“Con la morte di Mussolini scompare uno dei più grandi uomini politici cui si deve rimproverare solamente di non aver messo al muro i suoi avversari”
- Josif Vissarionovic Dzugasvili alias Stalin -
"Io non mi pento di aver fatto tutto il bene che ho potuto anche agli avversari, anche ai nemici, che complottavano contro la mia vita, sia con l’inviare loro dei sussidi che per la frequenza diventavano degli stipendi, sia strappandoli alla morte. Ma se domani togliessero la vita ai miei uomini, quale responsabilità avrei assunto salvandoli?"
- Benito Mussolini -
"Ora invece per le conseguenze del delitto Matteotti sarà costretto a fare il dittatore senza averne la stoffa. E saranno guai, perché un dittatore non deve avere paura del sangue. Se egli fosse così stato e se aveva delle responsabilità nel delitto Matteotti, non avrebbe esitato un attimo a mettere al muro la squadraccia di Dumini, nonché Marinelli e Filippelli pur sapendoli innocenti".
- Italo Balbo -
Non posso mettere mano al mouse che lo schermo inizia a vomitare merda ... e di quella pesante, cercavo conferma di questo e come sotto casualmente mi imbatto ...
Dalle dichiarazioni precedenti si evince quale fu il problema di Mussolini e della pseudo dittatura e la conferma la si ha proseguendo nella lettura, il problema è che non solo uccisero i suoi uomini, assassinarono lui ed anche decine di migliaia di Italiani.
Leggendo le varie ricostruzioni quello che mi è diventato chiaro è che fu solo uno scontro di potere per interessi, gli antagonisti erano stati tagliati fuori, perchè dico questo, che da un lato sembrerebbe ovvio, il potere? Perchè erano tutti originariamente dalla stessa parte, socialisti, gli anarchici quasi scompaiono, gli altri i comunisti ma per esempio: Romano Bilenchi, scrittore, collabora alla stampa fascista, è mussoliniano più tardi approdato al comunismo ricordò a Togliatti: ”Ma io sono stato fascista” e quello di rimando gli rispose: “Tutti siamo stati fascisti”…
Trovo per caso, cercando altro, mentre stò scrivendo questo interessante punto di vista di un poeta, scrittore socialista testimone dei tempi, Giacomo Noventa:
«l'antifascismo era una setta interna al fascismo... Nel fascismo di ieri c'era qualcosa di valido e di vero che non c'è nel fascismo ripetuto d'oggi»
per poi concludere col sospetto che
«il fascismo fosse propriamente la cultura e il pensiero italiano. Che il fascismo fosse l'Italia».
ma bisogna leggerlo tutto per comprenderne il pensiero.
"La verità è che tutti eravamo fascisti o ci comportavamo come se lo fossimo".
- Giampaolo Pansa -
Per tornare agli interessi, chi scrive l'articolo quì di seguito, ventila un certo interesse da parte di Pertini di far uccidere in fretta e furia il Duce. L'articolo :
MUSSOLINI: FU PERTINI A ORDINARNE LA MORTE
Navigando casualmente in internet, mi sono imbattuto in questo link in cui si riporta una importante testimonianza/denuncia sull'ancora misteriosa morte di Benito Mussolini, su chi la volle a tutti i costi, sul perchè lo si volesse eliminare, sulle modalità di esecuzione. Ne esce un nuovo estratto storico, non molto dissimile da certe vili azioni stampo politico/mafioso, che denuncia lo schifo ideale dal quale prese le mosse questa Repubblica, come oggi la viviamo noi in Italia.
Ma chi pronuncia questa grave accusa? Non si tratta di un revanscista, di un nostalgico, di un negazionista o revisionista. Ma di un noto personaggio del Partito Socialista italiano, tal Stefano Surace, autore del libro "Caro Pertini..." (premiato nel 1982 da una giuria di giornalisti come "miglior libro dell'anno") già direttore del periodico "Socialismo" e residente per vari anni a Parigi.
Alcuni anni fa (era il 1985) il sig. Surace si decise ad intervenire in risposta ad un articolo comparso su "Le Monde", il più autorevole quotidiano francese, dal titolo "Qurant'anni fa, l'esecuzione sommaria di Mussolini" firmato Jacques Nobécourt, capo dei servizi esteri. Con una lettera inviata a Nobécourt ed al direttore del quotidiano André Fontaine, lo scrittore italiano, rilevando nell'articolo diverse inesattezze storiche, così testualmente rispose:
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MUSSOLINI: FU PERTINI A ORDINARNE L'ELIMINAZIONE, L'ONESTA TESTIMONIANZA/DENUNCIA DI UN ALTRO SOCIALISTA: STEFANO SURACE
Caro Nobécourt,
ho avuto solo ieri occasione di leggere su "Le Monde" del 29 aprile scorso il tuo pregevole articolo "Il y a quarante ans, l'execution sommaire de Mussolini"; e poiché si tratta di un articolo dichiaratamente storico, e contiene qualche inesattezza, credo che i lettori del vostro giornale abbiano diritto a delle precisazioni, per obiettività e completezza d'informazione.
In quell'articolo, in effetti, si afferma fra l'altro:
1. che ad ordinare l'uccisione di Mussolini fu il "comitato insurrezionale" partigiano, e cioè un triunvirato formato da Luigi Longo (comunista), Sandro Pertini (socialista) e Leo Valiani (del Partito d'Azione), ma che il ruolo determinante, in questa faccenda, lo ebbe verosimilmente Luigi Longo;
2. che il giorno dopo l'"esecuzione", il 29 aprile 1945, i cadaveri di
Mussolini, Claretta Petacci e degli altri "giustiziati", che erano stati
appesi per i piedi alle rampe di una pompa di benzina a piazzale Loreto a Milano, vi furono staccati per ordine di Pertini;
3. che quell'esecuzione (realizzata materialmente da un gruppo di partigiani capeggiati da Walter Audisio, detto Colonnello Valerio) ebbe comunque il consenso più o meno tacito di tutti i partners del gioco politico dell'epoca comprese le destre, il Generale Cadorna (comandante militare delle forze partigiane) e lo stesso Pietro Nenni, già amico di Mussolini ma poi diventato suo avversario e ormai diviso da lui da troppo sangue versato. E, in definitiva, che ebbe anche il consenso di inglesi e americani;
4. che in particolare gli americani avevano sì mandato tre missioni per recuperare Mussolini, ma senza fretta. E gli inglesi non si erano affatto curati del Duce;
5. che tutti costoro preferirono che Mussolini fosse ucciso sommariamente piuttosto che processato, poiché si sarebbe trattato di un processo più che a lui, alla politica italiana degli ultimi venti anni; e dunque il Duce ne poteva uscire ben vivo, e magari riabilitato, come ti aveva a suo tempo dichiarato lo stesso Longo
Al riguardo debbo osservare:
1. per l'ordine di uccidere Mussolini, più che Longo fu determinante Pertini in quanto rappresentava il Partito Socialista, all'epoca la più importante fra le forze politiche della Resistenza italiana. In questo partito lui aveva un peso decisivo che gli aveva consentito, ad esempio, di essere determinante -e questo lo riconosci nel tuo articolo- anche nel rifiuto della proposta, avanzata da Mussolini, di trasferire i suoi poteri al Partito Socialista. Più precisamente, Pertini diede a Walter Audisio l'ordine perentorio di recarsi a Dongo con un gruppo di uomini scelti con cura, farsi consegnare Mussolini e i gerarchi catturati e ucciderli a tutti i costi prima che qualcuno potesse impedirlo. Siccome però i partigiani che avevano catturato il Duce erano riluttanti a cederlo (intendevano consegnarlo direttamente agli Alleati, secondo le istruzioni che da tempo
costoro avevano diffuso largamente e ripetutamente fra i partigiani) Audisio doveva ingannarli, facendo loro credere che avrebbe condotto i prigionieri appunto dagli alleati. Audisio si presentò ai partigiani di Dongo esibendo un ordine scritto firmato da Pertini, di consegnarli Mussolini e gli altri.
Quei partigiani in un primo tempo rifiutarono, ma Audisio riuscì alla fine a convincerli, ribadendo che avrebbe condotto Mussolini dagli Alleati senza torcergli un capello. Invece quando lo ebbe nelle mani, dopo pochi chilometri precisamente a Giulino di Mezzegra- lui e gli altri del suo "commando" lo uccisero (o, come tu scrivi, lo massacrarono) insieme agli altri prigionieri, secondo gli ordini di Pertini. Tutto questo è confermato da numerose fonti ben degne di fede, e concordanti. Mi limito qui ad indicarne una, particolarmente qualificata: la M.O. della Resistenza Giovanni Pesce, tuttora vivente, e il suo libro "Quando cessarono gli spari" pubblicato anni fa dalla Feltrinelli, che queste circostanze narra nei dettagli senza mai essere state smentite.
2. Quell'uccisione non ebbe affatto il consenso generale, tutt'altro.
Nessuno dei leaders occidentali e ben pochi dei capi partigiani la volevano, non confondendo certo il Duce con Hitler. Gli Alleati non si erano affatto disinteressati della sorte di Mussolini. In particolare gli americani, oltre ad inviare le tre missioni di cui tu parli, avevano diramato in lungo e in largo, fra i partigiani italiani, l'istruzione precisa che nel caso lo avessero catturato dovevano consegnarlo direttamente, e ben vivo, agli Alleati. Gli Alleati riconoscevano in effetti a Mussolini -come perfino ai criminali di guerra nazisti- il diritto a un processo. E in quello che si farà, a Norimberga, fra gli imputati era previsto anche lui, come precisa fra gli altri lo storico Silvio Bertoldi che nel suo "Norimberga: guai ai vinti" (pubblicato anche come supplemento al n. 14/85 del settimanale "Oggi") scrive: "A Norimberga avrebbe dovuto esserci anche Mussolini".
Chiaro che, essendoci una bella differenza fra il Duce e i criminali di guerra nazisti, era probabile che lui da quel processo sarebbe uscito vivo, e magari "riabilitato" in tutto o in parte, come ti confermò Longo.
3. Quanto a Nenni, e a tanti altri capi antifascisti, non solo non diedero il loro consenso all'uccisione di Mussolini, ma non perdoneranno mai a Pertini quell'"esecuzione" che giudicavano di una degradante vigliaccheria.
Tanto più che, se Pertini era vivo e sano, lo doveva in gran parte proprio a Mussolini. Quando difatti era stato a sua volta -alti e bassi della vita- nelle mani del Duce (era stato arrestato e condannato per cospirazione contro lo Stato) Pertini era gravemente ammalato di tubercolosi, malattia da cui all'epoca difficilmente si guariva da liberi, e figurarsi in prigione.
Sarebbe stato facile dunque a Mussolini eliminare definitivamente questo suo accanito nemico, poiché nessuno si sarebbe sorpreso se in carcere la malattia avesse seguito il suo corso abituale, e magari Pertini fosse deceduto. E invece il Duce (sollecitato da Nenni, suo vecchio amico e conterraneo, anche se diventato suo avversario politico) gli fece fare cure così assidue ed efficaci da guarirlo completamente, al punto che Pertini è arrivato all'attuale età in condizioni di salute ed efficienza eccezionali.
La galera non è un grande albergo e, se vi si entra sani, dopo un lungo soggiorno si esce quasi sempre malati se non -come suol dirsi- "coi piedi in avanti". A Pertini invece successe esattamente il contrario: entrò gravemente malato e uscì, dopo quattordici anni, ben sano. Se quindi è potuto arrivare a quest'età e diventare Presidente della Repubblica lo deve, piaccia o no, alle cure che Mussolini gli aveva fatto fare non immaginando certo che, una quindicina d'anni dopo, proprio lui lo avrebbe fatto uccidere
senza pietà. Ma Nenni non fu certo il solo ad indignarsi per quel massacro. Furono davvero in tanti: Ferruccio Parri, per citarne uno -che sarà poi a capo dei primi Governi dopo la Liberazione- lo definì "una macelleria messicana", come riporta fra gli altri Mario Cervi.
4. Anche per l'esposizione di piazzale Loreto -che resta tuttora una macchia per la nostra Resistenza, e tanto ha danneggiato l'immagine
dell'antifascismo e del popolo italiano- Pertini fu determinante. Pur
volendo supporre che non abbia ordinato precisamente di appendere quei cadaveri per i piedi in quel piazzale (cosa comunque difficile da escludere avendo lui concepito e pilotato fin dall'inizio l'"operazione massacro") non c'è dubbio che senza l'esecuzione non ci sarebbe potuta essere neanche l'esposizione. Vero è che lui ha poi cercato di giustificarsi sostenendo di essere intervenuto per farla finire. Ma in realtà ad intervenire, più che lui, fu Pietro Nenni, proprio nei suoi confronti e in modo durissimo. E così Pertini dovette muoversi a farli staccare, quei corpi, ma non lo fece certo a gran velocità, vista l'ulteriore durata dello spettacolo. Si tratta di un dettaglio ben conosciuto da chi visse da vicino queste cose, e mi consta personalmente poiché sono stato socio, in una casa editrice, proprio di colui che a quel tempo ufficiale partigiano e tuttora ben vivo, aveva tolto materialmente i cadaveri da piazzale Loreto portandoli in luogo non esposto.
ho avuto solo ieri occasione di leggere su "Le Monde" del 29 aprile scorso il tuo pregevole articolo "Il y a quarante ans, l'execution sommaire de Mussolini"; e poiché si tratta di un articolo dichiaratamente storico, e contiene qualche inesattezza, credo che i lettori del vostro giornale abbiano diritto a delle precisazioni, per obiettività e completezza d'informazione.
In quell'articolo, in effetti, si afferma fra l'altro:
1. che ad ordinare l'uccisione di Mussolini fu il "comitato insurrezionale" partigiano, e cioè un triunvirato formato da Luigi Longo (comunista), Sandro Pertini (socialista) e Leo Valiani (del Partito d'Azione), ma che il ruolo determinante, in questa faccenda, lo ebbe verosimilmente Luigi Longo;
2. che il giorno dopo l'"esecuzione", il 29 aprile 1945, i cadaveri di
Mussolini, Claretta Petacci e degli altri "giustiziati", che erano stati
appesi per i piedi alle rampe di una pompa di benzina a piazzale Loreto a Milano, vi furono staccati per ordine di Pertini;
3. che quell'esecuzione (realizzata materialmente da un gruppo di partigiani capeggiati da Walter Audisio, detto Colonnello Valerio) ebbe comunque il consenso più o meno tacito di tutti i partners del gioco politico dell'epoca comprese le destre, il Generale Cadorna (comandante militare delle forze partigiane) e lo stesso Pietro Nenni, già amico di Mussolini ma poi diventato suo avversario e ormai diviso da lui da troppo sangue versato. E, in definitiva, che ebbe anche il consenso di inglesi e americani;
4. che in particolare gli americani avevano sì mandato tre missioni per recuperare Mussolini, ma senza fretta. E gli inglesi non si erano affatto curati del Duce;
5. che tutti costoro preferirono che Mussolini fosse ucciso sommariamente piuttosto che processato, poiché si sarebbe trattato di un processo più che a lui, alla politica italiana degli ultimi venti anni; e dunque il Duce ne poteva uscire ben vivo, e magari riabilitato, come ti aveva a suo tempo dichiarato lo stesso Longo
"Se non l'avessimo giustiziato sarebbe stato, due ore dopo, nelle mani degli americani e vivrebbe oggi con un pensione di ex-Presidente del Consiglio".
1. per l'ordine di uccidere Mussolini, più che Longo fu determinante Pertini in quanto rappresentava il Partito Socialista, all'epoca la più importante fra le forze politiche della Resistenza italiana. In questo partito lui aveva un peso decisivo che gli aveva consentito, ad esempio, di essere determinante -e questo lo riconosci nel tuo articolo- anche nel rifiuto della proposta, avanzata da Mussolini, di trasferire i suoi poteri al Partito Socialista. Più precisamente, Pertini diede a Walter Audisio l'ordine perentorio di recarsi a Dongo con un gruppo di uomini scelti con cura, farsi consegnare Mussolini e i gerarchi catturati e ucciderli a tutti i costi prima che qualcuno potesse impedirlo. Siccome però i partigiani che avevano catturato il Duce erano riluttanti a cederlo (intendevano consegnarlo direttamente agli Alleati, secondo le istruzioni che da tempo
costoro avevano diffuso largamente e ripetutamente fra i partigiani) Audisio doveva ingannarli, facendo loro credere che avrebbe condotto i prigionieri appunto dagli alleati. Audisio si presentò ai partigiani di Dongo esibendo un ordine scritto firmato da Pertini, di consegnarli Mussolini e gli altri.
Quei partigiani in un primo tempo rifiutarono, ma Audisio riuscì alla fine a convincerli, ribadendo che avrebbe condotto Mussolini dagli Alleati senza torcergli un capello. Invece quando lo ebbe nelle mani, dopo pochi chilometri precisamente a Giulino di Mezzegra- lui e gli altri del suo "commando" lo uccisero (o, come tu scrivi, lo massacrarono) insieme agli altri prigionieri, secondo gli ordini di Pertini. Tutto questo è confermato da numerose fonti ben degne di fede, e concordanti. Mi limito qui ad indicarne una, particolarmente qualificata: la M.O. della Resistenza Giovanni Pesce, tuttora vivente, e il suo libro "Quando cessarono gli spari" pubblicato anni fa dalla Feltrinelli, che queste circostanze narra nei dettagli senza mai essere state smentite.
2. Quell'uccisione non ebbe affatto il consenso generale, tutt'altro.
Nessuno dei leaders occidentali e ben pochi dei capi partigiani la volevano, non confondendo certo il Duce con Hitler. Gli Alleati non si erano affatto disinteressati della sorte di Mussolini. In particolare gli americani, oltre ad inviare le tre missioni di cui tu parli, avevano diramato in lungo e in largo, fra i partigiani italiani, l'istruzione precisa che nel caso lo avessero catturato dovevano consegnarlo direttamente, e ben vivo, agli Alleati. Gli Alleati riconoscevano in effetti a Mussolini -come perfino ai criminali di guerra nazisti- il diritto a un processo. E in quello che si farà, a Norimberga, fra gli imputati era previsto anche lui, come precisa fra gli altri lo storico Silvio Bertoldi che nel suo "Norimberga: guai ai vinti" (pubblicato anche come supplemento al n. 14/85 del settimanale "Oggi") scrive: "A Norimberga avrebbe dovuto esserci anche Mussolini".
Chiaro che, essendoci una bella differenza fra il Duce e i criminali di guerra nazisti, era probabile che lui da quel processo sarebbe uscito vivo, e magari "riabilitato" in tutto o in parte, come ti confermò Longo.
3. Quanto a Nenni, e a tanti altri capi antifascisti, non solo non diedero il loro consenso all'uccisione di Mussolini, ma non perdoneranno mai a Pertini quell'"esecuzione" che giudicavano di una degradante vigliaccheria.
Tanto più che, se Pertini era vivo e sano, lo doveva in gran parte proprio a Mussolini. Quando difatti era stato a sua volta -alti e bassi della vita- nelle mani del Duce (era stato arrestato e condannato per cospirazione contro lo Stato) Pertini era gravemente ammalato di tubercolosi, malattia da cui all'epoca difficilmente si guariva da liberi, e figurarsi in prigione.
Sarebbe stato facile dunque a Mussolini eliminare definitivamente questo suo accanito nemico, poiché nessuno si sarebbe sorpreso se in carcere la malattia avesse seguito il suo corso abituale, e magari Pertini fosse deceduto. E invece il Duce (sollecitato da Nenni, suo vecchio amico e conterraneo, anche se diventato suo avversario politico) gli fece fare cure così assidue ed efficaci da guarirlo completamente, al punto che Pertini è arrivato all'attuale età in condizioni di salute ed efficienza eccezionali.
La galera non è un grande albergo e, se vi si entra sani, dopo un lungo soggiorno si esce quasi sempre malati se non -come suol dirsi- "coi piedi in avanti". A Pertini invece successe esattamente il contrario: entrò gravemente malato e uscì, dopo quattordici anni, ben sano. Se quindi è potuto arrivare a quest'età e diventare Presidente della Repubblica lo deve, piaccia o no, alle cure che Mussolini gli aveva fatto fare non immaginando certo che, una quindicina d'anni dopo, proprio lui lo avrebbe fatto uccidere
senza pietà. Ma Nenni non fu certo il solo ad indignarsi per quel massacro. Furono davvero in tanti: Ferruccio Parri, per citarne uno -che sarà poi a capo dei primi Governi dopo la Liberazione- lo definì "una macelleria messicana", come riporta fra gli altri Mario Cervi.
dell'antifascismo e del popolo italiano- Pertini fu determinante. Pur
volendo supporre che non abbia ordinato precisamente di appendere quei cadaveri per i piedi in quel piazzale (cosa comunque difficile da escludere avendo lui concepito e pilotato fin dall'inizio l'"operazione massacro") non c'è dubbio che senza l'esecuzione non ci sarebbe potuta essere neanche l'esposizione. Vero è che lui ha poi cercato di giustificarsi sostenendo di essere intervenuto per farla finire. Ma in realtà ad intervenire, più che lui, fu Pietro Nenni, proprio nei suoi confronti e in modo durissimo. E così Pertini dovette muoversi a farli staccare, quei corpi, ma non lo fece certo a gran velocità, vista l'ulteriore durata dello spettacolo. Si tratta di un dettaglio ben conosciuto da chi visse da vicino queste cose, e mi consta personalmente poiché sono stato socio, in una casa editrice, proprio di colui che a quel tempo ufficiale partigiano e tuttora ben vivo, aveva tolto materialmente i cadaveri da piazzale Loreto portandoli in luogo non esposto.
Non bisogna dimenticare inoltre l'intervento del Cardinale di Milano
Ildefonso Schuster, che in quei giorni si era interessato perchè Mussolini si consegnasse spontaneamente, con garanzia della vita. Costui affermò:
5. Pertini fece dunque uccidere Mussolini contro la volontà degli Alleati e della gran parte dei capi della Resistenza, ingannando quegli stessi suoi compagni partigiani che avevano catturato il Duce e volevano che restasse ben vivo.
6. Sul perchè Pertini avesse tanta fretta di uccidere Mussolini, che gli aveva salvata la vita e la salute, c'è da considerare che all'epoca molti pensavano, a torto o a ragione, che gli Alleati intendevano rimettere il Duce al vertice dello Stato italiano, sia pure con poteri limitati (come si regolarono ad esempio per il Giappone). Ma ciò avrebbe impedito che quella carica andasse invece (come in Jugoslavia per Tito e in Cina per Mao Tse Tung) a un capo partigiano, fra i quali uno dei favoriti era appunto Pertini. C'è poi il mistero dell'oro di Dongo, cioè del tesoro della Repubblica di Salò che Mussolini aveva con sé quando fu catturato, e che scomparve come nebbia al sole. Mistero che non sarebbe stato tale se Pertini non avesse fatto uccidere Mussolini. Quanti hanno cercato di testimoniare su quella sparizione sono stati tutti, a loro volta, "misteriosamente" uccisi.
7. Comunque Nenni non perdonerà mai il massacro del Duce, e finché lui ebbe peso nella vita politica italiana (e cioè fino ad una decina d'anni fa, prima che l'età lo prostrasse) Pertini fu condannato ad una specie di emarginazione tacita nel Partito Socialista e nella vita politica italiana, tanto da non avere incarichi politici di rilievo, neanche di semplice ministro. Era solo, in pratica, l'uomo politico più rappresentativo di Savona e della sezione socialista di quella città. Sezione che tuttavia -è emerso poi- è assai ben piazzata per avere la palma della più corrotta fra le sezioni provinciali di tutti i partiti politici italiani, compresa la Democrazia Cristiana; visto che diverse decine di suoi esponenti, dirigenti e membri sono stati messi in prigione o, comunque, incriminati per intrallazzi particolarmente vasti (caso Teardi). Solo quando Nenni, invecchiato, perse autorità, Pertini poté riemergere ed avere la carica di Presidente della Camera, da cui è poi passato a Presidente della Repubblica
raggiungendo finalmente il vertice dello Stato, sia pure con tre decenni di ritardo. E quando, dopo qualche tempo, qualcuno ventilò l'opportunità di una sua dimissione, Pertini replicò: "Hic manebo optime" (Hic manebimus optime ("Qui staremo benissimo") è una frase diventata celebre come espressione di risolutezza. È riportata da Tito Livio nella sua Storia romana (Ab Urbe condita libri, V, 55). Esattamente come aveva risposto a suo tempo Mussolini...
Ildefonso Schuster, che in quei giorni si era interessato perchè Mussolini si consegnasse spontaneamente, con garanzia della vita. Costui affermò:
"Solo i barbari possono permettersi simili gesta"e si affrettò ad adoperarsi presso il comando partigiano perchè lo spettacolo avesse fine; come testimonia fra gli altri Monsignor Angelo Majo, arciprete del Duomo di Milano.
5. Pertini fece dunque uccidere Mussolini contro la volontà degli Alleati e della gran parte dei capi della Resistenza, ingannando quegli stessi suoi compagni partigiani che avevano catturato il Duce e volevano che restasse ben vivo.
6. Sul perchè Pertini avesse tanta fretta di uccidere Mussolini, che gli aveva salvata la vita e la salute, c'è da considerare che all'epoca molti pensavano, a torto o a ragione, che gli Alleati intendevano rimettere il Duce al vertice dello Stato italiano, sia pure con poteri limitati (come si regolarono ad esempio per il Giappone). Ma ciò avrebbe impedito che quella carica andasse invece (come in Jugoslavia per Tito e in Cina per Mao Tse Tung) a un capo partigiano, fra i quali uno dei favoriti era appunto Pertini. C'è poi il mistero dell'oro di Dongo, cioè del tesoro della Repubblica di Salò che Mussolini aveva con sé quando fu catturato, e che scomparve come nebbia al sole. Mistero che non sarebbe stato tale se Pertini non avesse fatto uccidere Mussolini. Quanti hanno cercato di testimoniare su quella sparizione sono stati tutti, a loro volta, "misteriosamente" uccisi.
7. Comunque Nenni non perdonerà mai il massacro del Duce, e finché lui ebbe peso nella vita politica italiana (e cioè fino ad una decina d'anni fa, prima che l'età lo prostrasse) Pertini fu condannato ad una specie di emarginazione tacita nel Partito Socialista e nella vita politica italiana, tanto da non avere incarichi politici di rilievo, neanche di semplice ministro. Era solo, in pratica, l'uomo politico più rappresentativo di Savona e della sezione socialista di quella città. Sezione che tuttavia -è emerso poi- è assai ben piazzata per avere la palma della più corrotta fra le sezioni provinciali di tutti i partiti politici italiani, compresa la Democrazia Cristiana; visto che diverse decine di suoi esponenti, dirigenti e membri sono stati messi in prigione o, comunque, incriminati per intrallazzi particolarmente vasti (caso Teardi). Solo quando Nenni, invecchiato, perse autorità, Pertini poté riemergere ed avere la carica di Presidente della Camera, da cui è poi passato a Presidente della Repubblica
raggiungendo finalmente il vertice dello Stato, sia pure con tre decenni di ritardo. E quando, dopo qualche tempo, qualcuno ventilò l'opportunità di una sua dimissione, Pertini replicò: "Hic manebo optime" (Hic manebimus optime ("Qui staremo benissimo") è una frase diventata celebre come espressione di risolutezza. È riportata da Tito Livio nella sua Storia romana (Ab Urbe condita libri, V, 55). Esattamente come aveva risposto a suo tempo Mussolini...
Tutto ciò può sorprendere chi è abituato all'immagine agiografica di Pertini abitualmente diffusa dai mass media, in Italia e altrove. Ma questa immagine, che pare messa a punto con estrema cura, si spiega considerando i potenti e vasti interessi che si servono di essa come efficace copertura dei gravissimi abusi che prosperano in Italia su vasta scala.
Ma la realtà storica -ed io sono il primo a dispiacermene come italiano- è ben diversa, e non a caso ha reso improponibile l'assegnazione a Pertini di un premio Nobel per la pace, che pure era stata ventilata; o che fosse lui a celebrare, con un discorso ufficiale al Parlamento europeo, la fine della guerra e la riconciliazione generale...
Il più bello è che poi Pertini si prende la libertà di definire "assassino" uno come Scalzone che, fino a prova contraria, non ha mai ucciso nessuno, e del resto non è mai stato incolpato di questo. Che cosa fu, quello di Pertini ai danni di Mussolini, se non l'assassinio "politico" di un prigioniero indifeso? Il quale, per di più, quando lo aveva avuto a sua volta in suo potere gli aveva salvato la vita e la salute, facendolo curare come lui stesso non aveva saputo fare?
E' giusto che i lettori de "Le Monde" queste cose vengano a saperle, appunto per obiettività e completezza di informazione.
Con vive cordialità.
Stefano Surace
Pertini e Scalfaro, due assassini diventati presidenti della Repubblica. La farsa della resistenza from europadelsud on Vimeo.
”Quando mi dissero che il cadavere di Mussolini era stato portato a piazzale Loreto, corsi con mia moglie e Filippo Carpi. I corpi non erano appesi. Stavano per terra e la folla ci sputava sopra, urlando. Mi feci riconoscere e mi arrabbiai: «Tenete indietro la folla!». Poi andai al CLN e dissi che era una cosa indegna: giustizia era stata fatta, dunque non si doveva fare scempio dei cadaveri. Mi dettero tutti ragione: Salvadori, Marazza, Arpesani, Sereni, Longo, Valiani, tutti. E si precipitarono a piazzale Loreto, con me, per porre fine allo scempio. Ma i corpi, nel frattempo, erano già stati appesi al distributore della benzina. Così ordinai che fossero rimossi e portati alla morgue. Io, il nemico, lo combatto quando è vivo e non quando è morto. Lo combatto quando è in piedi e non quando giace per terra“. - Sandro Pertini -Ma il 28 giugno 1960 nel discorso a Genova, piazza della Vittoria, prima dei fatti del 30 giugno, Sandro Pertini disse :
"Ci sono stati degli errori, primo di tutti la nostra generosità nei confronti degli avversari. Una generosità che ha permesso troppe cose e per la quale oggi i fascisti la fanno da padroni, giungendo a qualificare delitto l’esecuzione di Mussolini a Milano. Ebbene, neofascisti che ancora una volta state nell’ombra a sentire, io mi vanto di avere ordinato la fucilazione di Mussolini, perché io e gli altri, altro non abbiamo fatto che firmare una condanna a morte pronunciata dal popolo italiano venti anni prima".
- Sandro Pertini -
Un vero psicopatico pazzo, a parte incitare alla rivolta popolare, nel resto del discorso, cosa che successe, qui asserisce "la nostra generosità nei confronti degli avversari", 100.000 torturati, violentate e assassinati a guerra finita e senza processo, "oggi i fascisti la fanno da padroni", nei suoi sogni più deliranti e "condanna a morte pronunciata dal popolo italiano venti anni prima", che nel 1925 gli italiani avessero condannato a morte Mussolini all'inizio del suffragio quasi universale, risulta solo a lui.Quà ce n'è per tutti, da un commento nello stesso articolo:
"Nenni venne fatto prigioniero dai camerati in Francia per 24 giorni, il 5 aprile 1943 viene consegnato dagli stessi, ai carabinieri italiani al Brennero con l'ordine di accompagnarlo al confino di Ponza. Tutto questo su ESPRESSA RICHIESTA del suo amico il DUCE . Dopo il massacro di quest'ultimo, e la rivoltante codardia partigiana di quel fine aprile 45, lo stesso Nenni scriverà sull'AVANTI, circa colui che gli salvò la vita.. "giustizia è stata fatta !" Perciò deduco che Nenni era una merda d'uomo".
Il 25 aprile 1945 Luigi Longo, uno dei massimi esponenti del PCI e quindi del CLNAI (Comitato Italiano Liberazione Alta Italia), nell’impartire disposizioni per l’esecuzione della condanna a morte del Duce, ordinò:
"Lo si deve accoppare subito, in malo modo, senza processo, senza teatralità, senza frasi storiche".Purtroppo la storia non consola e non ripaga, tanto è vero che il suo agire lo portò, come attestò e dimostrò Carlo Silvestri, esponente socialista (ma anche Piero Parini, Renzo Montagna e altri collaboratori che lavorarono con lui) a salvare praticamente la vita a quasi tutti i capi della Resistenza, catturati dai tedeschi o ben individuati nei loro nascondigli, compresi Parri, Lombardi, Pertini, ecc., fu “ripagato” con le parole di Sandro Pertini, il partigiano estremista che in quei giorni di fine aprile ’45 sbraitò alla radio che Mussolini:
“doveva essere ammazzato come un cane tignoso”.Questo è quanto si sapeva in Italia, ma pare dalle intercettazioni che oltreoceano la pensassero ben diversamente, ma ovviamente ben altro doveva figurare: Benito Mussolini, fu assassinio premeditato, la telefonata fra Churchill e Roosevelt il 29 luglio 1943, la Conferenza di Casablanca
Ma guardando bene ce n'è da dire talmente tante che rimando ad un altro articolo, possiamo vedere La verità su Via Rasella e sulla strage delle Fosse Ardeatine, di Antonio Leggiero, il TOP : RAPPRESAGLIE PARTIGIANE - Come i partigiani comunisti facevano eliminare i loro alleati scomodi e saltare all'ultimo "crimine" non da poco: Pertini e il golpe, 1985, quello che gli Italiani non sanno
Fonte itacultura atuttadestra azionetradizionale ilgiornale fncrsi rassegna
Giacomo Noventa e il sogno infranto di un socialismo "irreale"
Benito Mussolini, fu assassinio premeditato, la telefonata fra Churchill e Roosevelt il 29 luglio 1943, la Conferenza di Casablanca
Pertini e il golpe, 1985, quello che gli Italiani non sanno
Benito Mussolini dedica la sua ultima lettera al popolo italiano
CARTOLINE DAL VENTENNIO - Film documentario de La Grande Storia di RAI 3
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Testamento Politico di Benito Mussolini. Milano, 22 aprile 1945
Benito Mussolini dedica la sua ultima lettera al popolo italiano
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Il Delitto Matteotti di Maurizio Barozzi
RAPPRESAGLIE PARTIGIANE - Come i partigiani comunisti facevano eliminare i loro alleati scomodi
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