In questo blog si vuole commentare ed analizzare l'attualità e la storia ma sopratutto scoprire ed evidenziare le ipocrisie, le falsità ed i soprusi di questo mondo appunto ormai impossibile da vivere
Descrizione
“La storia ha due volti: quello ufficiale, mendace e quello segreto e imbarazzante, in cui però sono da ricercarsi le vere cause degli avvenimenti occorsi”- Honorè de Balzac -
"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano !" - Isaac Newton -
Bellissimo, qualcuno ha perso del tempo per descrivere il tragicomico muro di gomma .... il radical chic ☺
Incredibile descrizione, ci stà la laurea in filosofia. Trovo divertente incontrare qualcuno forse “peggio” di me abituato ad essere circondato da omologati … Forse manca o potrebbe essere superfluo il fatto che ovviamente per il radical chic i totalitaristi sono gli altri perchè non la pensano come loro ed hanno l’ardire di aprir bocca… ☺
Com’è la vostra epidermide? Mediamente sana? Soffrite di allergie o malattie autoimmuni? E lo stomaco? Reflusso, nausee? No? Ok, fate comunque attenzione, partiamo con l’esplorazione dell’ordachic.
Prendete un radical chic, con delicatezza che si rompe, e chiedetegli qual è il suo orientamento politico. Vi dirà di essere un democratico di sinistra, pacifista e libertario; la moderazione è la sua cifra esistenziale.
Non credetegli.
I radical chic sono il peggior esempio di totalitarismo che possiate incontrare, i peggiori proprio per l’abile camuffamento che hanno escogitato, quello da uomini di pensiero – smidollati e passivi.
Il radical chic ha di solito una cultura medio-alta ma molto specializzata. Nonostante lui rifiuti a priori ogni forma di nozionismo ha però la tendenza ad acculturarsi solo in alcune direzioni e seguendo percorsi già ampiamente codificati e prestabiliti. Afferma di avere una concezione della cultura come di un mezzo per ampliare le proprie vedute e approfondire la propria comprensione della complessità del mondo ma poi, all’atto pratico, su questa complessità i radical chic raggiungono tutti sempre le stesse identiche conclusioni, inevitabilmente.
Il radical chic afferma programmaticamente di essere molto tollerante e guarda con disprezzo chi fa esplicitamente uso della forza, sia essa fisica o verbale. Il radical chic è contro ogni forma di violenza e ama l’idea dell’amore, ricerca l’armonia e afferma che la tolleranza, figlia della pace interiore, sia il mezzo principe per il raggiungimento di un equilibrio sociale, politico, comunicativo. Il radical chic riesce perfettamente a praticare questa tolleranza e a vivere in un discreto equilibrio, a patto però che si circondi esclusivamente di persone a lui identiche, che hanno gli stessi identici gusti, modi di pensare e di essere, e quasi sempre lo stesso culo molto al caldo.
Ma lasciamo da parte le affermazioni del radical chic e analizziamo invece la realtà dei fatti.
Scegliere di circondarsi di propri cloni, confrontarsi solo con persone che la pensano nel proprio identico modo, è né più né meno il modo di vivere dell’orda. All’interno dell’orda gli unici confronti avvengono su bisogni pratici e per questioni di potere. Ci si scontra per stabilire chi è il più forte, chi mangia per primo, chi si accoppia con più femmine. Per il resto l’orda è un corpo unico, che ragiona all’unisono e si muove nella stessa maniera, al fine di potersi opporre con maggiore forza alle altre orde, agli evangelisti e agli ungulati.
Nell’orda radical chic si vive nello stesso modo. Sebbene il livello dello scontro, in ambito sociale, si suppone slitti sul piano razionale/politico, nell’orda radical non c’è nessun confronto intellettuale se non apparente. Sulla maggior parte delle questioni sono un corpo unico, che pensa e si muove all’unisono, al fine di potersi opporre con maggiore forza alle altre orde, alla Peroni e alle risse da bar.
A causa di perversi, ma elementari, meccanismi psicologici risalenti con tutta probabilità ai primi momenti dell’infanzia, in cui per la prima volta il radical chic e soprattutto suo padre hanno percepito l’inettitudine e la spietata mediocrità della creaturina, nell’orda chic non si punta a una semplice dimostrazione di forza bruta bensì si ricerca, in primis, il prestigio (piccolo approfondimento: la figura fantasmatica del Prestigio, per motivi misteriosi, secondo il radical chic ha la residenza in Francia, per cui il primo comandamento del radical è praticare a livelli religiosi la francofilia: nel cinema, nella letteratura, nella musica, nell’abbigliamento, nelle mete turistiche, nelle prede sessuali che solitamente sono ragazze minute con le calze a righe e il basco. Tutti ricordano il boom di depressione radical chic in seguito alla tragedia di Berlino del 9 luglio 2006. C’è tuttavia una seconda ma parallela scuola di pensiero che invece individua il Prestigio a Nuova York, anche se secondo molti è vissuto lì solo fino alla fine degli anni ’70).
Questa ricerca del prestigio da parte dei membri dell’orda chic non crea una competizione interna fra di loro, tutt’altro, funge da reciproco rinforzo psicologico, perché maggiore è il prestigio raggiunto dai membri dell’orda maggiore sarà il prestigio totale dell’orda, che ricadrà a pioggia sui membri stessi. Chi invece paga molto duramente questo incessante lavoro di ricerca è il mondo esterno, i non appartenenti all’orda. Costoro vengono infatti travolti da valanghe di disprezzo, acrimonia, pessime recensioni e fotografie peggiori, vengono ritenuti subumani e trattati alternativamente come minorati o come nemici.
Ora, è proprio qui che appare lampante la bieca menzogna che sta alla base del processo di “acculturamento” del radical chic. Perché se questo acculturamento venisse realmente perseguito al fine di ampliare i propri orizzonti, potenziare il proprio senso critico, approcciarsi con strumenti complessi alla complessa complessità del mondo, non vediamo da dove possano scaturire l’odio, la furia, il livore che il radical chic prova nei confronti del plebeo. Ovviamente quest’odio, questa furia, non sono chiaramente visibili, proprio per la scelta aprioristica del radical chic di abdicare a ogni forma di violenza e uso della forza. Sono semplicemente sublimati in saccenza, arroganza, disprezzo, elitarismo, foulard, caffè parigino, Avion Travel.
Questi sentimenti negativi, annichilenti, devono necessariamente scaturire da qualcos’altro.
Sono a parer mio le reazioni tipiche di chi si sente profondamente minacciato, fin nelle proprie fondamenta, da un’aggressione esterna.
Un’aggressione esterna tale da provocare reazioni abnormi e violente in persone mentalmente sane può prendere la forma di un animale feroce, uno stupratore, uno stupratore cannibale assassino.
Per la mente fallata e semplice di un radical chic tutto ciò che non è stato precedentemente codificato come “prodotto culturale che puoi sicuramente trovare in un evento organizzato dal PD” rappresenta una minaccia.
Il radical chic contemporaneo, d’altra parte, si è abbastanza evoluto da riuscire a gestire piuttosto facilmente la fruizione di prodotti triviali quali ad esempio la commedia sexy all’italiana, perché si è specializzato nel razionalizzare, catalogare, imbrigliare in uno schema culturale qualsiasi cosa gli venga messa davanti (e anche perché amare a prescindere i prodotti di serie B è scritto nel vangelo secondo Tarantino). Non è in grado di ridere in maniera spontanea e immediata per una scoreggia con sgommata. Ma se questa scoreggia con sgommata viene interpretata come estetizzazione anarcoide della pulsione asociale del bambino che è in noi, tesi elaborata e sistematizzata dalla scuola psicanalitica Veltroniana, il radical chic si viene nelle mutande. Infatti, ci sono alcuni radical ben camuffati che si professano fan del cinema “trash”. Si badi bene però, di questo cinema , appunto, “basso”… (a proposito di questa confusione e ambivalenza dei radical nei confronti di ciò che a loro piace o non piace, c’è da dire che molta confusione ha ingenerato nella loro mente limitata la lettura OBBLIGATORIA de “La nausea” di Sartre, che molti hanno frainteso pensando che la sensazione di voltastomaco si accompagni alla crescita del Prestigio. Infatti è molto comune osservare radical chic dal viso contratto e pallido, che si costringono a partecipare ad apericena jazz che provocano in loro – giustamente – brividi gelati lungo la schiena, sintomi che classificano come positivi).
Purtroppo questa strategia di sopravvivenza richiede molto sforzo.
Razionalizzare ogni evento alla lunga stanca.
Il radical allora, se potesse, abolirebbe seduta stante tutto ciò che si discosta anche di pochi millimetri dal bagaglio preconfezionato di nozioni cinematografiche, letterarie e artistiche di cui ha riempito la propria traballante personalità.
Il radical reputa abominevole ciò che mette in discussione i propri gusti e i propri orientamenti politici. Non tollera che il plebeo esprima una qualsiasi opinione, che abbia dei suoi propri gusti. Reagisce come il tecnico da bar quando l’uomo col cappello afferma di essere il calzolaio di Savoldi. Semplicemente perché il radical è i propri gusti e i propri orientamenti politici. Non c’è nient’altro. Una nuvola di fumo. Un fantoccio di stuzzicadenti tenuto con lo sputo. Uno sputo francese, ovviamente.
Il radical trova facile essere tollerante perché non si è mai realmente confrontato su nulla con nessuno.
Il radical vive nell’odio represso e nel disprezzo di chiunque non sia come lui.
Si chiama totalitarismo.
About the Author
Mi chiamo Valentina Chianese e ho, momentaneamente, 32 anni. Vivo in Molise, dove sono cresciuta, ma ho origini campane. Mi sono laureata in filosofia, con grandi aspettative e risultati fiacchi, e a tempo perso in scienze politiche, con nessun impegno e risultati migliori. Adoro il cinema, la filosofia, la campagna, i gatti (non necessariamente i miei), mangiare e bere ma non è che la musica mi fa schifo. Sono relativista su valori che si approssimano al 100% e sono affamata di complottismo, mi viene spontaneo prendere tutto poco sul serio, comprese la vita e la morte, ma posso diventare feroce quando si tratta dell’AS Roma, che ritengo rappresenti l’ultimo sacro baluardo umano senza il quale dovremmo per dignità estinguerci e lasciare il mondo, appunto, ai felini. Sergio Leone, Nietzsche, Castoriadis, Freud e gli Slayer sono le mie icone di riferimento e spero lo diventino un giorno anche per voi. O anche no.
Qualcuno aveva già rappresentato il fenomeno da un altro punto di vista ..
Il Conformista - Giorgio Gaber
Io sono un uomo nuovo talmente nuovo che è da tempo che non sono neanche più fascista sono sensibile e altruista orientalista ed in passato sono stato un po' sessantottista.
Da un po’ di tempo ambientalista qualche anno fa nell'euforia mi son sentito come un po' tutti socialista.
Io sono un uomo nuovo per carità lo dico in senso letterale sono progressista al tempo stesso liberista antirazzista e sono molto buono sono animalista.
Non sono più assistenzialista ultimamente sono un po' controcorrente son federalista.
Il conformista è uno che di solito sta sempre dalla parte giusta il conformista ha tutte le risposte belle chiare dentro la sua testa è un concentrato di opinioni che tiene sotto il braccio due o tre quotidiani.
E quando ha voglia di pensare pensa per sentito dire forse da buon opportunista si adegua senza farci caso e vive nel suo paradiso.
Il conformista è un uomo a tutto tondo che si muove senza consistenza il conformista s'allena a scivolare dentro il mare della maggioranza è un animale assai comune che vive di parole da conversazione.
Di notte sogna e vengon fuori i sogni di altri sognatori il giorno esplode la sua festa che è stare in pace con il mondo e farsi largo galleggiando il conformista il conformista.
Io sono un uomo nuovo e con le donne c'ho un rapporto straordinario sono femminista son disponibile e ottimista europeista.
Non alzo mai la voce sono pacifista ero marxista-leninista e dopo un po' non so perché mi son trovato cattocomunista.
Il conformista non ha capito bene che rimbalza meglio di un pallone il conformista areostato evoluto che è gonfiato dall'informazione è il risultato di una specie che vola sempre a bassa quota in superficie.
Poi sfiora il mondo con un dito e si sente realizzato vive e questo già gli basta e devo dire che oramai somiglia molto a tutti noi il conformista il conformista.
Io sono un uomo nuovo talmente nuovo che si vede a prima vista sono il nuovo conformista.
Prendete un radical chic, con delicatezza che si rompe, e chiedetegli qual è il suo orientamento politico. Vi dirà di essere un democratico di sinistra, pacifista e libertario; la moderazione è la sua cifra esistenziale.
Non credetegli.
I radical chic sono il peggior esempio di totalitarismo che possiate incontrare, i peggiori proprio per l’abile camuffamento che hanno escogitato, quello da uomini di pensiero – smidollati e passivi.
Il radical chic ha di solito una cultura medio-alta ma molto specializzata. Nonostante lui rifiuti a priori ogni forma di nozionismo ha però la tendenza ad acculturarsi solo in alcune direzioni e seguendo percorsi già ampiamente codificati e prestabiliti. Afferma di avere una concezione della cultura come di un mezzo per ampliare le proprie vedute e approfondire la propria comprensione della complessità del mondo ma poi, all’atto pratico, su questa complessità i radical chic raggiungono tutti sempre le stesse identiche conclusioni, inevitabilmente.
Il radical chic afferma programmaticamente di essere molto tollerante e guarda con disprezzo chi fa esplicitamente uso della forza, sia essa fisica o verbale. Il radical chic è contro ogni forma di violenza e ama l’idea dell’amore, ricerca l’armonia e afferma che la tolleranza, figlia della pace interiore, sia il mezzo principe per il raggiungimento di un equilibrio sociale, politico, comunicativo. Il radical chic riesce perfettamente a praticare questa tolleranza e a vivere in un discreto equilibrio, a patto però che si circondi esclusivamente di persone a lui identiche, che hanno gli stessi identici gusti, modi di pensare e di essere, e quasi sempre lo stesso culo molto al caldo.
Ma lasciamo da parte le affermazioni del radical chic e analizziamo invece la realtà dei fatti.
Scegliere di circondarsi di propri cloni, confrontarsi solo con persone che la pensano nel proprio identico modo, è né più né meno il modo di vivere dell’orda. All’interno dell’orda gli unici confronti avvengono su bisogni pratici e per questioni di potere. Ci si scontra per stabilire chi è il più forte, chi mangia per primo, chi si accoppia con più femmine. Per il resto l’orda è un corpo unico, che ragiona all’unisono e si muove nella stessa maniera, al fine di potersi opporre con maggiore forza alle altre orde, agli evangelisti e agli ungulati.
Nell’orda radical chic si vive nello stesso modo. Sebbene il livello dello scontro, in ambito sociale, si suppone slitti sul piano razionale/politico, nell’orda radical non c’è nessun confronto intellettuale se non apparente. Sulla maggior parte delle questioni sono un corpo unico, che pensa e si muove all’unisono, al fine di potersi opporre con maggiore forza alle altre orde, alla Peroni e alle risse da bar.
A causa di perversi, ma elementari, meccanismi psicologici risalenti con tutta probabilità ai primi momenti dell’infanzia, in cui per la prima volta il radical chic e soprattutto suo padre hanno percepito l’inettitudine e la spietata mediocrità della creaturina, nell’orda chic non si punta a una semplice dimostrazione di forza bruta bensì si ricerca, in primis, il prestigio (piccolo approfondimento: la figura fantasmatica del Prestigio, per motivi misteriosi, secondo il radical chic ha la residenza in Francia, per cui il primo comandamento del radical è praticare a livelli religiosi la francofilia: nel cinema, nella letteratura, nella musica, nell’abbigliamento, nelle mete turistiche, nelle prede sessuali che solitamente sono ragazze minute con le calze a righe e il basco. Tutti ricordano il boom di depressione radical chic in seguito alla tragedia di Berlino del 9 luglio 2006. C’è tuttavia una seconda ma parallela scuola di pensiero che invece individua il Prestigio a Nuova York, anche se secondo molti è vissuto lì solo fino alla fine degli anni ’70).
Questa ricerca del prestigio da parte dei membri dell’orda chic non crea una competizione interna fra di loro, tutt’altro, funge da reciproco rinforzo psicologico, perché maggiore è il prestigio raggiunto dai membri dell’orda maggiore sarà il prestigio totale dell’orda, che ricadrà a pioggia sui membri stessi. Chi invece paga molto duramente questo incessante lavoro di ricerca è il mondo esterno, i non appartenenti all’orda. Costoro vengono infatti travolti da valanghe di disprezzo, acrimonia, pessime recensioni e fotografie peggiori, vengono ritenuti subumani e trattati alternativamente come minorati o come nemici.
Questi sentimenti negativi, annichilenti, devono necessariamente scaturire da qualcos’altro.
Sono a parer mio le reazioni tipiche di chi si sente profondamente minacciato, fin nelle proprie fondamenta, da un’aggressione esterna.
Un’aggressione esterna tale da provocare reazioni abnormi e violente in persone mentalmente sane può prendere la forma di un animale feroce, uno stupratore, uno stupratore cannibale assassino.
Per la mente fallata e semplice di un radical chic tutto ciò che non è stato precedentemente codificato come “prodotto culturale che puoi sicuramente trovare in un evento organizzato dal PD” rappresenta una minaccia.
Il radical chic contemporaneo, d’altra parte, si è abbastanza evoluto da riuscire a gestire piuttosto facilmente la fruizione di prodotti triviali quali ad esempio la commedia sexy all’italiana, perché si è specializzato nel razionalizzare, catalogare, imbrigliare in uno schema culturale qualsiasi cosa gli venga messa davanti (e anche perché amare a prescindere i prodotti di serie B è scritto nel vangelo secondo Tarantino). Non è in grado di ridere in maniera spontanea e immediata per una scoreggia con sgommata. Ma se questa scoreggia con sgommata viene interpretata come estetizzazione anarcoide della pulsione asociale del bambino che è in noi, tesi elaborata e sistematizzata dalla scuola psicanalitica Veltroniana, il radical chic si viene nelle mutande. Infatti, ci sono alcuni radical ben camuffati che si professano fan del cinema “trash”. Si badi bene però, di questo cinema , appunto, “basso”… (a proposito di questa confusione e ambivalenza dei radical nei confronti di ciò che a loro piace o non piace, c’è da dire che molta confusione ha ingenerato nella loro mente limitata la lettura OBBLIGATORIA de “La nausea” di Sartre, che molti hanno frainteso pensando che la sensazione di voltastomaco si accompagni alla crescita del Prestigio. Infatti è molto comune osservare radical chic dal viso contratto e pallido, che si costringono a partecipare ad apericena jazz che provocano in loro – giustamente – brividi gelati lungo la schiena, sintomi che classificano come positivi).
Purtroppo questa strategia di sopravvivenza richiede molto sforzo.
Razionalizzare ogni evento alla lunga stanca.
Il radical allora, se potesse, abolirebbe seduta stante tutto ciò che si discosta anche di pochi millimetri dal bagaglio preconfezionato di nozioni cinematografiche, letterarie e artistiche di cui ha riempito la propria traballante personalità.
Il radical reputa abominevole ciò che mette in discussione i propri gusti e i propri orientamenti politici. Non tollera che il plebeo esprima una qualsiasi opinione, che abbia dei suoi propri gusti. Reagisce come il tecnico da bar quando l’uomo col cappello afferma di essere il calzolaio di Savoldi. Semplicemente perché il radical è i propri gusti e i propri orientamenti politici. Non c’è nient’altro. Una nuvola di fumo. Un fantoccio di stuzzicadenti tenuto con lo sputo. Uno sputo francese, ovviamente.
Il radical trova facile essere tollerante perché non si è mai realmente confrontato su nulla con nessuno.
Il radical vive nell’odio represso e nel disprezzo di chiunque non sia come lui.