Descrizione

La storia ha due volti: quello ufficiale, mendace e quello segreto e imbarazzante, in cui però sono da ricercarsi le vere cause degli avvenimenti occorsi” - Honorè de Balzac -

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano !" - Isaac Newton -

Contra factum non valet argumentum”

lunedì 9 novembre 2015

La mia Lotta contro gli Ebrei - My Struggle against the Jews, by Eustace Mullins

Eustace Mullins

L'incredibile storia dell'autore e della scrittura del libro "I Segreti della Federal Reserve", amico del poeta Ezra Pound. Per chi non conosce i meccanismi del potere, soprattutto americani, sono uguali dappertutto, magari più attenuati, le sanzioni sono la loro specialità, chi gli si è messo contro ha smesso di lavorare, se non peggio.

Nota in america la connivenza con l'FBI e anche con la CIA, i corsi di aggiornamento li fanno loro, noto un caso nel corso di una indagine sul dossieraggio praticamente di tutti gli americani, in California la sezione locale dell'FBI si rifiutò di fare la perquisizione nella sede dell'ADL locale, dovetta farla una sezione di un'altra città. Le liste di prescrizione le fanno anche in Italia, famosa questa vicenda : In seguito alla pubblicazione di "Viva Israele", più di 200 intellettuali, scrittori e insegnanti hanno firmato una lettera aperta, inviata al settimanale «Reset», di condanna alla "lista di proscrizione" di "odiatori di Israele" redatta da Allam all'interno del suo libro, il tutto è anche riportato su wikipedia, se le fa qualcun altro nei loro confronti però viene processato con il beneplacito di chiunque e coperto di vergogna e additato come razzista, ma : Il migliore dei non ebrei merita di essere ucciso. Razzismo e rabbinato contemporaneo. Chi è il razzista ? E' la "nuova inquisizione" del "pensiero unico", la legge non è uguale per tutti..

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Eustace Mullins descrive la sua vittimizzazione per mano degli ebrei e la sua stretta e personale amicizia col poeta perseguitato Ezra Pound.

“Chiunque sia stato vittima degli Ebrei non deve rimanere sconosciuto. E chiunque sia stato vittima degli Ebrei non rimarrà invendicato”. 
- Eustace Mullins -
"La mia vita verrà giudicata meritevole nella misura in cui essa sarà servita agli altri !"
Per questo motivo desidero raccontare le cose che mi sono successe nella lotta da me intrapresa contro le forze dell’oscurità. E’ mia speranza che altri vengano preavvisati su ciò che c’è da aspettarsi in questa battaglia.

Durante gli ultimi trent’anni di questa lotta, molti dei grandi patrioti che mi diedero istintivamente la loro preziosa assistenza e ispirazione, erano a loro volta pesantemente immobilizzati dalle trame del Giudaismo internazionale. Essi comunque considerarono le loro perdite relativamente non importanti se confrontate con le sofferenze dei popoli Gentili (cioè non ebrei, ndt.) che sono stati schiavizzati dagli Ebrei.

Fra l’altro, potrebbe sembrare un inutile piagnisteo quando racconto dell’omicidio dei miei genitori da parte di agenti governativi che lavoravano per gli Ebrei e che volevano vendicarsi di me per il mio lavoro; ma non quando consideriamo che 66 milioni di Cristiani sono stati uccisi nei campi di concentramento russi dal 1917, tutti assassinati dai Comunisti Ebrei che costruirono e gestirono questi campi. (Le ultime cifre ufficiali sulle purghe di Stalin gli assassinati ammontano a 85 milioni NdR)

Questi milioni giacciono senza nome e senza essere pianti. Ma essi non furono meno vittime degli Ebrei di quanto lo furono i miei genitori – oppure molti altri americani i cui sacrifici sono rimasti sconosciuti da coloro che sono i prossimi sulla lista di morte.

Divenni l’oggetto dell’odio Ebraico per motivi che andavano in una precisa direzione. Successivamente diventai il pupillo di George Stimpson, il giornalista più rispettato a Washington che fondò il National Press; e di Ezra Pound, il famoso poeta; e di H.L. Hunt uno degli uomini più ricchi del mondo.

Di questi tre solo Ezra Pound combatté apertamente gli Ebrei e ne soffrì tantissimo, trascorrendo tredici anni in un orrendo manicomio che puzzava di urina a Washington D.C.

George Simpson mi confidò molti dei segreti di Washington, incluso il fatto che Felix Frankfurter fondò la cella comunista Harold Ware e il controllo Ebraico su J. Edgar Hoover e l’FBI. H.L. Hunt lottò valorosamente per preservare il valori della civiltà Cristiana, ma non fu in grado di usare il suo denaro in modo efficiente in una battaglia nella quale non aveva alcuna esperienza.

Mi recai a visitare Ezra Pound varie volte nella cella nella quale venne tenuto come prigioniero politico e che lui definiva, a ragion veduta, come “il buco infernale”.

"Ezra Pound 

Nel 1942 quando mi arruolai nell’Aviazione degli Stati Uniti, non avrei mai immaginato che 36 anni dopo sarei stato ancora impegnato in una lotta di vita o di morte con un nemico forte e implacabile.

Consideravo la Seconda Guerra Mondiale come un vuoto inevitabile nella mia carriera di artista e scrittore. La guerra sarebbe finita in un paio d’anni ed io sarei potuto tornare a scrivere i libri che avevo già iniziato. Non avevo nessuna voglia personale di “prendere a schiaffi i Giapponesi” o di “abbattere gli Unni” o di credere agli slogans da mondo delle canzonette che gli Ebrei avevano rievocato per portare al macello la mandria dei Gentili.

Come molti dei miei commilitoni, avvertivo che il nemico non era oltremare, ma se ne stava rintanato qui in casa nostra. Ma sempre come i miei commilitoni, sapevo che c’era ben poco che avrei potuto fare. Circa un anno dopo lessi del materiale che mi diede un illuminazione.

Per quanto possa sembrare incredibile oggi, durante il corso della guerra, c’era più divulgazione di materiale patriottico sulla cospirazione Ebraica di quanto ce ne sia al giorno d’oggi. Molti patrioti impegnati gettavano via piccoli fogli dove erano stampati i fatti scottanti. Avevano imparato da tempo come sopravvivere alle vessazioni giornaliere degli agenti dell’FBI, degli agenti dell’ADL e a molte altri guardiani del “fronte interno”. Spesso venivano denunciati dalla stampa prezzolata.

Dopo aver letto di questi attacchi isterici, inviai a Gerald L.K. Smith 25 Dollari per del materiale. All’epoca si trattava di una grossa somma in quanto la mia paga era soltanto di 50 Dollari al mese. Per posta ricevetti un grosso plico contenente varie centinaia di copie di “The Cross and the Flag“ (La croce e la bandiera).

Fu il primo materiale che mi era capitato sul problema Ebraico. Conteneva molte rivelazioni sbalorditive.

Mi accorsi subito che questo non era il genere di materiale di cui parlare nelle normali discussioni da caserma. Diversi soldati avevano affermato di essere degli informatori all’interno della caserma. Sebbene non avessi collegato la cosa, in quasi tutte le caserme si poteva trovare un odioso Ebreo, di solito con l’accento di Brooklyn. Non mi è mai capitato di vedere che questi Ebrei fossero così malevoli da spingere gli altri soldati a fare dichiarazioni antisemite. E nemmeno mi sono mai accorto che questi Ebrei di Brooklyn fossero diplomati di liceo.

A quell’epoca chiunque avesse un trascorso liceale gli veniva ordinato di mettersi in lista per la Scuola Ufficiali. Non mi resi conto che questi Ebrei di Brooklyn rimasero con le reclute di leva per subdole ragioni. Questo genere di supervisione politica delle truppe è assiomatico nella strategia comunista. Ma fu meticolosamente rispettata nelle forze armate americane durante la Seconda Guerra Mondiale. Nelle zone di guerra, gli ufficiali e le reclute che avevano precedentemente espresso dubbi circa la bontà della crociata di Roosevelt per salvare il comunismo, venivano uccisi con un colpo alla schiena dagli stessi agenti del controspionaggio che li avevano seguiti nelle linee del fronte.

Mentre il Generale Eisenhower veniva comodamente messo al sicuro col suo “autista” del Servizio Segreto Britannico, Kay Summersby, le vere decisioni venivano prese dal suo Ufficiale di Collegamento, Capitano Warburg dell’istituto bancario Kuhn and Loeb, un’istitituzione Ebraica.

Il controllo comunista sull’esercito degli Stati Uniti venne a galla durante la Seconda Guerra Mondiale con la nomina del Generale George C. Marshall a Capo di Stato Maggiore. Come il Senatore Joseph McCarthy mise in evidenza più tardi, Marshall obbediva sempre alla disciplina del Partito Comunista. Questo non interferiva però con gli obiettivi del nostro sforzo bellico in quanto questi erano i medesimi sia per Washington che per i Marxisti: la totale sconfitta delle forze tedesche anti-comuniste. Nelle guerre di Corea e del Vietnam, la direttiva comunista delle nostre Forze Armate rimase la stessa, nonostante allora stavamo combattendo contro forze “comuniste”. Quando il Generale Douglas McArthur tentò di opporsi a questo tradimento comunista dei nostri uomini, fu messo da parte da David Niles, il comunista Ebreo che fu “assistente” del Presidente Truman.

Il comunista riconobbe che ci fu sempre un controllo comunista nell’ambiente militare. A Mosca e a Washington, ogni ufficiale risponde assolutamente all’attuale linea ideologica, indipendentemente da qualsiasi considerazione militare. Ciò fu recentemente dimostrato quando ad ogni ufficiale in servizio attivo fu ordinato di sostenere la cessione del Canale di Panama, mentre molti ufficiali a riposo si opponevano apertamente. Vengono prese le misure più severe per assicurarsi che nessun ufficiale possa formare un gruppo di discussione e forse agire contro l’alto tradimento dei suoi superiori. Quando il Comandante George Lincoln Rockwell arrivò al Pentagono, ci fu costernazione in tutto l’alto comando. Al primo segnale di qualsiasi discorso patriottico o di indipendenza da parte di qualsiasi ufficiale, i media controllati dagli Ebrei si mettono a urlare di “Fascismo” e il colpevole viene velocemente neutralizzato.

Dopo aver ricevuto la consegna delle riviste di Smith, le distribuii nelle sale di ricreazione per vedere chi le avrebbe lette. Il giorno dopo feci il giro delle sale di ricreazione per vedere se qualcuno le stava leggendo e anche per attaccare discorso. Ogni rivista era sparita. Non ne vidi mai una copia mentre rimasi alla base.

Pare sia stato seguito e che le riviste fossero state raccolte subito dopo averle lasciate.

Nei miei restanti anni di servizio militare, non conobbi nessuno con forti opinioni politiche. Le mie opinioni personali erano quelle di qualsiasi giovane di quel periodo, difficilmente impegnato in una qualsiasi ideologia forte. Dopo la guerra mi iscrissi alla Washington and Lee University, con l’intenzione di studiare legge. Dopo due anni decisi che dovevo fare arte e mi iscrissi all’Istiuto di Arti Contemporanee a Washington D.C. La scuola aveva i soliti tipi bastardi nel suo corpo studenti ed un numero di ardenti comunisti fra il personale. Ma attrasse molti degli scrittori importanti come oratori. Come altri, in mezzo a dieci milioni di veterani, il mio principale cruccio era di continuare la mia carriera e non avevo una gran preoccupazione per la politica.


Da un giorno all’altro la mia mancanza di preoccupazione cambiò.

Uno dei miei insegnanti dell’Istituto aveva reso visita a Ezra Pound. Un pomeriggio mi chiese di accompagnarlo, una proposta che mi metteva piuttosto a disagio. Pensavo fosse improbabile che un uomo che aveva pubblicato T.S. Eliot e Ernest Hemingway avrebbe avuto interesse a parlarmi. Ma accettai.

Nel momento in cui entrai nella tetraggine del manicomio, la mia compiacenza di prima svanì e non sarebbe più ritornata.

Mi accorsi improvvisamente che un grande scrittore era stato punito con la condanna in un manicomio, solo per le sue opinioni politiche. In un istante, Pound riempì il vuoto ideologico nella mia vita. Non sarei mai più stato in silenzio davanti all’ingiustizia.

Il famoso poeta americano era stato condannato per tradimento per aver rivelato, durante trasmissioni radiofoniche, che la Seconda Guerra Mondiale era stata iniziata dall’Ebraismo Internazionale per perseguire i suoi obiettivi di dominio mondiale. Venne tenuto 13 anni in un ricovero per pazzi in una cella fradicia di urina,  e che ha giustamente definito "l'inferno", all’inizio in regime di isolamento e obbligato ad indossare una camicia di forza. Solo molto tempo dopo gli venne permesso di ricevere visite come quella di Mullins.

Ezra Pound
Pound a quanto pare mi considerava come uno spirito affine e mi propose di concedermi “il mio giorno personale”, cioè un pomeriggio per fargli visita da solo ogni settimana. Accettai. In un attimo arrivò la settimana successiva, lui mi aspettava con cibo, incarichi di ricerca e commissioni da fare.

Poco dopo tirò fuori il sistema della Federal Reserve del quale non avevo mai sentito parlare. Da quel giorno ebbi un bel da fare. La sua preoccupazione per il suo paese era stata descritta in modo appropriata da Charles Dickens nelle sue “American Notes” (appunti americani), scritte un secolo prima ! : 
“Temo che il colpo più pesante che verrà sferrato alla libertà, verrà sferrato da questo paese, nel fallimento del suo esempio nel mondo”.
La perdita di libertà in America, che sta avvenendo sotto i nostri occhi, significa che l’autocrazia verrà insediata in tutto il mondo e che la libertà che era nostra agli albori non sarà mai conosciuta dalle future generazioni. Olga Ivinskaya, una scrittrice russa, scrive dei suoi anni trascorsi in un campo di prigionia sovietico:
"Sanagian (una prigioniera) aveva raccontato la storia della sua vita nella sua goffa e discontinua calligrafia. Proveniva da una famiglia della classe operaia e sue padre, morto da molto tempo, aveva preso parte alla rivoluzione nel 1917, per questo lei accumulava imprecazioni sulla sua memoria".
Nelle solite fesserie sugli aristocratici non smettiamo mai di pensare che fu la classe operaia russa, e non gli aristocratici, ad essere schiavizzata dalla Rivoluzione Comunista. Così come in questo paese sono i banchieri, gli intellettuali e gli industriali Ebrei ad essere in prima linea nella battaglia per schiavizzare tutti gli americani e portare via per sempre la loro libertà. 
Se permettiamo questo, le future generazioni nei campi di concentramento inizieranno i loro giorni non con le preghiere ma con le maledizioni sulla nostra memoria.
Presto iniziai a far visita a Ezra Pound ogni giorno, un’abitudine che mantenni per tre anni. In quel periodo ero ben preparato in ogni aspetto sulla cospirazione Comunista Internazionale. Pound mi disse:
“ti sto dicendo cose che non conoscevo fino all’età di 50 anni. Tu hai 25 anni il che significa che hai un vantaggio di 25 anni per poter fare qualcosa”.
Quando mi recai a New York, i banchieri di Wall Street mi dissero :
 “Io c’ero durante la crisi ma non sapevo che cosa stava succedendo finché non ho letto il vostro libro
Spiegai che ebbi il vantaggio dell’esperienza di Pound e il suo accesso a parecchie informazioni in Europa che erano già state censurate negli Stati Uniti.

Per mantenermi mentre scrivevo la storia del sistema della Federal Reserve, ottenni un lavoro alla Libreria del Congresso come addetto agli scaffali. Era lo stesso lavoro svolto da J. Edgar Hoover per diversi anni mentre completava gli studi in legge al corso serale della George Washington University.

Alcune settimane dopo, poiché avevo fatto studi avanzati di fotografia presso l’Istituto, fui trasferito al Dipartimento della Fotografia. Nei vari mesi successivi ricevetti altre due promozioni in quanto avevo studiato con uno dei migliori fotografi giapponesi. In quei mesi riuscii a vedere Pound solo nei fine settimana e lui mi consigliò di mandare alcuni dei miei scritti al “The Social Creditor”, un piccolo settimanale pubblicato in Inghilterra. Inviai loro alcuni articoli che furono pubblicati ed ebbero commenti entusiasti.

SPEDIRE WEB

Un giorno, mentre mi recavo al National Press Club a pranzo con George Stimpson, un uomo davanti alla porta distribuiva copie di “Common Sense”. Ne mostrai una a Pound, un numero contenente il testamento di Hermann Goering. Mi consigliò di inviare loro degli articoli e loro pubblicarono alcuni stralci provenienti dalla ricerca della Federal Reserve.

Un pomeriggio un Ebreo venne alla Libreria del Congresso chiedendo di me. Fui mandato a chiamare nella stanza scura per vedere l’Ebreo che era una caricatura uscita dal giornale Der Stuermer. Cominciò subito a farmi delle domande dicendo che era stato mandato dal giornale “Common Sense”, e chiese :
“ Chi le passa questo materiale? Da dove vengono queste informazioni?”
Non volendo coinvolgere Pound, che rischiava sempre la possibilità che le sue visite giornaliere venissero cancellate e che venisse messo in isolamento, risposi che stavo facendo ricerche alla Libreria del Congresso. Era chiaro che non mi aveva creduto. Un goffo ragazzo di paese ben difficilmente poteva essere edotto sulle macchinazioni dei banchieri più segreti e più potenti del mondo !

Una squadra di agenti dell'FBI venne inviata alla Libreria del Congresso per interrogare chiunque avesse lavorato con me.

Il Senatore Herbert Lehman, dell’istituto bancario Lehman Brothers, e presidente nazionale della A.D.L. – Anti-Defamation League – (gruppo di pressione ebraico, ndt.) inviò la richiesta a Luther Evans, Bibliotecario del Congresso, che io fossi licenziato per via di un articolo che avevo scritto per la rivista Social Creditor.

La richiesta, scritta su carta intestata della ADL, era stata preparata dal funzionario dell’ADL Edelstein e firmata da Lehman senza averla letta, in quanto lui accettava qualsiasi cosa che Edelstein gli portava. L’articolo in questione rivelava che un certo Katz, amministratore del Piano Marshall, gestì la maggior parte dei materiali del Piano Marshall verso i paesi comunisti, anziché spedirli ai paesi non comunisti ai quali il Congresso li aveva destinati.
In altre parole, a causa delle trame ebraiche, il denaro destinato dal Congresso per aiutare i paesi non comunisti, fu segretamente dirottato ai paesi comunisti dove il solo beneficiario era l’Ebraismo internazionale. Fu naturalmente frode e peculato ad un livello inimmaginabile, paragonabile alla misteriosa scomparsa di 3 triliardi di Dollari quando il Rabbino Dov Zakheim era il responsabile degli affari finanziari al Pentagono nel 2001Nota di Lasha Darkmoon 
Comunque nessuno di loro osò sostenere pubblicamente la cosa poiché avrebbe svelato il fatto che gli Aiuti del Piano Marshall andarono ai comunisti.

Sebbene ancora non sapevo niente dell’ordine dato dall’ADL di licenziarmi, avevo avuto un precedente contatto col Senatore Lehman. Pound aveva visto un annuncio sul Washington Post che diceva che Lehman avrebbe parlato alla Howard University nell’interesse di un “autogoverno”, un piano per strappare il controllo del Distretto di Columbia dalle mani di un gruppo di uomini d’affari bianchi per passarlo a dei neri. La Howard University era la scuola di addestramento comunista di Ralph Bunche e di molti altri neri marxisti. Tramite la forte influenza di Eleanor Roosevelt (moglio del Presidente, ndt.), fu l’unico college negli Stati Uniti il cui intero budget era finanziato dal Governo Federale.
Pound disse che Lehman, un classico Ebreo degenerato, aveva un tic nervoso e aggiunse che sarebbe stato divertente vederlo in azione.

Quando io e David Horton arrivammo all’auditorio della Howard University, trovammo un gruppo di neri, otto o dieci, a rappresentare il pubblico per l’augusto senatore. Seccato dallo scarso pubblico, Lehman, rassomigliante ad un commerciante di abiti piccolo e tozzo, fece un breve discorso sull’autogoverno e poi diede il via alle domande.

Io e Horton ci alzammo subito in piedi e Horton chiese :
“ La Lehman Brothers considera il Distretto di Columbia un investimento sicuro ?” e io chiesi “ lei sosterrà Alger Hiss come primo sindaco di Washington ?”
Lehman, un Ebreo piuttosto stupido, fu completamente sconcertato dalle nostre domande.

Continuammo a fargli delle domande, mentre i suoi collaboratori, due giovani Ebrei da College cittadino, mostrarono i loro pugni nei nostri confronti.

Il famoso tic nervoso di Lehman fece la sua apparizione. Non era solo un tic all’occhio, ma l’intera parte sinistra del suo volto si contraeva spasmodicamente di continuo e con violenza.

Il pubblico di neri ci guardava di traverso e mormorava “vergogna!” Mentre i collaboratori di Lehman lo accompagnavano fuori.

Più tardi venni a sapere che nell'atrio della casa di Lehman a New York, una splendida statua del 14° secolo della Vergine Maria, saccheggiata da una delle Cattedrali Europee, era situata vicino alla porta. Per la gioia dei visitatori fu messa una sigaretta che pendeva dalle sue labbra.

L'idea di un giudeo della Santas Vergine Maria
Alcuni giorni dopo la nostra serata alla Howard University, mi fu consegnata la lettera di licenziamento da parte della Libreria del Congresso. Gli interrogatori della FBI non avevano portato a niente che potesse essere usato contro di me e avevano provocato commenti piuttosto rabbiosi fra gli altri impiegati. La lettera diceva che ero stato licenziato perché avevo scritto un articolo per il giornale Social Creditor. Mi fu data la possibilità di rivolgermi personalmente al Bibliotecario, cosa che feci. Nell’ufficio di Evans egli mi chiese :
“ Lei ha scritto questo articolo? “
“Sì“ – risposi – “Può provarmi che abbia detto qualcosa di male ?“
Evans rispose :
“Non sono competente di questo. Non dipende da me. Le sue dimissioni restano”.
“Ma io non sono un membro di alcun gruppo politico“ – protestai. “Non ho mai votato in tutta la mia vita. Lei ha molti membri del personale che sono attivisti di organizzazioni razziali militanti. Lei ha due impiegati che non fanno altro che stare tra gli scaffali a scrivere i numeri delle scommesse tutto il giorno. Perché proprio io ?”
Evans, che non mi guardò mai una volta negli occhi, aprì il primo cassetto in alto della sua scrivania dove intravidi una bottiglia mezza vuota di bourbon Country Gentleman. La guardò a lungo, si rivolse a me e disse: “Bene, è tutto”

La Library of Congress dove Eustace Mullins è stato impiegato
per breve tempo come addetto agli scaffali

IL MIO LAVORO SUCCESSIVO : 
Al Motor Club di Chicago divenni redattore della rivista Motor News con una tiratura di 250.000 copie. Nei due anni successivi accettai volontariamente compiti supplementari in qualità di redattore del “Industrial Editors News Service”, consulente alle pubbliche relazioni e organizzatore di eventi speciali. Ero stato al Club per due settimane e una settimana con un cassetto pieno di note del mio superiore James A. Bulger, che lodavano il mio lavoro e che mi ringraziavano dei miei nuovi programmi, quando, in un afoso pomeriggio d’Agosto, due uomini ben vestiti camminavano a grandi passi a fianco della segretario di Bulger, entrarono nel suo ufficio e chiusero la porta.

La sua segretaria che era un’amica, si rivolse a me e disse : “Mi chiedo di che cosa si tratta !” Io risposi che non gli avevo mai visti prima.

Gli uomini rimasero con Bulger per circa un’ora. Io potevo sentirli parlare con lui ma le loro voci erano basse. Alla fine chiamò la segretaria la quale entrò e ritornò fuori immediatamente consegnandomi un foglio piegato. Lo aprii e lessi :
“ Ha tempo cinque minuti per raccogliere le sue cose e andarsene dall’ufficio”.
La segretaria mi chiese : “Che cosa sta succedendo ?”

Vidi le lacrime che le scendevano dal viso. Le mostrai il foglio.
“So che cosa contiene“ – disse – “ma che cosa sta accadendo ? Il Sig. Bulger è malato, dobbiamo aiutarlo – quegli uomini !“
Lei si girò e andò verso il bagno.

Io misi alcune note personali in una busta e lascia l’ufficio.

Quella sera la segretaria di Bulger mi chiamò a casa. Mi disse che i due uomini erano agenti della FBI e che quando chiesero che fossi licenziato, Bulger rifiutò nettamente. Ciò era comprensibile perché facevo il lavoro di quattro persone. Poi iniziarono a minacciarlo per circa un’ora. Aveva avuto cinque attacchi cardiaci negli anni precedenti . Cominciò a contorcersi dal dolore e pregò quegli uomini di lasciarlo chiamare il medico.
“ Certamente“ – rispose uno degli uomini – “non appena avrà licenziato Mullins”.
Bulger fu allora costretto a scrivere quelle righe.

Dopo che lasciai l’ufficio, gli agenti della FBI accompagnarono Bulger dal dottore e poi lo portarono a casa dopo averlo avvisato di non dirmi ciò che era accaduto o di ridarmi il lavoro.

L’essere licenziato dal Chicago Motor Club fu il più grande trauma della mia vita e questo è stato certamente l’obiettivo delle vessazioni della FBI. All’età di 35 anni ero stato uno dei più attivi consulenti di pubbliche relazioni a Chicago, pranzando nei migliori ristoranti con i dirigenti di spicco della città. Ora mi trovavo invece per strada senza prospettive.

Però pensavo che con i miei contatti avrei potuto trovare un altro lavoro nelle pubbliche relazioni. Dopo alcune settimane fui sorpreso del fatto che dopo ogni colloquio non ricevevo più notizie. Gli amici al Motor Club allora mi dissero che in seguito alle pressioni dei membri Ebrei del Club, Bulger diceva a chiunque chiedeva delle referenze, che io ero un noto criminale che era ricercato in vari stati. Una cosa che non scrisse mai di suo pugno ma che divulgava solo via telefono, su istruzioni di un Ebreo che era il consulente legale del Club. Da quando fui licenziato dal Chicago Motor Club nell’Agosto del 1958, non ho mai più potuto trovare un impiego professionale.
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Dopo varie settimane mi resi conto che sarebbe stato improbabile per me trovare un lavoro a Chicago. Iniziai a lavorare su un libro di Friedrich Nietzsche e mentre facevo delle ricerche alla Newberry Library, trovai un sacco di materiale sulla vita di Ezra Pound. Gli scrissi proponendogli di scrivere la sua biografia. Mi rispose subito dicendo che mi stava aspettando per farlo e che io sarei stato il suo solo biografo autorizzato.

Chiesi allora a Henry Regnery se poteva darmi un anticipo su questo libro. Rispose che non poteva sebbene fosse proprietario della più grande fabbrica di tendine avvolgibili al mondo, di una banca e altre proprietà, del valore di 80 milioni di Dollari.

Disse comunque che H.L. Hunt aveva bisogno di qualcuno per pubblicare un libro. Chiamai Hunt e lui fu d’accordo di pagarmi 100 Dollari a settimana. Dissi che non potevo vivere con quella somma. In effetti vivevo con 35 Dollari a settimana. Allora Hunt mi propose di vivere nella sua casa. A quell’epoca Hunt guadagnava 10 milioni di Dollari a settimana ed aveva accumulato una fortuna di 3 miliardi di Dollari.

H.L. HUNT, Giocatore e magnate del petrolio.
Nel 1957 è stato l'ottavo uomo più ricco in America
Arrivai alla casa di Hunt a Dallas con una valigia malconcia e una vecchia Plymouth, acquistata un anno prima per 100 Dollari con l’intera parte davanti ammaccata.

Hunt e io stabilimmo subito dei rapporti amichevoli in quanto, anche lui, aveva vissuto per anni con una valigia, viaggiando nell’entroterra del paese a prendere le concessioni petrolifere che furono la base della sua ricchezza. Io risiedevo nella sua migliore stanza degli ospiti, che era sempre stata occupata in precedenza dal Senatore Joseph McCarthy quando venne a Dallas. Hunt io ci mettemmo comodi a lavorare sul libro “Alpaca”.

Dopo vari mesi di intenso lavoro, il libro fu completato ed io iniziai a non avere tregua. A quel tempo Hunt mi aveva sistemato in un ufficio vicino al suo e tutte le volte che qualcuno lo chiamava, lui diceva: “Perché non ne parla con Mullins ?“ Mi accorsi che mi stava solamente usando come filtro, ma per uno scrittore senza un centesimo era una situazione lusinghiera essere conosciuto come l’assistente privato dell’uomo più ricco del mondo.

Iniziai a rendermi conto che dovevo ritornare a lavorare sulla biografia di Pound, e un pomeriggio, gli dissi che dovevo ritornare a Chicago. Ne fu totalmente sorpreso e vidi che era ferito e deluso dalla mia decisione. Tuttavia l’ho sempre ricordato con affetto e ammirazione e mi era sembrato ben disposto nei miei confronti in successive occasioni quando gli parlai a Dallas e a New York.


Sebbene non ne sapevo niente a quell’epoca, il mio collegamento con H.L. Hunt aveva spinto gli Ebrei ad una furiosa campagna di “vessazioni” nei confronti dei miei genitori. I cospiratori erano terrorizzati che Hunt potesse finanziare le mie pubblicazioni o un’organizzazione politica, nonostante in quel periodo non avevo nessuna organizzazione alla quale egli avrebbe potuto dare soldi.

Sapeva che mio padre aveva avuto un grave attacco coronarico nel 1956 ma fu solo negli anni successivi che l’attacco si era ripetuto in seguito ad una serie di violenti interrogatori da parte degli agenti dei reparti di controspionaggio dell’esercito. Mia madre mi disse che questi erano determinati a far rivelare a mio padre i nomi delle persone che finanziavano i miei viaggi e i miei scritti. Poiché nessuno mi aveva dato un centesimo, non c’era niente che lui poteva dire ma loro rifiutavano di credergli.

Sapendo che aveva i Mercoledì pomeriggio liberi dal negozio dove lavorava, due agenti lo aspettarono nella sua macchina. Lo obbligarono a salire, lo portarono sulla cima di una montagna dei dintorni e lo interrogarono per diverse ore dicendogli che lo avrebbero buttato giù da quella montagna. Ad un certo punto cercò di fuggire dall’auto. Gli agenti lo colpirono a pugni facendolo svenire, lo riportarono indietro al negozio e lo lasciarono all’interno dell’auto parcheggiata. Alla fine rinvenne e andò a casa. Il giorno successivo ebbe un grave attacco cardiaco dal quale non si riprese mai completamente.

I miei genitori non osarono mai raccontarmi questi dettagli, volendo proteggermi, in quanto sapevano che avrei ucciso qualcuno per queste atrocità. Comunque sapevo che erano stati interrogati e scrissi al Segretario della Difesa. Ricevetti una risposta che ammetteva che mio padre era stato interrogato e dando i nomi dei due uomini che lo avevano fatto. Alcune settimane più tardi, tentai di contattare questi uomini a Washington. Mi fu detto che erano stati inviati in missione a Guam e che l’aereo era precipitato e che erano tutti morti. La lettera con i nomi di questi uomini da allora scomparve dalla mia documentazione.

Mentre ero con H.L. Hunt a Dallas, la FBI iniziò a far visita ai miei genitori. I loro telefono era sotto controllo e ricevevano telefonate minacciose durante la notte. Le vessazioni e la brutalità di questa campagna era mirata esclusivamente a provocare in me qualche azione drastica. Io provengo da gente di montagna e non dimentichiamo mai un’offesa anche se ci vogliono 50 anni per compiere una vendetta. Il mio atteggiamento rimase controllato solo perché i miei genitori si rifiutavano di farmi sapere cosa stava loro accadendo, così la provocazione della FBI-ADL fallì.

La loro campagna venne comunque intensificata ed una sera del 1961, mio padre, le cui condizioni cardiache si erano costantemente aggravate per via di questa persecuzione, ricevette una telefonata da un noto provocatore della FBI:
“Abbiamo appena diramato un allarme nazionale per arrestare suo figlio.”
Mio padre mise giù il telefono. “Sono riusciti a prenderlo” disse a mia madre e collassò.

Fu portato all’ospedale dove morì per arresto cardio-circolatorio.

Passarono più di tre anni prima che mia madre mi raccontasse cosa era accaduto.

Ovviamente non c’era mai stato un allarme nazionale poiché non sono mai stato arrestato da nessuno.

Lettera di Eustace Mullins a
J. Edgar Hoover, 5 giu 1966
Nel “La mia Vita in Cristo“ accusai apertamente Lyndon Johnson, che era allora il Presidente americano, di aver assassinato mio padre, sebbene egli avesse agito per conto di Herbert Lehman, l’Ebreo che lo aveva sostenuto la sua candidatura alla Presidenza.

Il solo risultato di tutto questo fu che durante la presidenza di Johnson ogno copia del mio libro che spedivo per posta veniva distrutto dall’Ufficio Postale, finché non cominciai ad assicurare ogni copia.

Christian Vanguard, 1978
(Edizione curata e leggermente ridotta, con foto e sottotitoli di Lasha Darkmoon)
Fonte: darkmoon.me  darkmoon.me 

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My Struggle against the Jews, by Eustace Mullins

In which Eustace Mullins describes his victimization at the hands of the Jews and his close personal friendship with the persecuted poet Ezra Pound.

“No one who has been martyred by the Jews should remain unknown. And no one who has been martyred by the Jews will remain unavenged.” — Eustace Mullins
My life will be judged worthwhile to the extent that it is of use to others.
For this reason, I wish to tell of the things which have happened to me in my struggle against the forces of darkness. It is my hope that others will be forewarned of what to expect in this fight.

During the past thirty years of this struggle, many of the great patriots who gave me, instinctively, their valuable guidance and inspiration, were themselves heavily immobilized by the machinations of international Jewry. They considered their personal losses relatively unimportant, however, compared to the sufferings of the Gentile people who have been enslaved by the Jews.

In the same way, it might seem idle carping for me to mention the murder of my parents by government agents working for the Jews, who wanted revenge against me for my work; not when we consider that sixty-six million Christians have been killed in Russian concentration camps since 1917, all of them murdered by the Jewish Communists who built and operated these camps.

These millions lie nameless and unmourned. But they were no less the victims of the Jews than my parents were — or many other Americans whose sacrifices have gone unrecorded by those who are next on the death list.

No one who has been martyred by the Jews should remain unknown. And no one who has been martyred by the Jews will remain unavenged.

I became the object of the Jews hatred by events which moved in a straight line. Successively, I became the protégé of George Stimpson, the most respected journalist in Washington, who founded the National Press; and of Ezra Pound, the world-famous poet; and of H. L. Hunt, one of the world’s richest men.

Of the three, only Ezra Pound fought the Jews openly. And he suffered grievously as a consequence, spending thirteen years in a hideous, urine-soaked madhouse in Washington D.C.

George Stimpson passed on to me many of the secrets of Washington, including the fact that Felix Frankfurter founded the Harold Ware Cell of Communists and the nature of the Jewish control over J. Edgar Hoover and the FBI. H.L. Hunt fought valiantly to preserve the values of Christian civilization. But he was unable to deploy his money effectively in a battle which was outside of his experience.

I was to visit Ezra Pound several times in the cell in which he was held as a political prisoner and which he aptly termed “the hellhole.”

“Ezra Pound fought the Jews openly.And he suffered grievously as a consequence, spending thirteen years in a hideous, urine-soaked madhouse…”

In 1942, when I joined the United States Army Air Force, I had no thought that thirty-six years later, I would still be engaged in a life-or-death struggle with a tenacious and relentless enemy.

I regarded World War II as an unavoidable hiatus in my chosen career as an artist and writer. The war would be over in a couple of years, and I would resume the writing of books which I had already begun. I had no personal desire to ‘slap the Jap,’ or ‘stun the Hun,’ or any of the ‘Tin Pan Alley’ slogans which the Jews had conjured up to herd the Gentile cattle to the slaughter.

Like many of my fellow soldiers, I sensed that the enemy was not really overseas, but was more likely entrenched here on the home front. But also like my fellow soldiers, I knew there was little I could do about it. Almost a year later, I read some material which gave me enlightenment.

Although it seems unbelievable now, during the height of World War II, there was more widespread dissemination of patriotic material on the Jewish conspiracy than there is today. Many dedicated patriots turned out small papers which printed the hard facts. They had long since learned how to survive the daily harassment by FBI agents, ADL agents, and hordes of other ‘home front’ guardians. They were frequently denounced by the paid press.

After reading one of these hysterical attacks, I sent Gerald L. K. Smith twenty-five dollars for some material. This was a large sum at that time, as my pay was only fifty dollars a month. By return mail, I received a large box containing several hundred copies of ‘The Cross and the Flag.’

Theis was the first material I had ever encountered on the Jewish problem. It contained many astounding revelations.

I realized at once that this was not the type of material to be quoted in the usual barracks discussions. Several soldiers had commented that there were informers in the barracks. Although I did not then make the connection, there was to be found in almost every barracks, a particularly obnoxious Jew, usually with a Brooklyn accent. It never occurred to me that these Jews were being as obnoxious as possible in order to goad the other soldiers into making an anti-Semitic remark. Nor did it occur to me that these Brooklyn Jews often had college degrees.

At that time, everyone with college background was ordered to try out for the Officer Candidate School. I did not realize that these Brooklyn Jews remained with the enlisted men for surreptitious reasons. This type of political supervision of the troops is axiomatic in Communist strategy. It was meticulously observed in the American Armed Forces during World War II. In combat zones, officers and enlisted men who had previously voiced doubts about the wisdom of Roosevelt’s crusade to save Communism, were shot in the back by these same intelligence agents who had followed them into the front lines.

While General Eisenhower was cosily tucked away with his British Secret Service ‘Chauffeur’, Kay Summersby, the real decisions were made by his Liaison Officer, Captain Warburg of the Kuhn, Loeb Banking house — a Jewish concern.

The Communist control over the United States Army surfaced during World War II with the selection of General George C. Marshall as Chief of Staff. As Senator Joseph McCarthy later pointed out, Marshall was under Communist Party discipline at all times. This did not interfere with his direction of our war effort, since the goals of the Washington Marxists were the same, the total defeat of the German anti-Communist forces. In the Korean and Vietnam wars, Communists direction of our Armed Forces remained unchanged, even though we were then fighting against ‘Communist’ forces. When General Douglas McArthur tried to oppose this Communist betrayal of our men, he was fired by David Niles, the Jewish Communist who was President Truman’s ‘Aide.’

The Communist recognized that final political control always resided in the military. In Moscow and in Washington, every officer is absolutely responsive to the current ideological line, regardless of any military consideration. This was recently demonstrated when every officer on active duty was ordered to support the giveaway of the Panama Canal, while many retired officers openly opposed it. The most stringent measures are carried out to ensure that no officer is able to form a group to discuss and possibly take action against the high treason of his superiors. When Commander George Lincoln Rockwell surfaced at the Pentagon, there was consternation throughout the high command. At the least sign of any independence or patriotic speech from any officer, the Jewish controlled media immediately raises a hue and cry about ‘Fascism’ and the offender is quickly neutralized.

After receiving the supply of Smith’s magazine, I distributed them in the day rooms to see who would read them. The next day, I toured the day rooms to see if anyone was reading them, and perhaps, to strike up a conversation. Every issue had disappeared. Not once did I see a copy while I remained on the base.

Apparently, I had been followed, and the papers picked up as fast as I had left them.

During my remaining years of military service, I encountered no one with strong political views. My own opinions were those of any young man of the period, hardly committed to any strong ideology. After the war, I enrolled at Washington and Lee University, intending to study law. After two years, I decided I should go to art school, and enrolled at the Institute of Contemporary Arts in Washington, D.C. The school had the usual mongrel types in its student body and a number of ardent Communists on the staff. But it attracted many of the leading writers as speakers. Like others among the ten million veterans, my main concern was in getting on with my career, and I had little concern with politics.

Over night my lack of concern changed.

One of the teachers at the Institute had been visiting Ezra Pound. He suggested I accompany him one afternoon, an offer which rather disturbed me. I thought it unlikely that the man who had edited T. S. Eliot and Ernest Hemingway would be interested in talking to me. But I went along.

The moment I entered the gloom of the insane ward, my former complaisance vanished, never to return.

I suddenly realized that a great writer had been punished by being confined in a madhouse, solely for his political views. In an instant, Pound filled the ideological gap in my life. Never again would I remain silent in the face of injustice.

The famous American poet had been convicted of treason for revealing in radio broadcasts that World War Two had been started by International Jewry to further its own ends of world domination. He was kept thirteen years in a lunatic asylum in a urine-soaked cell, originally in solitary confinement and forced to wear a straitjacket. Only much later was he allowed to receive visitors such as Mullins.

Pound apparently considered me a kindred spirit, and offered to give me ‘my own day.’ That is, an afternoon to visit him alone each week. I accepted. And by the time the next week rolled around, he was waiting for me with food, assignments for research, and errands to run.

Shortly afterwards, he brought up the Federal Reserve System, which I had never heard of. From that day, my work was cut out for me. His concern for his country had been aptly expressed by Charles Dickens in his American Notes, written a century earlier:
 “I do fear that the heaviest blow ever dealt at liberty, will be dealt by this country, in the failure of its example to the earth.”
The loss of liberty in America, which is occurring before our eyes, means the autocracy will be enthroned throughout the world, and that the freedom which was ours at our birth will never be known by future generations. Olga Ivinskaya, a Russian writer, writes of her years in a Soviet prison camp:
“Sanagian (a fellow inmate) had put down the story of her life in her awkward, uneven handwriting. She came from a working class family and her father—long since dead—had taken part in the Revolution in 1917, for this she heaped curses on his memory.”

In the usual hogwash about aristocrats, we never stop to think that it was the working people of Russia, not aristocrats, who were enslaved by the Communist Revolution. Similarly, in this country, it is the Jewish intellectuals, bankers, and industrialists who are in the forefront of the battle to enslave all Americans and take away their freedom forever. Should we allow this, future generations in the concentration camps will begin their days not with prayers, but with curses on our memory.

I soon began to visit Ezra Pound every day, a routine which I kept up for three years. During this time, I was thoroughly grounded in every aspect of the International Communist conspiracy. Pound said to me: “I am telling you things I didn’t know until I was fifty. You are twenty-five, which means you are getting an extra twenty-five years to do something about it.”

When I went to New York, bankers on Wall Street told me:– “I was here during the crash, but I didn’t know what was going on until I read your book.” I explained that I had had the benefit of Pound’s experience, and his access to much information in Europe which had already been banned in the United States.

To support myself while writing the history of the Federal Reserve System, I obtained a job at the Library of Congress as a stack attendant. This was the same job J. Edgar Hoover had held for several years while he completed his law studies at George Washington University night school.

A few weeks later, because I had done advanced photographic studies at the Institute, I was promoted to the Photography Department. In the next several months, I received two more promotions, as I had studied with one of the finest Japanese photographers. During these months, I was able to see Pound only on weekends, and he suggested I send some of my writings to ‘The Social Creditor,’ a small weekly published in England. I sent them some articles, which they printed, sending me enthusiastic comments.

One day, while going into the National Press Club for my daily luncheon with George Stimpson, a man was handing out copies of ‘Common Sense’ at the front door. I showed it to Pound, an issue containing the Hermann Goering Testament. He suggested I send them articles, and they printed some excerpts from the Federal Reserve research.

One afternoon, a Jew came to the Library of Congress, asking for me. I was called out of the darkroom to see a Jew who was a caricature out of Der Stürmer. He immediately began to cross question me, saying he had been sent from ‘Common Sense,’ and he asked, ‘Who is giving you your material? Where is this information coming from?’

Not wishing to involve Pound, who always faced the possibility of having his daily visitors turned away and being held incommunicado, I explained that I was doing research at the Library of Congress. It was obvious that he didn’t believe me. A gawky small town boy could hardly be privy to the machinations of the worlds most powerful and secretive bankers!

A team of FBI agents was now sent to the Library of Congress to question everyone who had worked with me.

Senator Herbert Lehman, of the Lehman Brothers Banking house, and National Chairman of the Anti-Defamation League, had sent a demand to Luther Evans, Librarian of Congress, that I be fired because of an article I had written for the Social Creditor.

The demand, written on ADL stationery, had been drawn up by the ADL operator, Edelstein, and signed by Lehman without reading it, as he accepted anything which Edelstein brought to him. The article exposed the fact that one Katz, Marshall Plan Administrator, presided over the most of the Marshall Plan material to Communist countries, instead of sending it to the non-Communist countries for which Congress had designated it.
LD: In other words, because of Jewish machinations, money intended by Congress to help non-Communist countries, was secretly diverted to Communist countries where the sole beneficiaries were international Jewry. This was of course fraud and peculation on an unimaginable scale — comparable to the mysterious disappearance of $3 trillion when Rabbi Dov Zakheim was in charge of financial affairs at the Pentagon in 2001.
However, neither of them dared to publicly argue the point, as it would have exposed the fact that Marshall Plan Aid was going to the Communists.

Although I as yet knew nothing of the ADL order that I be fired, I had had a previous contact with Senator Lehman. Pound had noticed an advertisement in the Washington Post that Lehman would be speaking at Howard University on behalf of ‘home rule,’ a plan to wrest control of the District of Columbia from a group of White businessmen and turn it over to the Negroes. Howard University was the Communist training school for Ralph Bunche and many other Negro Marxists. Through the dogged influence of Eleanor Roosevelt, it was the only college in the United States whose entire budget was provided by the Federal Government.

Pound mentioned that Lehman, a typical Jewish degenerate, had a nervous tic, and suggested it would be amusing to see it in action.

When Dave Horton and I arrived at the Howard University auditorium, we found a group of Negroes, eight or ten, the entire audience for the August Senator. Rather put out by the poor attendance, Lehman, a short squat ole clothes dealer type, made a short speech about home rule and opened the floor to questions.

Immediately, Horton and I were on our feet.

“Would Lehman Brothers consider the District of Columbia a safe investment?”—asked Horton. “Will you support Alger Hiss as the first mayor of Washington?”—I asked. Lehman, a rather stupid Jew, was completely bewildered by our questions.

We continued to fire questions at him, as his aides, two young city College Jews, shook their fists at us.

The famed Lehman tic now made its appearance. It was not merely a tic of the eye, the entire left side of his face was twitching steadily and violently.

The audience of Negroes was glaring at us, muttering, ‘Shame,’ as Lehman’s aides rushed him away.

I LATER LEARNED THAT IN THE FOYER OF THE LEHMAN MANSION IN NEW YORK, A SPLENDID FOURTEENTH CENTURY STATUE OF THE VIRGIN MARY, LOOTED FROM ONE OF THE GREAT CATHEDRALS OF EUROPE, STOOD NEAR THE DOOR. FOR THE TITILLATION OF VISITORS, A CIGARETTE WAS PLACED DANGLING FROM HER MOUTH. (Emphasis in original)
A few days after our Howard University evening, I was handed a letter of dismissal from the Library of Congress. The FBI interrogations had turned up nothing which could be used against me, and had caused considerable angry comment among the other employees. The letter stated I was being dismissed because I had written an article for the Social Creditor. I was given the option of making a personal appeal to the Librarian, which I did. In Evans office, he asked me, ‘Did you write this article?’

‘Yes,’ I replied. ‘Can you show me one false statement in it?’

‘I’m not competent to do that.’ said Evans. ‘This is not out of my hands. Your dismissal stands.’

‘But I am not a member of any political group.’ I protested. ‘I’ve never voted in my life. You have many staff members who are activist members of militant racial organizations. You have two staff members who do nothing but go through the stacks writing numbers bets all day. Why am I being singled out?’

Evans, who never once looked at me in the eye, jerked open the bottom drawer of his desk, where I glimpsed a half empty bottle of Country Gentleman bourbon. He looked longingly at it, turned to me, and said, ‘Well, that’s all.’

MY NEXT JOB: At the Chicago Motor Club, I became editor of Motor News, with a circulation of 250,000. During the next two years, I willingly took on additional duties as editor of the ‘Industrial Editors News Service,’ public relations counselor, and special events organizer. I had been at the club two years and one week with a drawer full of memoranda from my superior, James E. Bulger, praising my work, and thanking me for my new programs, when one sultry August afternoon, two well dressed men strode by Bulger’s secretary, and went into his office and closed the door.

His secretary who was a close friend, turned to me and said, ‘I wonder what that’s all about?

‘I never saw them before.’ I replied.

The men stayed with Bulger for about an hour, and I could hear them arguing with him, but their voices were kept low. Finally, he buzzed for his secretary. She went in, and came back out immediately, and handed me a folded note. I opened it and read, ‘You are allowed five minutes to get your things and get out of the office.’

‘What’s going on?’ the secretary asked me.

I saw the tears were streaming down her face. I showed her the note.

‘I know what’s in it,’ she said, ‘but what’s going on? Mr. Bulger is sick, we’ve got to help him—those men—’. She turned and ran to the restroom.

I put some personal memoranda into an envelope and left the office.

That evening, Bulger’s secretary called me at home. She told me that the two men were FBI agents and that when they demanded I be fired, Bulger flatly refused. This was understandable as I was doing the work of four people. They then threatened him for nearly an hour. He had had five heart attacks in the past several years, and he began to writhe with pain. He begged them to let him call his doctor.

‘Certainly,’ one of the men replied, ‘as soon as you fire Mullins.’

Bulger was then forced to write the note.

After I left the office, the FBI agents accompanied Bulger to the doctor, and then took him to his home, after warning him not to tell me what had happened or to give me my job back.

Being fired from the Chicago Motor Club was the greatest shock of my life. Certainly this was the goal of the FBI harassment. At the age of thirty-five, I had been one of the most active public relations counselors in Chicago, lunching at the best restaurants with the city’s leading executives. Now I was on the street with no prospects.

Even so, I supposed that with my contacts, I would be able to get another public relations job. In the next few weeks, I was surprised that after each interview, I heard nothing more about a job. Friends at the Motor Club then told me that because of pressure from the Club’s Jewish members, Bulger was telling everyone who inquired about references that I was a notorious criminal who was wanted in several states. He never put this into writing, giving out the slander on the phone, after instructions from the Jew who was the Club’s legal counsel. Since I was fired from the Chicago Motor Club in August, 1958, I have never again been able to get a professional job.

After several weeks, I realized it as unlikely that I would get any work in Chicago. I began work on a book about Friedrich Nietzsche, and while doing research at the Newberry Library, I found a great deal of material on Ezra Pound’s career. I wrote him suggesting that I do his biography. He immediately replied that he had been waiting for me to do this, and that I was to be his only authorized biographer.

I then asked Henry Regnery if he could give me an advance on this book. He replied that he could not — though he owned the largest window shade factory in the world, a bank, and other holdings, worth eighty million dollars.

He suggested, however, that H. L. Hunt needed someone to edit a book. I called Hunt and he agreed to pay me a hundred dollars a week. I said that I couldn’t live on that. In fact, I was living on thirty-five dollars a week. Hunt now offered to let me live in his home. At that time, Hunt’s income was ten million dollars a week, and he had accumulated a fortune of three billion dollars.

I arrived at Hunt’s home in Dallas with one battered suitcase and an old Plymouth, purchased a year before for one hundred dollars, with the entire front end smashed in.

Hunt and I immediately established complete rapport, as he had lived for years out of a suitcase, traveling in the back-country picking up the oil leases which were the basis of his fortune. I resided in his best guest room, one which had always been occupied previously by Senator Joseph McCarthy when he came to Dallas. Hunt and I settled down to work on the book ‘Alpaca.’

After several months of intensive work,the book was completed and I became restless. By this time, Hunt had installed me in an office next to his own, and whenever someone called him, he would say, ‘Why don’t you check with Mullins on that?’ I realized he was only using me for a buffer, but it was a flattering situation for a penniless writer to be referred to as the confidential assistant of the world’s richest man. However, I remained a penniless writer, and he remained the world’s richest man.

I began to realize I should be getting back to work on the Pound biography, and one afternoon, I told him I had to return to Chicago. He was completely surprised, and I saw that he was hurt and disappointed by my decision. Nevertheless, I have always thought of him with affection and admiration, and he seemed well disposed toward me on later occasions when I talked to him in Dallas and in New York.

Although I knew nothing of it at the time, my association with H. L. Hunt had driven the Jews into a furious campaign of ‘harassment’ against my parents. The conspirators were terrified that Hunt might finance my publications or a political organization, although at the time I had no organization to which he might donate money.

I knew that my father had had a serious coronary attack in 1956, but I was not told until years later that the attack had been brought on by a series of vicious interrogations by Army Counter Intelligence Corps agents. My mother later told me they were determined to make my father reveal the names of persons financially supporting my travels and writings. Since no one had ever given me a cent, there was nothing he could tell them, but they refused to believe him.

Knowing he had Wednesday afternoons off from the store in which he worked, two agents waited for him in his car. They forced him into the car, drove him to the top of a nearby mountain, and interrogated him for several hours, telling him they were going to throw him off the mountain. At one point, he tried to escape from the car. They knocked him unconscious, drove him back to the store, and left him in the parked car. He finally came to, and drove home. The next day, he had a severe coronary attack, from which he never completely recovered.

My parents did not dare tell me these details, out of a desire to protect me, as they knew I would kill someone for these atrocities. Nevertheless, I knew they had been interrogated and I wrote to the Secretary of Defense. I received an answer, admitting that my father had been interrogated, and giving the names of the two men who had interrogated him. Some weeks later, I tried to contact these men in Washington. I was told they had been sent on a mission to Guam, and that the plane had crashed with all aboard being killed. The letter with the men’s names has since disappeared from my files.

While I was with H. L. Hunt in Dallas, the FBI began to visit my parents. Their telephone was tapped, and they received harassing telephone calls during the night. The harassment and brutality of this campaign was intended solely to provoke me into some drastic action. I come from mountain people, and we never forget an injury, even if it takes fifty years to wreak our revenge. My temper remained under control only because my parents refused to let me know what was happening to them, and the ADL-FBI provocation failed.

Their campaign was intensified, however, and one evening in 1961, my father, whose heart conditions had steadily gotten worse during this harassment, received a telephone call from a known FBI provocateur, ‘We’ve just sent out a national alert to pick your son up.’

My father dropped the phone. “They’ve finally got him’ he said to my mother, as he collapsed.

He was taken to the hospital where he died of massive heart failure.

More than three years went by before my mother told me what had happened.

Of course, there had never been an alert, as I have never been arrested by anyone.

In ‘My Life in Christ,’ I openly accused Lyndon Johnson, who was then President of America, of murdering my father, although he had only been acting for Herbert Lehman, the Jew who had been supporting his bid for the Presidency.

The only outcome of all this was that during Johnson’s Presidency, every copy of my book that I mailed out was destroyed by the Post Office — until I began insuring each copy.

Christian Vanguard, 1978

Edited and abbreviated slightly, with pictures and captions by Lasha Darkmoon.

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