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La storia ha due volti: quello ufficiale, mendace e quello segreto e imbarazzante, in cui però sono da ricercarsi le vere cause degli avvenimenti occorsi” - Honorè de Balzac -

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Contra factum non valet argumentum”

mercoledì 6 aprile 2016

Giallo Litvinenko “Italian Connection” orchestrata dagli USA, dichiarazioni di uno 007 francese


Nulla di strano, anzi normale amministrazione mi pare, quello che colpisce collegando con la questione dei "Panama Papers" di questi giorni è che sono almeno 10 anni che gli USA & company cercano di compromettere Putin, con scarsi risultati per altro e considerando il panorama in generale sembrerebbe che siano con l'acqua alla gola per qualche recondito motivo ...
Sostengo dal 2011 che siamo alla resa dei conti, pare evidente ... (NdR)
di Andrea Cinquegrani 
5 aprile 2016
“Operazione Beluga”. Il suo enigmatico nome comincia a rimbalzare tra i siti di contro informazione. E seguendo le sue piste potrebbe arrivare ad una svolta il giallo ormai decennale dell’omicidio di Alexander Litvinenko, l’agente russo fuggito Inghilterra e ucciso a base di polonio. Un caso da qualche anno arrivato sembrava alle battute conclusive nelle aule di giustizia londinesi, con una pista di sicari targati Putin che avrebbero eliminato lo scomodo ex compagno. Da quel processo, però, fino ad oggi è partorito il classico topolino: nessuna prova certa, solo indizi e teoremi.

Ma adesso l’Operazione Beluga, che comincia a far capolino, andrebbe in tutt’altra direzione. E accrediterebbe, invece, una trama tutta occidentale, per la regia di Usa e Gran Bretagna, ai danni della Russia, con l'Italia co-protagonista di rango assoluto. 

Mario Scaramella. Nel montaggio di apertura, Alexander Litvinenko
Mario Scaramella
A rivelare l’esistenza della “Operazione Beluga” è un vero e proprio ex 007 dei servizi francesi, Paul Barril, alias “Superflic”, il Supercop o il James Bond delle celebri serie. Per molti anni è stato il numero due dei corpi speciali transalpini, i “GIGN”, per poi dedicarsi, da “privato”, come “contractor” in delicate missioni da svolgere in Medio Oriente, Africa e America Latina. In un fresco “scambio di opinioni” con un uomo d’affari svizzero, Pascal Najadi, Barril fa delle rivelazioni bomba. E fornisce una precisa pista per il giallo Litvinenko, che venne ucciso dice testualmente:
“da un italiano che gli somministrò la dose fatale di polonio 210”. E aggiunge: “L’operazione venne condotta per conto degli Stati Uniti e della Gran Bretagna”.
Nel colloquio Barril parla dei rapporti tra Litvinenko e un altro grande nemico di Putin, anche lui fuggito in Inghilterra e morto in circostanze altrettanto misteriose Boris Berezowskij, uno degli svariati oligarchi che hanno accumulato, come il patròn del Chelsea Roman Abramovich, facili ricchezze nell’Urss post comunista, per poi “emigrare” in Occidente e investire le loro immense fortune. Secondo la versione di Barril, sia Litvinenko che Berezoswkij sarebbero stati arruolarti dal servizio d’intelligence di sua Maestà britannica, il potente M16. E ricostruisce uno scenario tutto money & intelligence: con una “cassa” gestita da Litvinenko per i pagamenti via M16 da effettuare a favore di agenti russi arruolati a Londra: qui il possibile movente della sua eliminazione. Ma con una ciliegina sulla torta: del suo assassinio dovevano essere accusati gli 007 di Putin, in modo da colpire la Russia al cuore, soprattutto sotto il profilo della sua credibilità agli occhi dell’Occidente.
“L’operazione invece, ribadisce l’ex spia francese, è stata organizzata dall’intelligence occidentale, diretta da Washington e affidata in mani italiane per la sua esecuzione”.
Commenta Najadi:
“Le nuove rivelazioni del capitano Barril aprono una decisiva finestra sulla verità circa il vero motivo dell’assassinio di Alexander Litvinenko”.
Paul Barril
Paul Barril
Ma leggiamo alcune frasi pronunciate dal James Bond francese:
“Il caso è stato fabbricato fin dall’inizio. Il polonio è stato scelto come veleno perchè viene prodotto soprattutto in Russia e quindi è facile attribuire la responsabilità a quel Paese. L’operazione è stata fatta per discreditare Putin e per destabilizzare la Russia, che sta cercando di bloccare gli interessi americani in Medio Oriente, soprattutto in Siria”.
Nelle dichiarazioni di Barril fa capolino il nome di un altro finanziere, William Browder, in stretti rapporti con Berezowsky.

Nomi, indizi, piste. Su cui la magistratura dovrebbe far luce. Ma quale? Quella londinese, che ha già fatto flop? Il Supercop francese suggerisce di affidare le indagini ad un investigatore super partes, una sorta di 007 in toga. E fa il nome di Carla del Ponte, il magistrato italo-svizzero per anni impegnato in delicate inchieste sul fronte del riciclaggio internazionale, fianco a fianco, a fine anni ’80, con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e poi super toga al tribunale dell’Aja per combattere i crimini contro l’umanità.

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A corroborare la “pista italiana” interviene giornalista-scrittore William Dunkerley, autore di due volumi proprio sul giallo russo-britannico, “The Phony Litvinenko Murder” e “Litvinenko Murder Case Solved”.
“I miei due libri dice sono dedicati proprio all’Italian connection. Però non sono in grado di confermare che le persone di cui parlo io e quelle di cui parla Barril siano le stesse”.
E prosegue:
“la Gran Bretagna ha accusato due russi di aver avvelenato Litvinenko. Ma i magistrati inglesi non sono riusciti a provare le loro accuse, arrivando solo a sostenere che ‘nutrivano gravi sospetti’”. Alla fine tutto si è sgonfiato come un palloncino. Poi conclude: “Adesso, alla luce di queste rivelazioni, il caso Litvinenko assume nuove proporzioni. Non si tratta più solo di un cold case o di un giallo lungo dieci anni. Ma di una vicenda che può assumere i contorni di una clamorosa provocazione geopolitica che rischia di far collassare gli equilibri internazionali. Ora che la campagna per le presidenziali Usa si fa incandescente, mi chiedo se nessun candidato abbia mai affrontato, o solo preso in esame, il tema dell’Operazione Beluga”.
La Voce ha più volte scritto sul giallo Litvinenko, ottenendo, con un suo articolo del 2008, il premio Saint Vincent per il giornalismo d’inchiesta (in basso il link dell’articolo).

Così ricostruisce Wikipedia. “Mario Scaramella è un faccendiere italiano salito alla ribalta nel 2006 in seguito all’avvelenamento dell’ex agente russo Alexander Litvinenko, vicenda collegata alle indagini della Commissione parlamentare d’inchiesta concernente il ‘dossier Mitrochin’ e l’attività d’intelligence italiana, per la quale ha prestato consulenza.
(…) Il 1 novembre 2006 Scaramella ha avuto un incontro con l’ex agente russo dell’FSB Litvinenko per un pranzo presso Itsu, un ristorante di sushi a Piccadilly (Londra). Litvinenko sarebbe morto per avvelenamento da polonio 210 due settimane dopo. Scaramella ha poi dichiarato di non aver mangiato nulla e di aver bevuto solo acqua nel corso dell’incontro. Secondo La Repubblica, in una dichiarazione al Giornale radio, Yuri Felstinski, esule russo e amico di Litvinenko, sostenne che l’ex spia sospettava di essere stato avvelenato da Scaramella”.

Paolo Guzzanti
Paolo Guzzanti
Prosegue la ricostruzione made in Wikipedia. “Litvinenko avrebbe ottenuto da Scaramella due e-mail contenenti dei nomi di possibili bersagli dei servizi russi, tra cui gli stessi Litvinenko e Scaramella, il senatore Paolo Guzzanti e l’oligarca Boris Berezovskij. Il 1 dicembre Scaramella è stato trasportato all’University College Hospital di Londra per sospetta contaminazione da polonio 210, la stessa sostanza con cui è stato avvelenato Litvinenko. Nonostante Scaramella inizialmente avesse negato di essere contaminato, il suo avvocato ha affermato nello stesso giorno che non sarebbero state rilasciate dichiarazioni fino al completamento delle analisi. Una stanza dell’Ashdown Park Hotel di East Grinstead, nel Sussex, dove Scaramella avrebbe soggiornato durante la permanenza nel Regno Unito, è stata isolata per il rischio di possibili contaminazioni”.

Così conclude il suo report Wikipedia: “il 3 dicembre Guzzanti (l’allora presidente della commissione Mitrochin, ndr) e Scaramella hanno affermato che la dose di polonio trovata nel corpo dello stesso Scaramella sarebbe stata tale da ucciderlo. Guzzanti ha riferito in proposito alla Reuters: ‘hanno anche detto che, per quel che è noto, nessuno potrebbe mai sopravvivere a questo veleno, perciò è molto improbabile che ci riesca’. Tuttavia, secondo le autorità inglesi Scaramella, pur venendo contaminato, non sarebbe mai stato in pericolo di vita. Appena tre giorni dopo le citate dichiarazioni di Guzzanti, Scaramella è stato dimesso dall’University College Hospital poiché gli ultimi esami non avevano più rilevato alcuna traccia di avvelenamento”.

Non sarebbe il caso, dopo le clamorose rivelazioni di Paul Barril, che l’Alta Corte di sua Maestà britannica riapra il caso? Che il presidente sir Robert Owen possa poi pronunciarsi alla luce di alcune novità nel frattempo emerse?

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