a far ricorso al tribunale per farsi restituire urgentemente il reddito da “Signoraggio“ alla collettività, a seguito dell'esproprio da parte delle banche private italiane che, con un colpo di mano, grazie a un sottile ministro che ha molte e gravi responsabilità, si sono impadronite della Banca d'Italia battendo poi moneta e togliendo la sovranità monetaria allo Stato che, inerte, dal 1992 a oggi ha consentito questa assurdità».
Un bel problema, non c'è che dire.
«Infatti. Ma voglio essere ancora più chiaro. L'emissione della moneta, attraverso il prestito, poteva ritenersi legittima quando la moneta era concepita come titolo di credito rappresentativo della Riserva e per ciò stesso convertibile in oro, a richiesta del portatore della banconota».
Poi, invece...
«Poi, cioè una volta abolita la convertibilità e la stessa Riserva anche nelle transazioni delle Banche centrali avvenuta con la fine degli accordi di Bretton Woods del 15 agosto 1971, la Banca di emissione cessa di essere proprietaria della moneta in quanto titolare della Riserva aurea».
Lei sostiene che Bankitalia si prende diritti che non può avere.
«Appunto. Prima Bankitalia, nella sua qualità di società commerciale, fino all'introduzione dell'euro in via esclusiva e successivamente a tale evento, quale promanazione nazionale della Banca centrale europea, si arroga arbitrariamente e illegalmente il diritto di percepire il reddito monetario derivante dalla differenza tra il valore nominale della moneta in circolazione, detratti i costi di produzione, in luogo dello Stato e dei cittadini italiani».
Un assurdo tutto italiano, secondo lei.
«Certamente. Sembra un assurdo, ma purtroppo è una realtà. L'euro, però, è dei cittadini italiani ed europei, e non, come sta avvenendo in Italia, della banca centrale e dei suoi soci banchieri privati».
Quasi tutto chiaro. Ma che si fa adesso?
«Farà tutto il tribunale. Dovrà chiarire se esiste una norma nazionale e/o comunitaria che consente alla Banca centrale europea, di cui le singole banche nazionali dei Paesi membri sono divenute articolazioni, di emettere denaro prestandolo e/o addebitandolo alla collettività. L'emissione va distinta dal prestito di denaro: la prima ha finalità di conio, il secondo presuppone la qualità di proprietario del bene, oggetto del prestito».
Lei, professore, ha fiducia?
«Certo. La magistratura dovrà dire basta!».

«Il sistema delle banche tradisce i risparmiatori»

28 settembre 2005

Ne aveva fatto una battaglia di principio e di sostanza: per Arrigo Molinari, nella veste di avvocato patrocinatore delle cause dei cittadini deboli contro i poteri forti, quella contro la Banca d’Italia e il suo governatore Antonio Fazio era diventata una sorta di sfida da vincere a tutti costi. E l’occasione giusta – come gli piaceva dire – era capitata di recente: per la causa intentata
«nell’interesse degli eredi di Pallavicino Maria Teresa e Pallavicino Carlo che hanno numerosi contenziosi civili incardinati nei tribunali di Genova, Savona e Imperia, relativi a rapporti di conto corrente e di mutuo fondiario con numerosi istituti bancari».
Ci si era dedicato con lo stesso entusiasmo che aveva messo in tanti anni di carriera in polizia. Tanto più che, diceva spesso,
«i risparmiatori sono stati traditi, e bisogna che si prendano la loro rivincita».
Le sue argomentazioni parevano ineccepibili, magari un po’ ardue da decifrare, ma, di questi tempi, sparare sulle istituzioni creditizie private e pubbliche, nazionali ed europee, poteva incontrare solo consensi. Nel mirino, però, più di tutti, la Banca d’Italia,
«un elefante con 8 mila addetti che godono di stipendi da 75mila euro all’anno e il cui capo è di fatto completamente inamovibile. Il vero scandalo è una schiera di dipendenti annidati in un vero e proprio carrozzone».
Molinari aveva affondato il coltello nella piaga, facendo ricorso contro l’istituto centrale e le sue sedi decentrate di Genova, Savona e Imperia, ma accomunando nell’istanza anche la Banca centrale europea. Sosteneva infatti che Palazzo Koch
«aveva privato i ricorrenti della tutela amministrativa prevista dalla normativa vigente in materia di vigilanza sugli istituti di credito, stante il conflitto di interesse che si è venuto a creare tra la Banca d’Italia stessa e gli istituti di credito soci della Banca d’Italia».
In particolare, sottolineava Molinari,
«il dibattito che è scaturito sulla cosiddetta vicenda Fazio non è tanto sulla regolamentazione dei poteri e sulla durata in carica del governatore, quanto una meritoria presa di posizione dello Stato italiano di riappropriarsi di risorse, il cosiddetto reddito di “Signoraggio“, nella quale era stato, seppure in parte, espropriato in favore di soggetti privati. Invero e singolare se non addirittura assolutamente inaccettabile che l’istituto di emissione in uno Stato sovrano sia in primis una società per azioni commerciale, nonché partecipata per la maggioranza assoluta da soggetti privati che nulla hanno a che vedere con le ragioni pubbliche che dovrebbero presidiare ogni determinazione relativa alla Banca centrale».
Ed è questo soprattutto che a Molinari, ormai compreso perfettamente nella parte di paladino dei diritti dei risparmiatori, non andava proprio giù.
«Le banche – insisteva l’ex vicequestore di Genova – sono diventate padrone dell’arbitro».
Seguivano, nel ricorso, espressioni particolarmente pesanti nei confronti del sistema, definito senza mezzi termini «mafioso». E una vera e propria «cosca mafiosa», con tanto di «sicari» e base a Montecarlo, aveva in qualche modo minacciato «i danti causa dei ricorrenti». Per questo si chiedevano
«provvedimenti urgenti in merito alla proprietà della moneta per conseguire il risarcimento del danno da parte della collettività derivante dall’illecita attribuzione del reddito da “Signoraggio“ in favore di soggetti che ab origine e per loro natura non hanno titolo a percepire alcun provento dalla circolazione monetaria».
Nel portare avanti la sua battaglia anti-Fazio, Molinari si era rivolto anche al Giornale, telefonava in redazione quasi quotidianamente, dichiarando di condividere in pieno le argomentazioni sull’argomento pubblicate nelle nostre pagine.
«Bravi. Dobbiamo fare azione comune – insisteva – per far cessare l’ingiustizia».
E la fiducia nella causa non gli era mai venuta meno :
«La Banca d’Italia, nata per essere pubblica, è in mano alle stesse banche che la Banca d’Italia stessa dovrebbe controllare. Il conflitto di interesse è grave. Una mia cliente – spiegava in dettaglio -, vessata e usurata da un gruppo bancario di primaria importanza, radicato in Liguria, con la quale è stata in rapporto con 18 rapporti di conto corrente e con 9 mutui ipotecari, non era affatto tutelata in quanto il gruppo bancario controlla la Banca d’Italia, essendo socia della stessa al 3,96 per cento».
La conclusione era drastica :
«Il sistema va riformato. A cominciare dai poteri del governatore».

Ucciso in casa l’ex questore di Genova

28 settembre 2005

Nel 1967 lavorava a Sanremo. Fu il primo a entrare nella camera del cantautore. Fu per più di 30 anni uno dei capi operativi di Gladio

Andora (Savona). L’ha trovato morto il figlio Carlo, ieri mattina alle 9, nella camera da letto dell’elegante appartamento del complesso turistico Hotel Residence di Andora, nel Savonese : Arrigo Molinari, 73 anni, ex questore, che dopo la pensione aveva ripreso la professione di avvocato, era riverso sul pavimento in un lago di sangue. Sul cadavere, due profonde ferite, al collo e all’addome, entrambe molto probabilmente mortali. Come se l’assassino avesse voluto infierire su quell’uomo anziano, ma ancora prestante. Oscure, in un primo tempo, le cause del delitto e ignoti l’autore o gli autori: si è pensato a ladri scoperti sul fatto, che avrebbero reagito alla difesa dell’ex dirigente di polizia.

La stessa figura dell’ucciso - che nel corso della carriera si era occupato di numerose inchieste delicate, era stato iscritto alla P2, stava conducendo varie cause contro banche e banchieri - poteva portare a esplorare diverse piste. Poi, le indagini hanno imboccato una strada più precisa. E nel pomeriggio è stato interrogato per ore quello che è parso subito un indiziato non secondario: si tratta di Luigi Verri, aiuto cuoco di Toirano. Trasferito nella caserma dei carabinieri di Alassio, Verri, assistito dall’avvocato Fabrizio Vincenzi, si è autodenunciato per furto. L’avrebbe fatto per scagionarsi dall'accusa di omicidio.

L'uomo, che è ferito a una mano, ha ammesso di essersi recato a casa dell'ex questore la notte scorsa, tra le 23.30 e mezzanotte, per derubarlo. Ma una volta entrato avrebbe trovato Molinari già morto sul pavimento della camera da letto «e nell'appartamento c'era la televisione accesa». Preso dal panico, si sarebbe subito dopo allontanato lasciando una serie di tracce di sangue perché nel rompere il vetro della porta-finestra per entrare nell' abitazione si era ferito a una mano. Secondo quanto riferito dal legale, Verri si è reso conto in giornata di poter essere sospettato d’omicidio, e allora, dopo un incontro con l’avvocato Vincenzi, ha deciso di costituirsi. In serata l’uomo è stato fermato. «Riteniamo che il movente del delitto sia la rapina» confermano gli inquirenti. È questa è anche l'ipotesi per cui propende il procuratore capo di Savona Vincenzo Scolastico, che si sta occupando delle indagini. Un’ipotesi confermata anche dal figlio della vittima : 
«Credo sia stato un tentativo di rapina. Non penso che l'omicidio sia riconducibile alla sua attività. Negli ultimi 15 giorni mio padre aveva subito due furti. Ero stato io a rivolgermi ai carabinieri di Andora per la denuncia. In questi due episodi erano stati portati via denaro contante e alcuni assegni».
Proprio a seguito di questi furti, Carlo Molinari aveva deciso di dormire nel complesso turistico e anche l'altra sera, dopo aver salutato il padre intorno alle 22.30, era salito al secondo piano dove ha trascorso la notte.



Lo Stato si INDEBITA con soldi che lui stesso crea .. Le banche creano denaro dal nulla ..Prof. Zibordi

La truffa del Sistema Monetario e Bancario