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giovedì 19 novembre 2015

Mossad, l'«Istituto» un mito costruito sui cadaveri

di Maurizio Matteuzzi
19/02/2010

MOSSAD Una mega-agenzia di 1200 uomini. L'«Istituto» è per Israele quello che la «Compagnia» è per gli Stati uniti. 
Uno è il Mossad e l'altra è la Cia. Uno è l' Institute for Intelligence and Special Tasks (in ebraico ha-Mossad le-Modi'in ule-Tafkidim Meyuhadim), l'altra è la Central Intelligence Agency. 
Stessa storia di operazioni coperte, la maggior parte e di operazioni aperte in minima parte. 
La regola aurea è né conferme né smentite. Anche se alcune delle operazioni dell' «Istituto» sono finite in fiaschi, il Mossad è un mito indiscutibile. E gli errori (come la «Operazione Lillehammer» in cui nel '73 agenti del Mossad, forniti di passaporti canadesi, assassinarono in quella città della Norvegia un povero cameriere marocchino, Ahmed Bouchiki, scambiato con Hassan Salameh, il capo del commando palestinese responsabile della strage degli 11 atleti israeliani nelle olimpiadi di Monaco-72), nel clima di impunità garantito, sono stati messi a tacere dopo qualche «incidente diplomatico» presto dimenticato. 

Il Mossad naque il 13 dicembre '49, come «Central Institute for Coordination», su suggerimento di colui che ne sarebbe stato il primo direttore, Reuven Shiloah, al primo ministro David Ben Gurion, con l'obiettivo di coordinare la cooperazione fra le altre branche dei servizi israeliani, lo Shin Bet (il servizio segreto interno) e l'Aman (l' intelligence militare). Da allora il Mossad ha avuto mano mano libera, al di fuori di ogni controllo e al di sopra di ogni critica. Deve rispondere solo e esclusivamente al primo ministro, cui spetta la nomina del direttore. I suoi 1200 uomini (cifra stimata) sono divisi in 8 dipartimenti. Fra cui quello per la raccolta dei dati, quello per l'azione politica e di collegamento, quello per la guerra psicologica, quello per la ricerca dei dati, quello tecnologico per la messa a punto delle tecnologie avanzate da mettere a disposizione dell'ultimo e più famoso, la «Special Operation Division», o «Metsada» in ebraico, quello a cui sono affidate le missioni più «sensibili» e segrete condotte dai «katsa», gli agenti operativi sul campo e portate a termine dai «kidon» (baionetta, in ebraico), i killer dell' «Istituto»: «assassinii mirati» (condannati da Onu e Amnesty come «esecuzioni extra-giudiziarie), sequestri, sabotaggi, torture, azioni paramilitari e guerra psicologica. 

In questi 60 anni, la lista delle operazioni del Mossad quelle certe, quelle probabili, quelle possibili, quelle «né confermate né smentite» è quasi infinita, come la striscia di cadaveri che di cui è lastricata la sua storia, e si spande nei quattro angoli del mondo senza badare a confini geografici e rapporti diplomatici.

Ricordiamone alcune, alla rinfusa. Nel febbraio '56 entrò anticipatamente in possesso di una copia del rapporto di Krusciov sui crimini di Stalin e lo passò a Washington che lo pubblicò provocando un forte imbarazzo a Mosca: uno scoop che ingigantì il prestigio del Mossad. 

Nel '60 un'altra buona azione: il sequestro in Argentina del criminale nazista Adolf Eichmann (purtroppo fallì la cattura di Adolf Mengele). 

Sul fronte Europa: in Belgio nel '90 fu ucciso Gerald Bull, un ingegnere canadese, esperto di balistica, che lavorava per l'iracheno Saddam. 

Nel '72, '73,'79, '80, '92 «assassinii mirati» di palestinesi a Parigi. 

Nel '68 l'«Operazione Plumbat» in Germania: una nave tedesca carica di yellowcake sparita mentre era in navigazione da Anversa e Genova (lo yellowcake serviva per costruire le atomiche nei laboratori israeliani di Dimona). 
Un'operazione che ricorda fin troppo da vicino il caso della Artic Sea, il cargo, che forse trasportava missili russi verso l'Iran, sparito l'estate scorsa nel Baltico e ritrovato (vuoto) al largo di Capo Verde.

A Roma l'assassinio di Wail Zweiter nel '72 e il sequestro (con la complicità dei servizi poi della magistratura italiani) del tecnico nucleare israeliano Mordechai Vanunu. 

Sul fronte Medio Oriente l'elenco è sterminato: in Egitto, l'affare Lavon, «Operazione Susannah» («The Unfortunate Affair») nel '54 e il caso della spia Wolfgang Lotz del '65. 

In Libano l'assassinio di Hassan Salameh, nel '79, e quello del poeta palestinese Ghassan Kalafani nel '72. 
In Siria il caso  della spia Eli Cohen (finito male: impiccato nel '65) e l'assassinio a Damasco di uno dei leader degli Hezbollah libanesi, Imad Mughniyah, nel 2008. 

Nei Terrirori palestinesi, la «Operazione Collera di Dio» che eliminò uno a uno i componenti del commando palestinese di Monaco-72; nel 2005 l'assassinio mirato» a Gaza dello sceicco Ahmed Yassin, leader spirituale di Hamas. 

In Giordania dell'«amico» re Hussein, nel '97 il tentativo di uccidere del laeder dell'ala armata di Hamas, Khaled Mashal (anche questo finì male: i due agenti del Mossad, dotati di passaporti canadesi, furono arrestati). 

In Iraq la partecipazione ai preparativi del bombardamento aereo del reattore nucleare di Osirak nell'81. 

In Africa: l'assassinio del n.2 dell'Olp, Abu Jihad, nell'88 a Tunisi; nell'84 in Etiopia l'organizzazione dell' «Operazione Moses», il trasferimento in massa dei falashas (i presunti ebrei neri etiopici).
In Uganda nel '76 l'intelligence che portò alla soluzione del sequestro dell'aereo preso dai palestinesi nell'aeroporto di Entebbe.
In Marocco, la (probabile) partecipazione al rapimento del generale Ben Barka (successivamente assassinato a Parigi nel '65 dai servizi marocchini). 

In Iran uno dei capitoli più neri: la creazione nel '57 e poi la collaborazione stretta con la Savak, la selvaggia polizia segreta della scià di Persia (e ora, a quanto si dice, tocca agli scienziati nucleari iraniani a far da bersagli).

In Asia: l'accordo nel 2003 con il dittatore Zia ul-Haq per stabilire contatti fra il Mossad e l'Isi, i servizi pakistani (amici dei taleban...). 

Fino all' Oceania: nel 2004 il tentativo di due spie del Mossad di ottenere passaporti intestati a disabili neo-zelandesi (che finì male: arrestati e sanzioni di Wellington)... 

Senza parlare del mistero, mai chiarito, della morte di Yasser Arafat, per un misterioso avvelenamento, nel 2004 a Parigi.

Fonte Il Manifesto

Update
Morte sospetta di Arafat, conferma dagli esami:
"Avvelenato col polonio"
Roma, 6 novembre 2013 - Gli studi condotti dagli esperti svizzeri hanno scoperto livelli di polonio almeno 18 volte superiori lla norma nelle costole e nel bacino di Yasser Arafat, nonché nel terreno che ha accolto i suoi resti. E' quanto riporta oggi la rete televisiva Al Jazeera, precisando che secondo gli studiosi svizzeri questi dati sono compatibili con la teoria del presunto avvelenamento del leader palestinese, morto nel 2004 in un ospedale militare francese.
L'ex presidente palestinese Yasser Arafat, morto nel 2004. L'autopsia non fu eseguita e ora le analisi svelano ciò che molti sospettavano (REUTERS / LOAY ABU HAIKEL)

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