Descrizione

La storia ha due volti: quello ufficiale, mendace e quello segreto e imbarazzante, in cui però sono da ricercarsi le vere cause degli avvenimenti occorsi” - Honorè de Balzac -

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano !" - Isaac Newton -

Contra factum non valet argumentum”

giovedì 5 ottobre 2017

I TRE RABBINI - Karl Marx, Sigmund Freud, Albert Einstein, il paradigma materialista, vivere con l'inganno, per l'inganno, dell'inganno ...

I TRE RABBINI - Karl Marx, Sigmund Freud, Albert Einstein
In buona sostanza la questione è ... aldilà di etica e morale sulle quali non si discute, certi atteggiamenti sono inammissibili, è giusto, vantaggioso e profittevole vivere di menzogne, inganni, prevaricazioni, violenza, manipolazioni, astuzia, plagi, truffe, furti ed etc. su questa linea, anche se mal celati e il tutto giustificato da un vortice di altri inganni, propaganda, "leggi ad populum", insomma da tutto quanto appena sopra elencato ?
E' giusto, vantaggioso e profittevole per la società, per l'umanità, per la specie uomo, per il pianeta terra, per l'universo ?
Ma anche per il singolo egoisticamente parlando è giusto, vantaggioso e profittevole vivere di tutta quella immondizia ?

La Storia della Tua Anima
La risposta è NO, per nessuno è giusto, vantaggioso e profittevole vivere di quelle "virtù", non conviene a nessuno a conti fatti, aldilà dell'immediato guadagno, effimero, che certamente c'è, vivere in modo distonico porta solo guai e seri a lungo periodo ma chiaramente questa cosa viene celata altrimenti non potrebbero fomentare il sistema criminale e materialista in cui viviamo.

Il materialismo poi è una bestemmia, noi viviamo o meglio vivremmo di e per i sentimenti ed emozioni e non dell'immondizia che ci fanno comperare facendola sembrare indispensabile, dell'essere e non dell'avere e non dell'egoismo, competizione e dell'arrivismo personale che servono solo a dividerci per controllarci e così che una ventina di milioni scarsi di persone unite comandano, sottomettono e depredano sette miliardi e mezzo di idioti divisi e con l'anello al naso ...


I Tre Rabbini

di Fabio Calabrese 

Tre uomini hanno avuto un’influenza enorme sulla mentalità dei nostri contemporanei, al punto che si può dire la mentalità contemporanea l’abbiano creata. Guarda caso, questi uomini erano tutti e tre ebrei, e sono probabilmente all’origine della leggenda, a mio parere infondata, secondo la quale gli ebrei sarebbero un gruppo umano particolarmente intelligente. Uno di costoro è vissuto prima degli altri due, che invece erano contemporanei e si sono conosciuti. Nessuno dei tre era un credente nella religione mosaica classica, due erano apertamente atei, mentre il terzo aderiva a una forma di panteismo piuttosto vaga, ma dato che milioni di uomini in tutto il mondo hanno visto in loro delle guide spirituali, credo che chiamarli rabbini sia una metafora appropriata.
Avere o Essere?
Erich Fromm
Personalmente concordo perchè tutti e tre hanno largamente contribuito al "progetto" giudaico chiaramente con varie dissimulazioni e prese di distanza ma questo si chiama "ingannare con la verità" che è un sistema utilizzatissimo per la disinformazione, altre volte per interessi personali per non essere accomunati a cose, i massacri, vedi Einstein, che andavano oltre qualsiasi tentativo di manipolazione e inutili giustificazioni, questo lo vedremo in seguito in un successivo articolo. (NdR)

I loro nomi, notissimi, sono Karl Marx, Sigmund Freud, Albert Einstein. Ebbene, il dato interessante è che TUTTI E TRE questi padri della modernità, in base a quanto è emerso in tempi recenti, sembrano essere stati dei ciarlatani, degli impostori, dei plagiari.

Un importante filosofo della scienza, Karl Popper, ha enunciato il principio di falsificabilità: perché una teoria possa essere ritenuta scientifica, occorre poter dire quali circostanze sperimentali, se si verificassero, consentirebbero di ritenerla falsa, altrimenti rimane una formulazione troppo vaga per dirci realmente qualcosa, un’asserzione del tipo “qualcosa accadrà”. Secondo Popper, il marxismo e la psicanalisi non passano questo esame, proprio per “spiegare tutto” in realtà non spiegano nulla, egli li considera gli esempi tipici di teorie pseudo-scientifiche assieme all’astrologia Per la relatività il caso è diverso, egli la ritiene una vera teoria scientifica, ma, come vedremo, è proprio la paternità di essa da parte di Einstein che può messere messa in dubbio, il rabbi di Ulm non era forse che un abile plagiario.

Karl Marx
Ma vediamo le cose con ordine. Soprattutto dopo il 1989-91, dopo il crollo del muro di Berlino e l’implosione del sistema sovietico, un evento del tutto inedito nella storia umana che non aveva mai visto finora un sistema politico svanire per motivi del tutto endogeni, i devoti del rabbino di Treviri saranno pronti a sostenere che quello non era il vero comunismo voluto e preconizzato da Marx. Se li mettete con le spalle al muro, chiedendo loro quale dei diversi regimi comunisti abbia corrisposto al progetto di Marx, otterrete una serie di dinieghi: quello cinese? Quello jugoslavo di Tito? Quello cambogiano dei Khmer rossi? Quello africano di Mengistu che mandava ai parenti delle sue vittime il conto dei proiettili usati per fucilarle? Chiaramente no, no, e no!

Il comunismo sarebbe dunque simile a una musica stupenda che ha sempre trovato interpreti stonati e strumenti scordati? Non è credibile che si tratti piuttosto di un’orrida cacofonia fin dall’inizio?

Stalin, Mao, Tito, Pol Pot, Mengistu, quanti altri leader comunisti vogliamo aggiungere all’elenco, non avrebbero tradito le idee di Marx, le avrebbero semplicemente applicate. E’ proprio nel pensiero di Marx che va ricercata l’origine delle mostruosità che i regimi comunisti hanno prodotto, e della definitiva caduta del sistema sovietico.

La “filosofia” di Marx è costituita da una serie di ovvietà banali. Voglio vedere chi non sarebbe d’accordo che è l’essere a creare la coscienza e non la coscienza a creare l’essere, che la visione del mondo che gli uomini hanno è influenzata dalle loro condizioni materiali di vita, e via dicendo. Il problema, quando di passa all’analisi storico-economico-politica, è la meccanicità di questo pensiero che non potrebbe essere altro che una primissima approssimazione ai fenomeni economici e sociali: ad esempio, non esistono “le aristocrazie”, “la borghesia”, “il proletariato” come soggetti, esistono uomini la cui collocazione sociale spesso può non essere così netta, e le cui azioni non sono il riflesso diretto e immediato di essa, ma del modo in cui essa è vissuta dalla coscienza soggettiva di ciascuno. Non parliamo delle articolazioni interne delle classi sociali, delle élite operaie e delle articolazioni quasi infinite del ceto medio-borghese dal piccolo bottegaio al grande capitalista.

Cosa dire del fatto che Marx ha avuto un’incomprensione pressoché completa, ha letteralmente ignorato l’esistenza di una classe, quella dei lavoratori agricoli che, proprio perché non rientravano nel quadro teorico disegnato da Marx, i comunismi al potere hanno sempre trattato malissimo? Ricordiamo la tragedia dei kulaki (dieci milioni di morti, circa, per fame con episodi non rari di cannibalismo, nel granaio di Russia così Stalin poteva vendere il grano a Hitler, ma questo non viene raccontato NdR) nell’Unione Sovietica di Stalin e come essa si è ripetuta nell’Etiopia di Mengistu (e in entrambi i casi, perseguitando la classe dei produttori agricoli, il risultato è stato quello di ridurre la popolazione alla fame.

Sulla negazione del principio di nazionalità da parte di Marx, verrebbe quasi da sorridere, perché il rabbino di Treviri si è smentito da solo nella sua controversia con Bakunin a proposito del moto indipendentista boemo, da lui deprecato, ed esaltato da quest’ultimo. Dei due fondatori delle ideologie-utopie internazionaliste per antonomasia, quella comunista e quella anarchica, il primo reagiva da tedesco, sia pure ebreo, il secondo da slavo.

Storia del Necronomicon
Quando si è provato, una volta tanto, ad applicare le sue categorie a un caso concreto Karl Marx ha dimostrato un’incapacità pressoché totale a capire la realtà. Parliamo de “Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte”. Marx crede di poter spiegare tutto col cliché delle “soldataglie ubriache”, si dimostra incapace di capire che il futuro Napoleone III aveva un radicato seguito popolare perché nei Francesi il ricordo degli orrori della dittatura giacobina era ancora ben vivo. Più deleterio ancora l’esempio che Marx ha dato ai suoi eredi con questo scritto, fornendo loro il modello di come NON CAPIRE NULLA dei movimenti fascisti.

Poiché per la logica marxista le classi sociali sono soggetti di per sé stanti, non eterogenei composti di milioni di uomini ciascuno dei quali con una propria soggettività e volontà, ecco che Marx pensa di istituire il socialismo con la confisca alla borghesia dei mezzi di produzione, senza accorgersi che se la proprietà teorica di essi va “al proletariato”, il controllo effettivo passa nelle mani di una nuova classe egemone, per la quale i marxisti non hanno saputo nemmeno inventare un termine meno pudico e ipocrita di “nomenklatura”, ossia la lista dei “compagni di sicura fede” in uso nel partito prima del golpe sedicente “rivoluzione” del 1917.

Capite cosa comporta questo? La concentrazione di tutto il potere politico ed economico nelle mani di una nuova autocrazia di intoccabili. Il grande palazzo di Nicolae Ceausescu a Bucarest prima della rivoluzione del 1989, più sontuoso della reggia di Versailles, attorniato dalle catapecchie di un popolo che stava letteralmente morendo di fame, (questa non è la verità, questo è quanto passa la propaganda giudaica, la verità è tutta un'altra come possiamo leggere in La storia vera della fine di Ceausescu e della dittatura in Romania. Altro che rivoluzione ... colpo di stato straniero ..., certamente esempi più attinenti li troviamo in Stalin, Mao, Tito, Pol Pot, etc. NdR) era la sintesi visiva perfetta dei risultati di questo tipo di regime, quelli che si sono immancabilmente presentati tutte le volte che qualcuno ha cercato di tradurre nella realtà le idee di Marx.

Non è certo finita quì, il bello ah da venì, riporto un brano tratto da GIUDAISMO MARXISMO BOLSCEVISMO di Dagoberto Bellucci (NdR)


Chi era realmente Karl Marx che la storiografia ufficiale comunista ha sempre disegnato come “padre del comunismo”, difensore dei diritti dei lavoratori – particolarmente degli operai – e grande economista del XIXmo secolo?
Riportiamo in proposito un interessante articolo di Giovanni Preziosi il quale, citando un articolo apparso su “L’osservatore Romano” a firma di un professore dell’Accademia Ecclesiastica di Pietrogrado, mons. Stanislao Trzeciak, storico ed esperto della questione ebraica, scrive:
“Carlo Mordechai, che poi si fece chiamare Carlo Marx, era figlio di un avvocato ebreo originario di Treviri (Germania renana), nacque nel 1818. Nel 1843 si stabilì a Parigi per studiare economia politica, ma la sua attività rivoluzionaria lo fece ben presto cacciare da questa città; e nel 1845 si stabilì a Bruxelles dove, in collaborazione con Engels, riorganizzò la Lega Comunista e pubblicò il famoso “Manifesto comunista” che è restato il vangelo della dottrina del partito.Tornato in Germania prese una parte attiva nella rivoluzione del 1848 e fondò a Berlino una società segreta comunista, sui membri della quale egli aveva diritto di vita e di morte. Per la misteriosa sparizione di diversi di questi appartenenti alla società, Karl Marx fu condannato a morte dal Tribunale tedesco ma, aiutato dalla Mano Nascosta, egli riuscì ad evadere in Inghilterra ove rimase fino alla morte. A Londra redasse il suo libro fondamentale: “Il Capitale”, sull’interpretazione del quale anche i suoi seguaci non sono d’accordo: libro pedante, basato su equivoci pregiudiziali in fatto di diritti e doveri, valori ecc. Privo di ogni originalità di pensiero, Marx, può ben definirsi un racimolatore dell’iniziativa altrui. E’ evidente come abbia tratto parte delle sue idee dal Vidal e dal Pecquere (circa la socializzazione delle miniere e dei trasporti). Il suo comunismo è quello di Babeuf (contemporaneo di Robespierre) e di Louis Blanc. I suoi principi internazionali , quelli di Weishaupt , fondatore dell’illuminismo demagogico alla fine del settecento (abolizione dell’eredità, matrimonio comunista, adozione di neonati da parte dello Stato). Anche la teoria sul “superfluo del valore” non è di Marx, perché sette anni prima che egli la pubblicasse, era già stata espressa, se pur con minore chiarezza, da Owen, demagogo inglese. Esagerato è quindi l’appellativo che gli è stato donato , soprattutto dai “non iniziati”, di “padre del comunismo”. Egli imitava, plagiava e colpiva col più profondo disprezzo colui del quale si era servito. Bakounin, il noto capo anarchico russo, che lo conosceva bene, disse in una lettera ai “Fratelli dell’Alleanza” di Spagna nel 1873 (vedi biografia di Bakounin di Marx Nettlau): “La sua vanità non conosce nessun limite, una vera vanità da ebreo. Questa vanità, oggi già molto forte, fu grandemente ingrandita dai suoi ammiratori e discepoli. Molto personale, molto geloso, molto suscettibile e non meno vendicativo, al pari di Jehova, il dio della sua razza. Marx non ammette che si riconosca un altro Dio al di fuori di lui stesso..Proudhon, che non si è mai creduto un dio, ma che indubbiamente era un grande pensatore rivoluzionario, e che ha reso incalcolabili servizi alla causa e allo sviluppo delle idee socialiste, era diventato appunto per questo la bestia nera di Karl Marx. (…) Più tardi fu il Marx stesso a fornire a Bakounin una prova diretta delle menzogne odiose e perfide delle quali era capace allorché scriveva nella “Neue Zeitung”: “…Per quanto riguarda la propaganda slava, ci è stato assicurato che George Sand è in possesso di carte e documenti che compromettono grandemente Michele Bakounin, il proscritto russo, e che provano che egli altro non è che uno strumento della Russia, oppure un agente entrato di recente al suo servizio…” In seguito a tali accuse eccezionalmente gravi, esplicite e pubbliche, gli amici di Bakounin si rivolsero direttamente a George Sand, ed ottennero una formale smentita. Marx fu costretto a pubblicarla nel suo stesso giornale. E’ probabile che Marx odiasse Proudhon non soltanto perché ne era geloso, ma perché Proudhon aveva visto giusto ed aveva fatto notare che il capitalismo era una montatura kahalica, che doveva essere combattuta come tale. Anche Proudhon quindi aveva intravisto il “messianismo” ebraico nell’opera di Marx. Quanto all’Internazionale Rossa proclamata figlia di Marx, leggiamo queste righe di James Guillaume, socialista svizzero: “Non è vero che l’internazionale sia stata una creazione di Marx, perché egli rimase completamente fuori dal lavoro preparatorio che si svolse dal 1862 al 1864. Quando egli entrò nell’Internazionale, questa era stata già creata dagli operai francesi ed inglesi”.
Sigmund Freud
Che nella psicanalisi ci sia qualche cosa che non va, questa è un’idea che penso debba aver attraversato la mente di chiunque si sia accostato all’argomento senza pregiudizi: “cure” costose e interminabili che non sembrano produrre alcuna guarigione ma piuttosto una dipendenza del paziente dall’analista, nessun reale beneficio nella maggior parte dei disturbi psichici, a cominciare dalla depressione, e soprattutto una distanza rispetto al metodo scientifico che ordinariamente guida la ricerca medica, che arriva al punto tale da dare l’impressione che la psicanalisi appartenga a un altro pianeta.

In essa non c’è alcuna traccia di evidenze sperimentali, di ricerca, di evoluzione interna, assomiglia molto di più a una setta religiosa o a un partito politico che a una prassi medica guidata da una teoria scientifica: l’esperienza non deve in alcun modo contraddire la sacra parola di Sigmund Freud, e ci sono naturalmente le obiezioni che a essa ha mosso Karl Popper.

Storia Degli Ebrei
Devo tuttavia ammettere che fino a tempi relativamente recenti, la mia opinione al riguardo non era dissimile da quella che ho, ad esempio, sull’ufologia, cioè che non si potesse escludere che, per quanto improbabile, dopotutto qualcosa di vero ci fosse, anche se quel che sapevo della biografia di Sigmund Freud era abbastanza per pensare che egli personalmente sia stato un uomo tutt’altro che limpido, che più di una volta sembra essersi comportato da plagiario senza scrupoli. Egli sembra avere letteralmente rubato il concetto di inconscio allo psichiatra francese Pierre Janet che assieme a Jean Martin Charcot presso cui Freud andò a Parigi a studiare, stava elaborando il metodo di cura dell’isteria, e con il quale Freud ebbe una lunga controversia proprio a motivo della priorità di questa scoperta.

Analogamente, il metodo delle rievocazioni libere, da parte del paziente in condizione rilassata sul famoso lettino, e lo stesso termine “psicanalisi” per questa procedura, non furono un’invenzione di Freud, ma del suo maestro Joseph Breuer, di cui Freud si appropriò disinvoltamente.

Più o meno, quel che mi sarei sentito di dire riguardo a Freud e alla psicanalisi, era questo, fino a quando, un paio di anni fa, mi è capitato di leggere il bel libro di Michael Onfray “Crepuscolo di un idolo, smantellare le favole freudiane” (Edizione Ponte alle Grazie).

L’autore, francese, esponente di una generazione cresciuta a esistenzialismo, psicanalisi, nouveaux philosophes, porta avanti una rilettura critica ben documentata della psicanalisi, e bisogna dire che proprio nulla resta in piedi.

Da questa attenta rilettura della psicanalisi e del personaggio Sigmund Freud, basata per una volta su di una documentazione storica rigorosa, emerge un quadro sconcertante: Sigmund Freud era in sostanza un ciarlatano il cui unico scopo era spillare quanto più denaro possibile ai propri pazienti. Alla ricerca di un metodo che gli consentisse di arricchire quanto più in fretta possibile, dopo aver abbandonato un interesse iniziale per la ricerca teorica che non prometteva di tradursi in denaro sonante, divenne prima un apostolo di una nuova prodigiosa sostanza terapeutica, la cocaina, poi passò all’ipnosi sulla scia di Charcot, quindi alla psicanalisi rubacchiata a Breuer, poiché si era rivelato incapace di ipnotizzare.

Onfray evidenzia la realtà nuda e cruda: Freud ha falsificato le relazioni sui suoi pazienti per nascondere il fatto che la psicanalisi non ha mai guarito nessuno. Ho potuto verificare da altre fonti che anche dopo la sua morte, uno dei suoi pazienti più famosi, l’Uomo dei Lupi fu segretamente mantenuto dalla Società Psicanalitica perché non rivelasse che la psicanalisi non aveva per nulla alleviato i suoi disturbi.

Se la psicanalisi non ha mai guarito nessuno, ha certamente portato qualcuno a una morte prematura. Sono almeno tre i pazienti di Freud deceduti perché i loro sintomi, dovuti a mali reali non diagnosticati e curati in tempo, furono invece da lui attribuiti a isteria. Se si aggiunge il caso di almeno un altro paziente di Freud deceduto in seguito a un’intossicazione di cocaina, le vittime dell’irresponsabilità, dell’imperizia, della disonestà del rabbino di Freiberg sono state almeno quattro, ma è probabile che fossero di più.

Ben poca cosa, direte, in confronto ai milioni di morti che il marxismo si è lasciato dietro, ma mettete nel conto anche le sofferenze di migliaia di persone che non hanno trovato sollievo perché “curate” con un metodo la cui efficacia terapeutica non è mai andata e non può andare più in la dell’effetto placebo, e fra di esse certamente si contano non pochi suicidi.

Albert Einstein
Se noi prescindiamo dalla rilevanza in campo scientifico, se facciamo un discorso di reazione “a pelle” (eppure, quando andiamo a considerare le cose a fondo, c’è da rimanere stupiti di quante volte la nostra prima reazione istintiva dimostri poi di aver colto nel segno), credo sia ben difficile indicare un personaggio più sgradevole di Albert Einstein, farsi da quella sua notissima frase, calunniosa quanto celebre, secondo cui per chi veste una divisa non è necessario avere un cervello ma sarebbe sufficiente una corda neurale. Noi capiamo che Einstein è stato il modello, lo stampo in base al quale sono stati fatti gli anticonformisti di sinistra, ciascuno dei quali è rigorosamente uguale a ogni altro anticonformista, a cominciare dalla trasandatezza nel vestire e nella capigliatura, del pari ispirate al rabbino di Ulm.
“... 254.000 persone sono rimaste vittime della bomba ad Hiroshima. 60.000 sono morte bruciate istantaneamente. 60.000 per le ferite. 10.000 sono scomparse. 14.000 sono gravemente colpite e 100.000 leggermente. Soltanto 6.000 dei 250.000 abitanti della città sono rimasti incolumi
Ansa 8 settembre 1945 ore 18.25
….e poco dopo….

“ma per quanti siano ancora vivi, senza nessuna ragione apparente, la loro salute comincia declinare. Perdono l’appetito. I loro capelli cadono. Il corpo si cosparge di macchie azzurrognole. Le orecchi il naso e la bocca cominciano a sanguinare. E poi muoiono”.
Ansa 1945, corrispondente speciale Peter Burkett.  (NdR)

Sicuramente, non depone a suo favore il fatto di aver fatto in ogni modo pressioni sul governo americano per indurlo a realizzare ordigni nucleari, e c’è da ringraziare il Cielo che la seconda guerra mondiale sia finita nel teatro europeo prima che essi fossero pronti, ma in compenso il Giappone se ne beccò due benché avesse già manifestato l’intenzione di arrendersi.

Questa infatti è la sua parte più edificante, di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista, Einstein rinuncia alle posizioni pacifiste e nel 1939, insieme a molti altri fisici, scrive una lettera al presidente Roosevelt, in cui si esprime la possibilità di realizzare una bomba atomica e la necessità di svilupparla comunque prima dei nazisti. (NdR)

Nel dopoguerra Einstein fu fra gli intellettuali che giustificarono i processi staliniani, salvo poi addurre come alibi che “la politica non è facile come la scienza”.
I sionisti avrebbero voluto Albert Einstein come primo presidente di Israele, e certamente sarebbe stato un personaggio adatto a questo ruolo, ma almeno questo lo rifiutò.
L’elenco delle cose che si perdonano ad Einstein in ragione della sua presunta eccellenza come scienziato, non è brevissimo. Ebbene, è proprio questa eccellenza che si può mettere in dubbio. Einstein forse non fu affatto un genio, ma solo un abile plagiario che, esattamente come Freud, e come abbiamo provato anche Karl Marx (NdR), sembra aver rubato senza scrupolo idee altrui. E’ quanto emerge da una ricerca di I. Mosley, pubblicata in italiano sul sito anticorpi.info, “Einstein, plagio e frode”.
Da Freud alla Psicoanalisi
Contemporanea
La questione tecnico scientifica è ben più complicata, ma se aspetto di finire l'articolo che la tratta, già iniziato, tutti e due gli articoli finiscono nel dimenticatoio con altri, più di 400, correlati ognuno con altri due o tre che non riesco mai a finire insieme, ci proverò, tanto poi e lo verifico dalle statistiche, non leggete praticamente mai gli articoli che vi allego salvo poi fare migliaia di visualizzazioni se li condivido singolarmente nei social, "misteri della fede" subumana ... ☺
Ma l'onda, l'atteggiamento, il sistema di seguito illustrati sono corretti e quanto mai in linea con la tesi di fondo sostenuta dall'articolo. (NdR)

La famosa equazione E = mc ^ 2, che stabilisce un rapporto fra la massa e l’energia, non fu opera di Einstein ma di Olindo De Pretto, matematico italiano oggi dimenticato.
Olindo De Pretto
“Secondo Umberto Bartocci, docente presso la Università di Perugia e storico della matematica, questa famosa equazione fu pubblicata da Olinto De Pretto ben due anni prima della pubblicazione delle equazioni di Einstein.
Nel 1903 De Pretto pubblicò la sua equazione sulla rivista scientifica Atte, e nel 1904 la stessa equazione fu pubblicata dal Regio Istituto di Scienze Veneto. Le ricerche di Einstein non furono pubblicate fino al 1905 … Einstein parlava un buon italiano, e visse anche nel Nord Italia per un breve periodo (…).
Il suo furto della equazione di Olinto De Pretto E = mc ^ 2 gli ha dato una notevole credibilità scientifica, su cui egli costruì una carriera scientifica. De Pretto non fu un fisico professionista, e trascorse la sua vita come industriale, venendo a mancare nel 1921.
De Pretto pubblicò la sua equazione in ben due occasioni, e restò senza dubbio molto meravigliato che qualcuno avesse potuto rivendicare il merito del suo lavoro”.
Sembra che Einstein abbia saccheggiato spudoratamente il lavoro di altri colleghi.
“Alcuni sostengono che l’opera di plagio di Einstein si estese al lavoro di numerosi altri fisici. Una domanda che continua a suscitare discussioni riguarda quanto Einstein trasse dal lavoro di Hendrik Lorentz e Henri Poincaré nel formulare la Teoria della Relatività Speciale. Alcuni elementi della teoria di Einstein del 1905 risultano identici a parti di alcuni documenti datati 1904 redatti da Lorentz e Poincaré.
Einstein sostenne di aver letto tali opere dopo il 1905. Un dato apparentemente schiacciante è che il documento di Einstein del 1905 non recava riferimenti, lasciando intendere che egli fosse consapevole di stare nascondendo qualcosa.
Una fonte osserva che
“David Hilbert presentò un articolo contenente le equazioni di campo della relatività generale cinque giorni prima di Einstein”.
Un’altra fonte nota che
“Einstein presentò il proprio documento il giorno 25 Novembre 1915 a Berlino, quando Hilbert aveva presentato il suo il giorno 20 novembre 1915 a Gottinga.
Il 18 novembre, Hilbert ricevette una lettera di ringraziamento da parte di Einstein, a proposito dello invio di una bozza di progetto che Hilbert aveva intenzione di presentare il 20.
Quindi, in realtà, Hilbert aveva inviato una copia del suo lavoro ad Einstein con almeno due settimane di anticipo. Sicché il lavoro di Hilbert si trasformò nel lavoro di Einstein. (David Hilbert morì nel 1943)”.
Non è tutto, praticamente tutto il lavoro di Einstein risulta un furbesco collage di idee e ricerche rubate ai colleghi.
“La determinazione secondo cui la luce abbia una velocità finita fu realizzata da Michelson e Morley decenni prima di Einstein.
Hendrik Lorentz determinò attraverso le sue equazioni la concezione relativistica del tempo e le contrazioni di lunghezza che diventano significative via via che si avvicinano alla velocità della luce.
Questi signori, insieme a David Hilbert e Olinto De Pretto sono stati boicottati in modo tale che Einstein avesse potuto assumere il merito delle loro determinazioni.
“… nel 1927 H. Thirring scrisse che ‘H. Poincaré aveva già completamente risolto il problema alcuni anni prima della comparsa dei primi lavori di Einstein (1905). . . . “
Sir Edmund Whittaker, nella sua indagine dettagliata, “Storia delle Teorie su Etere ed Elettricità, volume II”, (1953), intitolò un capitolo: ‘La teoria della relatività di Poincaré e Lorentz’.
Whittaker documentò accuratamente la autentica storia dello sviluppo della teoria e dimostrò – citando fonti primarie – che Einstein non ebbe alcun merito circa gran parte della teoria. Einstein di contro non addusse controargomentazioni alle accuse del celebre trattato di Whittaker.
Quando il libro di Whitaker fu pubblicato Einstein era ancora in vita, eppure non rispose in alcun modo. Nessuna querela per diffamazione, nessuna smentita, nessun comunicato pubblico”.
Da Buddha a Einstein
Si sospetta addirittura che Einstein abbia sfruttato il lavoro della prima moglie Mileva, più anziana di tre anni e molto più brillante di lui, che sarebbe stata riluttante a denunciare il plagio compiuto dal padre dei suoi figli, figli di cui peraltro Einstein si disinteressò completamente dopo il divorzio da lei. “Einstein”, conclude Mosley, “E’ stato il primo grande truffatore e ladro di idee della scienza moderna”, affermazione con cui non mi sentirei di esprimere pieno accordo perché, come abbiamo visto, Sigmund Freud e Karl Marx (NdR) non erano da meno.
Marx, Freud, Einstein, tre ciarlatani che hanno in ogni senso devastato la cultura europea e dato un contributo fondamentale alla creazione di quel menzognero feticcio che conosciamo come modernità.

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Bene, come vedremo non sono casi isolati ma un modus operandi assai diffuso tra il "popolo eletto" :

Brano tratto da: "HOLOCAUSTICA RELIGIO. Psicosi ebraica, progetto mondialista" di Gianantonio Valli.

"nel 1939, sul «nocciolo della questione», l’inglese Douglas Reed :
«Non fu l’antisemitismo il primo a sorgere, bensì l’antigentile­simo. Voi avete tanto sentito parlare, recentemente, delle leggi antigiudaiche hitleriane di Norim­ber­ga, vietanti i matrimoni misti, che i tedeschi chiamano “contaminazione della razza”. A Budapest, un ebreo, assai intelligente, colto e di larghe vedute, mi disse:“Infine, le leggi di Norimberga non sono che la traduzione in tedesco delle nostre leggi mosai­che, con la interdizione del matrimonio con i gentili“. L’antago­ni­smo di razza cominciò non con i gentili ma con gli ebrei: la loro religione è basata su di esso. La mania razziale, che voi tanto detestate nei tedeschi, ha posseduto gli ebrei per mi­gliaia di anni. Quando questi divengono potenti, subito la praticano; quando essi con­so­lidano la loro posizione in questo o in quel commercio, in questa od in quella pro­fessione, subito s’inizia l’allonta­namento dei gentili. È per questo che voi trovavate, a Berlino, a Vienna, a Budapest, a Praga giornali con forse appena un gentile nel corpo editoriale, teatri posseduti e diretti da ebrei che presentavano attori ed attrici ebree in produzioni ebraiche, lodate da critici ebraici, in giornali ebraici, intere strade con sì e no un negozio non ebraico, rami completi di commercio al dettaglio monopolizzati da ebrei. Gli ebrei, se li conoscete abbastanza e se vi intendete di queste cose a sufficienza perché essi ne parlino apertamente con voi, lo ammetteranno: non potranno negarlo. L’antigenti­lesimo fu l’ini­zio. Fu questo, e non la perfidia dei gentili ad impedire l’assimila­zione degli ebrei. È questo che impedisce loro di diventare mai tedeschi, polacchi, italiani. È questo che li tiene uniti insieme come salde comunità nei paesi stranieri, comunità estremamente ostili ai gentili».
 Ed ancora:
«Nei paesi sconfitti gli ebrei non usarono della grande loro potenza raggiunta per promuovere ed accelerare la assimilazione: ne usarono per accrescere il potere loro e la loro ricchezza e la loro intensa mutua collaborazione, per espellere (in quell’epoca) i non ebrei dalle professioni, commerci e mestieri […] Il sistema è questo. Voi siete ebreo; incontrate un altro ebreo. Questi vi rende un piccolo servigio oppure voi ne rendete uno a lui (per solito si tratta di qualche cosa di non perfettamente regolare, a guardare per il sottile). Su tale base si costruisce un’enorme super struttura di “Protektion”, un ramificante intreccio di relazioni e di raccomandazioni che varca ogni frontiera ed unisce l’intero mondo giudaico […] A Berlino, a Vienna, come io le conobbi, questo lavorio di esclusione [dei non-ebrei] era sempre in opera, implacabile. Fra i negozi delle maggiori arterie, un negozio non ebreo era una rarità. Sapete che nella Regent Street di Berlino, la Kurfürstendamm, i negozi ebrei erano, al tempo dei tumulti del 1938, in così stragrande maggioranza, che in quei giorni si potevano contare i non devastati (cioè i non ebrei) sulle dita di una sola mano? In alcuni rami del commercio (degli abiti, dei cuoi, delle pellicce, dell’oro e dei gioielli, del carbone) prevaleva a Vienna il monopolio ebreo, ed un cristiano che avesse voluto avviarsi a tali commerci aveva pressapoco tante probabilità di riuscita quanto il generale Ludendorff ad una riunione di frammassoni! Quando il tempo si fa minaccioso, questo straordinario sistema di inter-raccomandazioni si estende. Non è ristretto a favori richiesti ai soli ebrei. La macchina dell’intelligenza ebraica si pone al lavoro per attirarsi le simpatie, per assicurarsi l’aiuto dei cristiani».
Ed egualmente, dieci anni dopo, l’italiano Ciro Poggiali in una valutazione incredibilmente equilibrata per l’epoca in cui fu stesa, cioè il primissimo dopoguerra:
«Qui gli ebrei, fu detto autorevolmente, si sono sempre trovati benissimo e, qualunque cosa accada, non dimetteranno mai il proposito di riconquistare le posizioni perdute, dispostissimi, com'è del resto nella loro natura, a dimenticare, almeno apparentemente, l’orrenda tenebra dell’eclisse purché il sole torni a splendere anche per loro”. Tra le molte spiegazioni di questa singolarità, la più interessante mi fu fornita da un nazista obiettivo: date le caratteristiche intellettuali delle moltitudini germaniche, gli ebrei, provvisti di agilità mentale generalmente notevole e di astuzia anche più notevole, si sentivano in Germania in posizione naturalmente predominante; e fra tutte le genti non germaniche che la Germania ospitava nel suo ambito, quelle più atte a mitigare le durezze disciplinari del germanesimo puro. Si sentivano, insomma, armati di una agilità e di una versatilità molto profittevoli in un paese in cui tutto era così rigorosamente quadrato, costretto in dogmi ed in regole e, per dirla in una parola, casermistico. Gli ebrei, effettivamente, dal principio del secolo avevano accentrato nelle proprie mani le leve di comando dell’economia, dell’industria, della finanza, della speculazione scientifica, del teatro, del libro, di tutto ciò che non fosse strettamente militaresco, lasciato volentieri alle cure dei germanici».
Il più Grande Errore di Einstein
Riporta il francese F. Trocase in "L’Autriche juive", fin dal 1898 dal dottor Louis Ernst, «uno degli ebrei più moderati di Vienna [che] non ha esitato a scrivere testualmente, in un opuscolo che, peraltro, non è stato confiscato» :
«Gli ebrei, finché sapranno restare uniti, sono talmente forti che nessuno impedirà loro di rovinare gli Stati, di fermare i commerci, di sospendere ogni affare; e, poiché sono sparsi per tutto il globo, possono gettare su ogni Stato un discredito tale che questo sarà assolutamente impedito nel suo agire. I governi più potenti non saranno in condizione di resistere ventiquattr’ore se avranno contro l’intera razza ebraica».
A questo punto ci viene in aiuto Carl Marx Mordechai Levy che certamente non si smentisce "ingannando con la verità", non è vero che gli “ebrei dello Shabbat” sono diversi da quelli “di tutti i giorni”, erano forse ben peggio essendo loro che scrissero le regole:
“Consideriamo l’ebreo reale mondano, non l’ebreo del Shabbath, come fa Bauer, ma l’ebreo di tutti i giorni. Cerchiamo il segreto dell’ebreo non nella sua religione, bensì cerchiamo il segreto della religione nell’ebreo reale. Qual è il fondamento mondano del giudaismo? Il bisogno pratico, l’egoismo. Qual è il culto mondano dell’ebreo? Il traffico. Qual è il suo Dio mondano? Il denaro. Ebbene. L’emancipazione dal traffico e dal denaro, dunque dal giudaismo pratico, reale, sarebbe l’autoemancipazione del nostro tempo. Un’organizzazione della società che eliminasse i presupposti del traffico, dunque la possibilità del traffico, renderebbe impossibile l’ebreo. La sua coscienza religiosa si dissolverebbe come un vapore inconsistente nella vitale atmosfera reale della società. (…) Noi riconosciamo dunque nel giudaismo un universale elemento attuale antisociale, il quale, attraverso lo sviluppo storico, cui gli ebrei per questo lato cattivo hanno collaborato con zelo, venne sospinto fino al suo presente vertice, un vertice sul quale deve necessariamente dissolversi. L’emancipazione degli ebrei nel suo significato ultimo è la emancipazione dell’umanità dal giudaismo.(…) L’ebreo si è emancipato in modo giudaico non solo in quanto si è appropriato della potenza del denaro, ma altresì in quanto il denaro per mezzo di lui e senza di lui è diventato una potenza mondiale, e lo spirito pratico dell’ebreo, lo spirito pratico dei popoli cristiani. Gli ebrei si sono emancipati nella misura in cui i cristiani sono diventati ebrei.(…) Qual era in sé e per sé il fondamento della religione ebraica? Il bisogno pratico, l’egoismo. Il monoteismo dell’ebreo è perciò, nella realtà, il politeismo dei molti bisogni, un politeismo che persino della latrina fa un oggetto della legge divina.(…) Il Dio del bisogno pratico e dell’egoismo è il denaro. Il denaro è il geloso Dio d’Israele, di fronte al quale nessun altro Dio può esistere. (…) Il Dio degli ebrei si è mondanizzato, è divenuto un Dio mondano. La cambiale è il Dio reale dell’ebreo. Il suo Dio è soltanto la cambiale illusoria. Ciò che si trova astrattamente nella religione ebraica, il disprezzo della teoria, dell’arte, della storia, dell’uomo come fine a se stesso, è il reale, consapevole punto di partenza, la virtù dell’uomo del denaro. (…) La chimerica nazionalità dell’ebreo è la nazionalità del commerciante, in generale dell’uomo del denaro. La legge, campata in aria, dell’ebreo è soltanto la caricatura religiosa della moralità campata in aria e del diritto in generale, dei riti soltanto formali, dei quali si circonda il mondo dell’egoismo. (…)  Il giudaismo, come religione, non ha potuto, da un punto di vista teorico svilupparsi ulteriormente, poiché la concezione del bisogno pratico è per sua natura limitata e si esaurisce in pochi tratti. (…) Poiché l’essenza reale dell’ebreo nella società civile si è universalmente realizzata, mondanizzata, la società civile non poteva convincere l’ebreo della irrealtà della sua essenza religiosa, che è appunto soltanto la concezione ideale del bisogno pratico. Non quindi nel Pentateuco o nel Talmud, ma nella società odierna noi troviamo l’essenza dell’ebreo odierno, non come essere astratto ma come essere supremamente empirico, non soltanto come limitatezza dell’ebreo, ma come limitatezza giudaica della società. Non appena la società perverrà a sopprimere l’essenza empirica del giudaismo, il traffico e i suoi presupposti, l’ebreo diventerà impossibile, perché la sua coscienza non avrà più alcun oggetto, perché la base soggettiva del giudaismo, il bisogno pratico si umanizzerà, perché sarà abolito il conflitto dell’esistenza individuale sensibile con l’esistenza dell’uomo come specie. L’emancipazione sociale dell’ebreo è l’emancipazione della società dal giudaismo". (fonte)
Fonte    ereticamente   unmondoimpossibile   corriere   paolodarpini  olodogma

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