Descrizione

La storia ha due volti: quello ufficiale, mendace e quello segreto e imbarazzante, in cui però sono da ricercarsi le vere cause degli avvenimenti occorsi” - Honorè de Balzac -

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano !" - Isaac Newton -

Contra factum non valet argumentum”

venerdì 10 febbraio 2017

“Magazzino 18”, Simone Cristicchi con il suo spettacolo di teatro civile racconta la tragedia dell’esodo degli istriani e delle foibe - completo



Delle volte rimango interdetto, da quando sono nato, più di mezzo secolo fa ho sempre saputo dell'esistenza delle foibe e degli infoibati, poi decenni dopo vengo a scoprire che era una parte di storia per nulla conosciuta e ancora oggi da alcuni viene negata, chissà da chi ?
Quì siamo proprio nell'ambito della miseria intellettuale umana, ci sono dei miserabili in circolazione che come le zecche si sono appiccicati alla giugulare dell'umanità e non si staccano, non è nemmeno questione di ideologia quanto di bestialità allo stato puro, negare dove ci sono i cadaveri e sostenerli dove non ci sono.
Quando vidi questo spettacolo scoprii invece che la seconda fase, nel 1945 fu una vera e propria pulizia etnica, quando Tito rivendicò i territori, la società delle nazioni chiese quale fosse la maggioranza della nazionalità degli abitanti per assegnarli e da lì il via al genocidio delle foibe attuato anche da annegamenti nel mar adriatico come raccontato da Ottavio Missoni, di lì originario.


Magazzino 18 - Lo spettacolo - 2013

Locandina Magazzino 18

Al Porto Vecchio di Trieste c’è un “luogo della memoria” particolarmente toccante. Racconta di una pagina dolorosissima della storia d’Italia, di una vicenda complessa e mai abbastanza conosciuta del nostro Novecento. Ed è ancor più straziante perché affida questa “memoria” non a un imponente monumento o a una documentazione impressionante, ma a tante piccole, umili testimonianze che appartengono alla quotidianità.
Una sedia, accatastata assieme a molte altre, porta un nome, una sigla, un numero e la scritta “Servizio Esodo”. Simile la catalogazione per un armadio, e poi materassi, letti, stoviglie, fotografie, poveri giocattoli, altri oggetti, altri numeri, altri nomi… Oggetti comuni che accompagnano lo scorrere di tante vite: uno scorrere improvvisamente interrotto dalla Storia, dall’esodo.
Con il trattato di pace del 1947 l’Italia perdette vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e quasi 350 mila persone scelsero – davanti a una situazione intricata e irta di lacerazioni – di lasciare le loro terre natali destinate ad essere jugoslave e proseguire la loro esistenza in Italia. Non è facile riuscire davvero a immaginare quale fosse il loro stato d’animo, con quale sofferenza intere famiglie impacchettarono tutte le loro poche cose e si lasciarono alle spalle le loro città, le case, le radici. Davanti a loro difficoltà, povertà, insicurezza, e spesso sospetto.

Simone Cristicchi è rimasto colpito da questa scarsamente frequentata pagina della nostra storia ed ha deciso di ripercorrerla in un testo che prende il titolo proprio da quel luogo nel Porto Vecchio di Trieste, dove gli esuli – senza casa e spesso prossimi ad affrontare lunghi periodi in campo profughi o estenuanti viaggi verso lontane mete nel mondo – lasciavano le loro proprietà, in attesa di poterne in futuro rientrare in possesso: il Magazzino 18.

Coadiuvato nella scrittura da Jan Bernas e diretto dalla mano esperta di Antonio Calenda, Cristicchi partirà proprio da quegli oggetti privati, ancora conservati al Porto di Trieste, per riportare alla luce ogni vita che vi si nasconde: la narrerà schiettamente e passerà dall’una all’altra cambiando registri vocali, costumi, atmosfere musicali, in una koinée di linguaggi che trasfigura il reportage storico in una forma nuova, che forse si può definire “Musical-Civile”.
E sarà evocata anche la difficile situazione degli italiani “rimasti” in quelle terre, o quella gravosa dell’operaio monfalconese che decide di andare in Jugoslavia, o del prigioniero del lager comunista di Goli Otok…
Lo spettacolo sarà punteggiato da canzoni e musiche inedite di Simone Cristicchi, eseguite dal vivo.


Magazzino 18. Porto Vecchio. Trieste
«Conobbi la storia grazie alla lettura di un libro "Ci chiamavano fascisti. Eravamo italiani" di Jan Bernas, che poi è diventato coautore del testo dello spettacolo. Mi avevano molto colpito sia il titolo di questo libro sia le belle e dolorose testimonianze degli esuli e dei rimasti. Una fra le storie più toccanti e sconvolgenti è quella di un operaio Monfalconese, che racconta il suo internamento nel lager di Goli Otok».




Spettacolo teatrale di Simone Cristicchi andato in onda il "Giorno del Ricordo" 10/02/2014 su Rai1 che narra la tragedia delle foibe e dell'esodo Giuliano-Dalmato.



Cristicchi: «Così tentarono di boicottare il mio Magazzino 18 a teatro»
"Ora le sale se lo contendono".

Spesso i pregiudizi vincono sul coraggio. Ma accade anche il contrario, e nascono le belle storie. Una è quella di Simone Cristicchi, vincitore di Sanremo 2007, e il suo Magazzino 18. Spettacolo teatrale che prende il nome dal luogo, nel Porto Vecchio di Trieste, dove gli italiani, cacciati dall’Istria dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, lasciavano le loro cose. Un vero e proprio percorso nella memoria, quello di Cristicchi, che riconduce al dramma della fuga, alla barbarie delle foibe, alle persecuzioni del regime comunista di Tito. Quella pagina di dolori, insomma, per anni oscurata dalla «storiografia dei vincitori». Parlarne non è mai stato facile, ancor meno costruirci uno spettacolo teatrale. Dopo circa due anni e mezzo, però, Magazzino 18  fa il suo successo: quasi duecento repliche e centomila spettatori.
«Se consideriamo che è uno spettacolo di teatro "civile" - spiega Cristicchi, numeri così sono molto difficili da raggiungere. Ora i teatri se lo contendono, grazie al passaparola del pubblico e degli addetti ai lavori. E pensare che, inizialmente, molti esitavano ad inserirlo in cartellone».
Perché?
«Forse perché è una storia vista con pregiudizio, in quanto considerata "di destra". Ma il mio spettacolo non ha alcuna appartenenza politica. Prima che andassi in scena, studiosi come Gianni Oliva hanno letto il testo e mi hanno dato una sorta di "lascia passare" storico».
All’esordio, nel 2013, ci furono piogge di critiche, l’Anpi ti voleva addirittura ritirare la tessera. A proposito, poi com’è andata a finire?
«Sì, è vero. Ci fu una petizione per revocarmi quella tessera, che mi era stata data a titolo, diciamo così, onorario. Con il tempo, comunque, ho capito che l’Anpi è una realtà molto complessa. C’è una parte molto intransigente, che definisce "eroi" quei partigiani che commisero crimini in tempo di pace per vendetta, o magari appoggiavano gli orrori di Tito. E poi ce n’è un’altra molto aperta al confronto, alcuni degli iscritti sono venuti anche ai miei spettacoli».
E la tessera?
«È scaduta».
Oltre alle critiche, quanti problemi hai avuto nel portare in scena Magazzino 18?
«Spesso attivisti dei centri sociali venivano a volantinare davanti al teatro in cui si svolgeva lo spettacolo. Alcune volte sono andati un po’ oltre, tipo quando, a Bologna, sono entrati con gli altoparlanti per interrompere lo spettacolo. Ma il nostro servizio d’ordine e le forze dell’ordine hanno sempre tutelato gli spettatori».
Tu sei di sinistra?
«Di formazione sì. Man mano che passano gli anni, però, non ci capisco più niente».
Perché la sinistra, sempre zelante nell’ossequio alle altre culture e nel distribuire accuse di razzismo, tace sugli italiani perseguitati da Tito proprio perché italiani?
«In generale mi pare che siano stati compiuti molti passi avanti, oggi gran parte della sinistra riconosce quei fatti. C’è però ancora una minima parte di essa, forse la sinistra estrema, che si rifiuta di farlo. Ho ricevuto una locandina, che poi ho messo sulla pagina Facebook di Magazzino 18, di un convegno che si svolgerà tra qualche giorno, in provincia di Bergamo. Si parla di "migrazione" degli italiani dall’Istria e Dalmazia, e si accenna a motivazioni economiche. Sembra che il comunismo iugoslavo non c’entri nulla con questa tragedia. Ecco, sono tentativi di decontestualizzare gli eventi e sminuire le sofferenze degli italiani coinvolti. Ho letto che come relatore c’è Piero Purini, storico, che ha pubblicato diversi libri con una casa editrice specializzata nel "riduzionismo" delle Foibe. Vorrei vedere se uno invitasse uno di quegli storici negazionisti della Shoah. Ci sarebbe, giustamente, gran clamore. Ma in questo caso no».
Perché questo Paese ha così tanta difficoltà nel costruire una memoria condivisa?
«È vero, è difficile. Anche perché nelle scuole ci sono molti docenti che ostacolano la divulgazione di certi argomenti. A me è capitato di avere delle diatribe con alcuni di loro, ideologizzati, ex sessantottini, persone che vedono il dramma delle Foibe e dell’esodo dall’Istria come una roba "da fascisti". E non conoscono i fatti. Non sanno che a scappare dall’Istria furono anche antifascisti, cattolici. Persone, insomma, di ogni posizione politica e culturale. Il libro di Jan Bernas, scrittore con cui ho realizzato lo spettacolo, si intitola "Ci chiamavano fascisti, eravamo italiani", e parte proprio da questo».
Com’è sfidare l’egemonia culturale della sinistra?
«Secondo me quest’egemonia, negli ultimi anni, è un po’ diminuita. Io ho cercato di raccontare una parte di storia con equilibrio, con la poesia, la musica e le canzoni. Che non vuol dire essere innocui, anzi. Ho raccontato storie vere come quella di Norma Cossetto, o della strage di Vergarolla. Il premio più grande è stato il pubblico che man mano è cresciuto».
                             
                             Magazzino 18
    

“Magazzino 18” Intervista ad Elsa Crevatin, 92 anni, esule da Parenzo. L'8 settembre 1943, le foibe,la fuga a Trieste, l'esodo del 1947, i pregiudizi dell'Italia: una testimonianza diretta di chi ha vissuto la Storia in prima persona, un piccolo contributo al Recupero della Memoria.
L'Undicesimo Comandamento: Non Dimenticare.

 Intervista a PIERO TARTICCHIO, esule da Gallesano (Pola)


Gli italiani dimenticati: la tragedia delle foibe e il racconto degli esuli

In occasione del giorno del ricordo, che ricorre il 10 febbraio, della triste vicenda delle foibe e dell'esodo degli esuli Istriano Dalmati, Nel cuore dei giorni Arancio dedica una puntata speciale condotta da Vito D'Ettorre. In studio Fiorella Vatta, che lasciò l'Istria nel 1947 all'età di 20 anni; in studio anche alcuni ragazzi dell'Istituto Pio XI e Miriana Tramontina Ivone, originaria di Fiume. All'interno la testimonianza di Francesco Tromba. Lucia Bellaspiga, giornalista e figlia di esuli; racconterà che cosa ha significato il silenzio durato più di 60 anni su questa parte di storia, attraverso l'esperienza di sua madre.


ESODO FOIBE







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