Descrizione

La storia ha due volti: quello ufficiale, mendace e quello segreto e imbarazzante, in cui però sono da ricercarsi le vere cause degli avvenimenti occorsi” - Honorè de Balzac -

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano !" - Isaac Newton -

Contra factum non valet argumentum”

giovedì 15 giugno 2017

Il Saccorhytus coronarius, il nostro antenato più antico è un piccolo mostro

Così doveva apparire il Saccorhytus coronarius, nostro antichissimo antenato
Affascinante il lavoro del paleontologo, ricercare, collegare, intuire le radici e la storia remota del pianeta e dell'umanità e complimenti, in questo caso riconoscere e ritrovare dei reperti fossili, di 540 milioni di anni fa sotto 3 tonnellate di rocce sedimentarie, di 1,3 millimetri, ci vuole ben più dello studio, passione, dedizione, costanza, direi anche un pizzico di follia e visionalità ...


31 gennaio 2017

I paleontologi hanno scoperto un nuovo tassello del puzzle dell'evoluzione della vita sulla Terra: uno dei più antichi fossili che possono essere collegati alla discendenza umana.


Da scavi effettuati da un team internazionale di paleontologi, Jian Han, Simon Conway Morris, Qiang Ou, Degan Shu & Hai Huang, provenienti da Cina, Germania e Gran Bretagna, sepolti sotto tre tonnellate di calcare, in rocce sedimentarie, nella provincia dello Shaanxi, nella Cina nordoccidentale sono venuti alla luce 45 fossili più piccoli di un chicco di riso che apparterrebbero a una specie finora sconosciuta, imparentata alla lontana con i vertebrati e per cui con l'uomo.

Ricostruzione artistica del
Saccorhytus coronarius
Il nome dato a questo microrganismo marino di circa un millimetro (1,3 mm) è Saccorhytus coronarius, per via della forma a sacco e di una sorta di corona che circonda la bocca, dal latino saccus "sacchetto" e greco antico ῥύτις rhytis "ruga" da attributive latino coronarius "di una] corona".


La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature dal gruppo della cinese Northwest University di Xìan coordinato da Han Han, riporta la possibilità che questo piccolo essere sia un antenato dei vertebrati, vissuto tra i granelli di sabbia di un antico fondale marino nella fase Fortunian all'inizio del Cambriano, circa 540 milioni di anni fa.

Ricostruzione del Saccorhytus coronarius
DIFFICILE FOSSILIZZAZIONE
La scoperta contribuisce a colmare un vuoto nella linea di una categoria di organismi chiamati Deuterostomes che comprendono il gruppo di appartenenza (vertebrati), nonché una serie di forme diverse che includono echinodermi, hemichordata, i cordati e i gruppi più problematici quali vetulicolians e vetulocystids. I reperti fossili del Cambriano sono ben popolati con esempi rappresentativi, ma i possibili intermedi, sono controversi e la natura dei deuterostomi originali rimane idealizzato.

Curarsi con i Fiori di Bach
Durante il Cambriano, i Deuterostomi si diversificarono in un gran numero di gruppi. Studiando le differenze genetiche delle popolazioni attuali, i biologi hanno ricostruito la loro storia e compreso quando il gruppo si divise in organismi diversi. Finora non era stata identificata la madre, ossia l'origine della diversificazione, perché l'organismo originario era molto piccolo, perciò pochi sono riusciti a fossilizzare. Si pensava addirittura che non se ne potessero mai trovare: è per questo che la scoperta di questi organismi di così ridotte dimensioni è di grande importanza.


Saccorhytus coronarius
Tuttavia, il ritrovamento di questi esemplari non è stato affatto semplice. Per isolarli dalla roccia circostante, spiega Jian Han, della Northwest University,
 «abbiamo dovuto elaborare enormi volumi di calcare e successivamente sottoporli al microscopio elettronico e alla TAC».
Ma alla fine i ricercatori sono stati in grado di ricostruire l’aspetto di questo antichissimo microorganismo e il suo modo di vivere.

In quell’angolo di mondo, all’inizio del periodo Cambriano, il mare era poco profondo, e il Saccorhytus era così piccolo che probabilmente viveva tra i granelli di sabbia sul fondo del mare.

Fossili di Saccorhytus coronarius al
microscopio. NATURE
Secondo lo studio era a simmetria bilaterale, una caratteristica ereditata da molti dei suoi discendenti, compresi gli esseri umani e si caratterizza per il suo corpo globulare o emisferico con una bocca prominente. Il suo corpo era coperto da una spessa cuticola ma flessibile. Questo, secondo i ricercatori, suggerisce che il microorganismo era dotato di una sorta di muscolatura che gli permetteva di muoversi contraendosi in modo simile a quello dei lombrichi. Aveva quattro ruge nodulate di sopra della sua bocca. Attorno al suo corpo ci sono otto aperture in forma di tronco di cono con pieghe radiali, denominati "coni corpo". Due serie di piccoli pori circolari si verificano anche sul corpo; le serie sono ampiamente separate una corre parallela ai coni corpo, mentre l'altra serie è più dorsale e consiste di schiere sub-lineari. In quest'ultimo gruppo di pori potevano essere alloggiate delle setole, che potevano aver giocato un ruolo tattile, compresa la connessione temporanea, mentre il primo set può avere una funzione sensoriale, se avessero potuto alternativamente rilasciare contenuti interni come muco adesivo o gameti. Nella metà zona del suo corpo, spine sporgono anteriormente. 

Fossile di Saccorhytus coronarius al microscopio elettronico
Integratori Vitaminici e Minerali
Ma forse la sua caratteristica più sorprendente era il modo in cui si nutriva. Non c'è ano evidente, il che significa che l'animale doveva consumare il cibo e eliminarlo dallo stesso orifizio, oppure i coni corpo potevano servire per questa funzione oltre a espellere l'acqua. Stando ad alcuni ricercatori queste aperture si trasformarono in branchie nei pesci, delle quali anche la nostra specie mantiene traccia durante lo sviluppo embrionale, e in orecchie per l'uomo. Tuttavia, il forte ripiegamento trovato nei fossili rende questa conclusione provvisoria, Simon Conway Morris, uno degli scienziati coinvolti nella scoperta, ammette la possibilità che la squadra semplicemente non ha individuato l'ano.
I fossili rinvenuti fanno pensare a piccole maschere con un buco nel mezzo a fare da bocca. Questa doveva essere circondata da rugosità che probabilmente permettevano all'organismo di catturare piccole prede.

Meiofauna
Il Saccorhytus molto probabilmente ha vissuto una stile di vita da meiofauna, (Il termine meiofauna, coniato dalla biologa marina Molly Mare nel 1942, indica l'insieme di metazoi che abita i sedimenti marini e d'acqua dolce, sinonimo del termine meiofauna è la locuzione "fauna interstiziale". Gli organismi che la compongono hanno dimensioni comprese fra 30 µm [fino a 20 µm negli ambienti più profondi] e 1 mm e biomassa compresa fra 0.01 e 0.5 µg.) con il suo piano corpo adatto per un habitat interstiziali, come ad esempio la sua spessa cuticola ma flessibile che gli forniva protezione e gli permetteva di sgusciare attraverso i granelli di sabbia, e l'insieme dorsale di pori circolari gli avrebbe permesso di attaccarsi a loro. Mentre per l'alimentazione, le grandi quantità di acqua sarebbero state deglutite poi sarebbero state espulse attraverso i coni corpo.

Il Laboratorio dei Fossili
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Se le conclusioni dello studio sono corrette, allora il Saccorhytus è stato l’antenato comune di moltissime specie e al tempo stesso il primo passo sul percorso evolutivo che centinaia di milioni di anni più tardi ha portato all’uomo.

La mappa della discendenza degli organismi che dal Saccorhytus coronarius ha portato ai vertebrati. NATURE
Spiega Simon Conway Morris dell'Università di Cambridge:
«Se a un primo esame i fossili scoperti somigliano a piccoli granelli neri, sotto il microscopio lasciano attoniti. Si possono infatti osservare molte caratteristiche che hanno permesso una serie di importanti deduzioni. È difficile ovviamente tracciare una precisa linea di discendenza tra noi uomini e il Saccorhytus coronarius, tuttavia non c’è dubbio che possiamo realmente considerarlo un nostro antichissimo antenato».
ContanteLibero.it

Fonte   focus  Nature  en.wikipedia   ilnavigatorecurioso

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lunedì 12 giugno 2017

Il Raid Top Secret Roma-Tokyo. Seconda Guerra Mondiale. Giugno 1942

Aviazione Militare Italiana Formazione di Bombardieri Savoia Marchetti SM75

Dall'"epico" racconto dell'"epica" missione si evince chiaramente in che condizioni si è combattuta la guerra del "famoso" Asse, a parte i nostri soliti problemi conosciuti, tradimenti compresi IL SABOTAGGIO DELLA GUERRA FASCISTA CONTRO LE DEMOPLUTOCRAZIE OCCIDENTALI la ormai conosciuta competizione con la Germania onnipresente e il "tradimento" giapponese Seconda Guerra Mondiale - Patto nippo-sovietico di non aggressione, 13 aprile 1941, che a quanto si legge pare fosse conosciuto ufficialmente.
Si comprende anche che siamo in grado di fare grandi cose, certo questa non è l'unica e nemmeno solo in ambito aeronautico ma poi alla fine ci conosciamo .... 
Bella missione, la conoscono dappertutto ...
Al termine il video con le immagini dell'arrivo in Italia al ritorno.
Nell’estate del 1942 un trimotore italiano S.75 vola da Roma a Tokyo e ritorno per 25.000 chilometri, in gran parte su territorio nemico. Ma l’impresa è segreta, se ne sa poco e non resta nella memoria collettiva. Non si sa – per esempio – che soltanto l’aereo italiano riesce là dove tedeschi e giapponesi falliscono. Non si sa che la rotta e l’avvicinamento al campo sono dettati dal nuovo sestante aeronautico e da due orologi speciali. Per questo la testimonianza del navigatore che li progettò costituisce un documento di notevole interesse storico e tecnico. Publio Magini vive poi un periodo intenso, nell’occhio del ciclone: a Feltre per l’ultimo incontro tra Mussolini e Hitler, a Pescara con il re il 9 settembre 1943, a Malta per il primo incontro tra Badoglio ed Eisenhower. In tre mesi convulsi – quale aiutante di volo del capo del governo – Magini è «l’acuto testimone del subitaneo collasso dell’intera catena di comando». Tornata la pace e passato all’aviazione civile come consulente della Boeing, sarà più tardi il promotore dei primi accordi di collaborazione industriale con la Finmeccanica-Aeritalia.


GIUGNO 1942: IL RAID SEGRETO ROMA-TOKYO 

di Alberto Rosselli
1 aprile 2015

Nel 1942 un velivolo italiano comandato dal tenente colonnello Antonio Moscatelli riuscì a violare il blocco anglo-americano che aveva isolato il Giappone dalle potenze dell’Asse. E l’impresa suscitò l’invidia tedesca

La Storia della Seconda Guerra
Mondiale - Parte 1 - DVD - 50% 
(Da Storia in Network n. 84, ottobre 2003)
Nel corso del secondo conflitto mondiale le Forze Armate aeree e navali italiane hanno compiuto non poche missioni speciali: azioni che, per implicazioni di natura tecnica, militare e politica, hanno assunto i connotati di veri e propri record. Tuttavia, di queste operazioni, quasi tutte condotte con esito felice, poco si sa. Un po’ perché parte della documentazione top secret è andata distrutta o perduta dopo la resa dell’Italia (8 settembre 1943), un po’ perché è nell’indole degli italiani dimenticare in fretta le guerre e le sofferenze ad esse legate.
Dopo l’attacco giapponese alla base Usa di Pearl Harbour (7 dicembre 1941), l’aggressivo Impero del Sol Levante si trovò di fatto, paradossalmente, isolato dai suoi partners dell’Asse. In seguito alla forzata interruzione dei normali e regolari collegamenti navali e aerei tra l’Italia, la Germania e il Giappone (ricordiamo che queste nazioni il 26 settembre 1940 avevano sottoscritto un accordo di mutua assistenza militare ed economica: il “Patto Tripartito”) sia la Germania che l’Italia iniziarono ad escogitare sistemi alternativi per rompere il blocco anglo-americano che impediva ai loro mezzi di raggiungere il Far East. La necessità di forniture e di interscambio di materie prime rare (bisogno condiviso per altro anche dai giapponesi) e quello di coordinare (attraverso scambi di consiglieri militari, piani militari e di codici cifrati) le operazioni contro le forze alleate stimolarono non poco l’immaginazione e la capacità progettuale dei tecnici dell’Asse.

Mussolini con alcuni addetti militari giapponesi
Tra le varie operazioni di collegamento elaborate ed attuate per riallacciare i rapporti tra l’Europa occupata e il Giappone, un posto particolare spetta al raid aeronautico Roma-Tokyo. 
(Nel gennaio del 1942 a Roma si sospettava che i britannici fossero riusciti a forzare i codici di trasmissione fra Italia e Giappone, quindi dovevano essere forniti a Tokyo i nuovi codici con cui comunicare in sicurezza. Escluso il trasporto via terra, considerando i rischi ed i tempi di un trasporto via mare sia con navi di superficie sia con sommergibili fu deciso di trasferirli per via aerea, impresa anche questa tutt'altro che facile. NdR) Nel gennaio del 1942, il Comando dell’Aeronautica Italiana, sollecitato dal Ministero della Guerra, iniziò a pianificare un progetto di volo senza scalo tra l’Italia e il Giappone. Data l’enorme distanza che separava le due nazioni, il generale Fourgier (comandante in capo dell’Aviazione Italiana) si rivolse ad un gruppo di specialisti di raid a lunga distanza: piloti che, in parte, nel 1940, avevano già partecipato, a bordo di speciali trimotori da trasporto Savoia Marchetti SM83, a molti voli transatlantici in direzione del Sud America e, nel 1940/41, a missioni di rifornimento alle piazzeforti italiane isolate in Africa Orientale (Gimma e Gondar). Gli uomini scelti per equipaggiare l’aereo speciale che venne scelto, una versione molto modificata del celebre trimotore da trasporto Savoia Marchetti SM75 (parente stretto dell’altrettanto famoso SM82 che aveva una maggiore capacità di carico ma un’autonomia sensibilmente inferiore). L’SM75 era un robusto monoplano, ideato prima della guerra per i trasporti civili e militari su lunghe distanze, equipaggiato con tre motori Alfa Romeo 128 RC 18 da 750 hp, pesante 11.200 chilogrammi a vuoto e oltre 22.000 a pieno carico [1].

Savoia Marchetti SM.75 GA RT (Grande Autonomia – Roma Tokyo)
Funzionari giapponesi funzionari posano con l'SM.75 GA RT e il suo equipaggio
durante la sua visita a luglio 1942 nell'est asiatico .

L'Arte della Guerra Sun Tzu
L’aereo, che avrebbe avuto un equipaggio di 4 uomini e un carico utile di poche centinaia di chilogrammi era in grado di viaggiare per oltre 8.000 chilometri (senza scalo) ad una velocità di crociera di circa 300 chilometri all’ora e ad una quota compresa tra i 3.500 e i 5.000 metri. Inizialmente, l’equipaggio scelto dal Comando Aeronautico di Roma era composto dai piloti tenente colonnello Amedeo Paradisi (che partecipò al Grand Prix 1937 Istres-Damasco-Parigi e nel 1938 al raid Roma-Dakar-Rio De Janeiro) e capitano Publio Magini (pioniere del “volo strumentale cieco”), dal marconista Ezio Vaschetto e dal motorista Vittorio Trovi. Questo stesso equipaggio effettua il 9 maggio 1942 un volo sperimentale di 28 ore di durata fino ad Asmara (ex colonia italiana di Eritrea) per lanciarvi manifestini patriottici (“Italiani di Eritrea: la Patria non vi dimentica. Ritorneremo!”). L’ardita missione riesce e l’entusiasmo è tale da fare accelerare i tempi per il grande balzo fino al Giappone. L’11 maggio 1942, al ritorno dalla missione in Eritrea, dopo gli ultimi lunghi collaudi compiuti dalla ditta, l’SM75 GA (Grande Autonomia) (aereo MM 60537 NdR) esce dal suo hangar di Roma-Ciampino. Sfortunatamente, per ironia della sorte, durante il suo brevissimo trasferimento dall’aeroporto di Ciampino a quello di Guidonia (poco più di 50 chilometri!), il mezzo ha un’avaria simultanea a tutti e tre i motori e precipita come un sasso. Il comandante Paradisi riesce a compiere un disperato atterraggio di emergenza ma l’aereo si sfascia al suolo e lo stesso Paradisi perde la gamba destra nell’incidente. Miracolosamente, il resto dell’equipaggio esce malconcio ma vivo dal disastro.

Il Savoia Marchetti SM 75 RT sull'aeroporto di Guidonia (1942)

Ripresisi dallo shock i tecnici e i militari italiani iniziano a lavorare febbrilmente. Il Raid Roma-Tokyo non può essere rimandato. Con uno sforzo enorme i meccanici della ditta riescono ad approntare in tempo record un secondo esemplare di SM75 GA e il 9 giugno l’equipaggio di cui fanno parte ora il capitano pilota Mario Curto e il sottotenente radio-aerologista Ernesto Mazzotti. Il coordinamento dell’operazione viene affidato al tenente colonnello Antonio Moscatelli.
(Per sostituirlo fu usato l'aereo MM 60539, su cui furono montati gli stessi motori e fu siglato RT (Roma-Tokyo). Il capitano Publio Magni (navigatore) per tutta la missione dovette portare uno stivaletto gessato per la frattura che aveva subito nell'incidente dell'11 maggio. NdR)


Il governo giapponese temeva complicazioni con il governo sovietico nel caso che l'aereo fosse caduto nelle loro mani, quindi tentò di bloccare la missione, ma ormai le decisioni erano state prese, quindi la missione di trasporto dei cifrari a Tokyo ebbe inizio.
  • Guidonia - 29 giugno 1942 5.30 - Zaporoskje (Ucraina) stessa data ore 14.20
  • Zaporoskje - 30 giugno 18.00 GMT - Pao Tow Chen (Mongolia) 1º luglio 15.30 GMT
A Pao Tow Chen l'aereo fu ridipinto con le insegne giapponesi per esigenze di riconoscimento e per evitare che eventuali spie sovietiche scoprissero il raid.
  • Pao Tow Chen 3 luglio 10.35 GMT - Tokyo (Giappone) stessa data ore 20.00 GMT
Le autorità giapponesi evitarono di dare pubblicità al volo e, dopo pochi giorni, richiesero all'equipaggio di tornare in Italia
  • Tokyo 16 luglio alle prime luci dell'alba (12.20 GMT) - Pao Tow Chen 17 luglio 00.40 GMT
  • Pao Tow Chen 18 luglio 21.45 GMT (l'S.M.75 aveva ripreso le insegne di nazionalità italiane) - Odessa (Romania) 20 luglio 02.10 GMT
  • Odessa 20 luglio 11.00 GMT - Guidonia (Roma) stessa data ore 17.50 GMT

L’equipaggio dell’SM-75
Il 29 giugno 1942, alle 05,30, l’SM75 “RT” (Roma-Tokyo) al comando di Moscatelli decolla da Guidonia (Roma) e dopo un volo di 2.030 chilometri atterra a Zaporoskje (nell’Ukraina occupata dalle forze tedesche), base effettiva di partenza. Il 30 giugno, alle ore 18,00, dopo gli ultimi controlli e dopo avere caricato alcune casse contenenti preziosi cifrari e documenti top secret destinati all’ambasciata italiana di Tokyo, l’aereo italiano, sovraccarico di benzina (10.300 litri) riesce a decollare su una pista di appena 700 metri. In caso di atterraggio di emergenza in zona sovietica, l’equipaggio ha l’ordine di bruciare l’aereo e naturalmente la busta sigillata contenente i nuovi cifrari segreti e le carte nautiche. Per assecondare i desideri dei giapponesi, che non vogliono compromettere i loro rapporti con Mosca, gli italiani non portano alcun documento ufficialmente destinato a personalità di Tokyo [2].
Malgrado tutte le precauzioni e l’assoluto silenzio radio, durante il sorvolo di Stalino e del delta del Volga l’SM75 è individuato dall’artiglieria antiaerea pesante sovietica e viene addirittura intercettato da un caccia (probabilmente uno “Yak”) che, fortunatamente, non riesce ad abbatterlo. Nelle sue memorie, il comandante Moscatelli a questo proposito scriverà:
“Abbiamo avuto la netta sensazione che la nostra rotta fosse nota ai russi”.
L'altro volto della Storia
L’SM75 prosegue comunque il suo lungo viaggio sorvolando la costa settentrionale del Lago Aral, tagliando il Baikal e la catena dei monti Tarbagatai fino a raggiungere i cieli dell’immenso deserto del Gobi. La cartografia di bordo si rivela però inesatta in particolare per quanto concerne l’altitudine e la dislocazione delle catene montuose, e nel contempo la possibilità di volare a quote di sicurezza superiori ai 5.000 metri è molto limitata dallo scarso quantitativo di ossigeno delle bombole (circa 4/5 ore). Le condizioni meteorologiche poi si fanno difficili mano a mano che l’aereo procede in direzione Est, cioè verso l’area del pianeta influenzata dai venti e dalle piogge e dagli addensamenti tipici dell’estate monsonica. L’equipaggio, in questo contesto, fatica nel calcolo della navigazione astronomica. Senza contare che nell’ultimo tratto di volo, in prossimità del confine tra la Cina e la Mongolia, l’SM75 viene investito da una violentissima tempesta di sabbia che lo perseguita fino ad oltre 3.000 metri di quota.

Il Savoia Marchetti SM.75 RT  con le insegne giapponesi

Ciò nonostante, il comandante Moscatelli tiene duro e verso le 22,00 del 30 giugno buca le nuvole e inizia la discesa seguendo l’ampio corso del Fiume Giallo. Alle 15,30 del 1 luglio 1942, il trimotore italiano, quasi al limite della sua autonomia, individua finalmente il campo di atterraggio giapponese di Pao Tow Chen (situato nella Mongolia Interna da tempo occupata dalle truppe di Tokyo) e atterra felicemente su una pista abbastanza buona di 1.300 metri. L’equipaggio viene accolto da un generale dell’aviazione giapponese, responsabile del settore del Hansi, accompagnato da una delegazione militare e da due ufficiali italiani giunti apposta dalla capitale giapponese (il capitano di vascello Roberto De Leonardis e il capitano Enrico Rossi). Dopo avere riposato una giornata, l’aereo riparte in direzione del Giappone che dista ancora 2.700 chilometri, non prima di avere mutato le insegne italiane di riconoscimento con quelle dell’alleato (per evitare di essere abbattuti per errore dalla caccia amica) e di avere preso a bordo un capitano pilota nipponico in qualità di interprete. Alle ore 20,00 del 1° luglio il velivolo italiano atterra all’aeroporto di Tokyo, tra l’entusiasmo della folta rappresentanza italiana. I giapponesi, dal canto loro, si mostrano cordiali ma nulla di più. Il timore di infastidire l’Unione Sovietica è molto forte, come lo è pure il rimpianto di non essere ancora riusciti a mettere a punto un mezzo aereo adeguato per compiere un raid simile in direzione opposta.


L’SM-75 a Tokyo
L’addetto militare tedesco a Tokyo è anch’egli presente ai festeggiamenti di rito che si svolgono all’aeroporto (e poi all’ambasciata italiana) e comunica subito, in cifrato, il risultato strabiliante della missione italiana al Comando del Maresciallo Herman Goering. Quest’ultimo manda quindi un caloroso messaggio di congratulazioni al generale Fourgier e poi se la prende con suo staff accusando i suoi bravi tecnici di non essere in grado di emulare le gesta de quei “dannati camerati maccaroni”. Effettivamente, il volo dell’SM75 “RT” è stato un successo veramente eccezionale, dati i tempi e le contingenze. Il 16 luglio (dopo due settimane dense di incontri tecnici con parigrado e superiori giapponesi, italiani e tedeschi, e…di baldorie) l’equipaggio italiano riporta senza problemi l’aereo a Pao Tow Chen. Qui, dopo avere cancellato per bene le insegne giapponesi e averle sostituite nuovamente con quelle italiane, il velivolo viene revisionato e rifornito di 21.000 litri di carburante. E alle 21,45 del 18 luglio decolla, non senza problemi dato il sovraccarico e l’altitudine del campo (1.020 metri di quota), in direzione dell’Occidente. La rotta del rientro si snoda sul medesimo “routing” dell’andata e il viaggio si svolge tra parecchi inconvenienti: frequenti piovaschi, addensamenti di nuvole, violenti sbalzi di temperatura, formazioni di ghiaccio sulle ali.
Giunto in prossimità del Mar Caspio, il comandante Moscatelli cerca di mettersi in contatto radio con la base italiana di Stalino ma non ci riesce, forse per un guasto all’apparecchio. Fortunatamente, i sovietici non se ne accorgono e grazie ai calcoli astronomici effettuati dal navigatore Magini l’SM75 riesce, alle 02,10 del 20 luglio 1942, ad atterrare felicemente sul campo di riserva di Odessa (Mar Nero), dopo un volo di 6.350 chilometri percorsi il 29 ore e 25 minuti di volo. Pochi giorni dopo, a Guidonia (Roma), Moscatelli e i suoi uomini verranno decorati al valore da Mussolini in persona. Data la penuria di mezzi e di denaro e gli impedimenti di carattere politico, il Comando Supremo Italiano decise di non effettuare nessun altro volo in direzione del Far East. Tuttavia, le importanti osservazioni e gli insegnamenti scaturiti dalla missione dell’SM75 “RT” consentirono ai tedeschi di inaugurare, a partire dall’inizio del 1944, un piano di collegamenti aerei con il Giappone, riuscendo ad effettuare alcuni raid con quadrimotori da trasporto speciali Junker 290.
L'Italia pubblicizzò questo evento il 2 agosto 1942, nonostante la riluttanza del governo giapponese per ragioni diplomatiche, che raffreddò le relazioni tra i due paesi. (3)   NdR

Macrolibrarsi


Cartolina Postale Volo Roma - Tokyo 1942

Le Spie del Vaticano
Note
L'SM.75 si è dimostrato facilmente in grado di trasportare un equipaggio di quattro persone, 17 passeggeri e bagagli per una distanza di 1.721 chilometri (1.069 mi) a 362 km (225 mi) per ora a 4.000 metri (13.123 piedi), e ha stabilito un numero di record mondiali per la velocità-over-distanza con carico utile e la distanza a circuito chiuso. Un SM.75 è stato modificato per impostare record mondiali di durata, ed è riuscito nel 1939, quando coprì circa 12.000 km (7.500 mi). (NdR)
[1] L’SM75 era un velivolo da trasporto civile e militare, monoplano ad ala bassa a sbalzo, trimotore, di costruzione mista. L’aereo fu progettato dall’ingegner Alessandro Marchetti nel 1936 e il primo prototipo (matricola n/c. 32001) decollò dal campo prova di Cameri (Novara), ai comandi del collaudatore Alessandro Passaleva, nel novembre del 1937. L’SM75 venne concepito per dotare l’Ala Littoria (compagnia di bandiera italiana) di un moderno e capace mezzo atto a coprire medie e lunghe distanze con carichi di passeggeri e di merci. Subito dopo l’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940), il Comando dell’Aeronautica di Roma, sulla base delle ottime prestazioni fornite dai pochi modelli civili già operativi, decise di militarizzare gli SM75 già disponibili e di incentivare la produzione di un nuovo lotto destinato, con adeguate modifiche, a missioni speciali a lunga autonomia. La grande distanza che separava l’Italia dai suoi possedimenti coloniali in Africa Orientale (Etiopia, Eritrea e Somalia) e l’isolamento di questi territori, circondati dal nemico, richiedevano infatti l’urgente disponibilità di un aereo in grado di coprire percorsi di non meno di 2.500 chilometri di sola andata. E l’SM75, grazie alle sue buone qualità e caratteristiche, bene si prestava a questo scopo. La versione civile dell’aereo poteva trasportare, normalmente, 17 passeggeri più bagaglio ad una distanza di 1.720 chilometri e ad una velocità massima di 363 chilometri l’ora a 4.000 metri di quota. La versione militare (dotata di una mitragliatrice difensiva dorsale Breda Safat da 12,7 millimetri in torretta Caproni-Lanciani) trasportava invece 24 soldati, con le medesime prestazioni del modello base. L’SM75 era equipaggiato con tre motori radiali Alfa Romeo 126 RC.34 da 750 cavalli a 3.400 metri o da tre motori Alfa Romeo 128 RC.18 da 860 cavalli a 1.800 metri di quota. Il prototipo aveva un’apertura di 29,68 metri, una lunghezza totale di 21,60 metri, un’altezza di 5,10 metri, una superficie alare di 118,80 metri, eun peso a vuoto di 9.500 chilogrammi ed uno a carico massimo di 13.000 chilogrammi. L’SM75 poteva salire a 4.000 metri in 17 primi e 42 secondi ed aveva una quota di tangenza massima di 6.250 metri. Il mezzo era in grado di decollare in 337 metri e di atterrare in appena 280: caratteristiche che lo rendevano idoneo ad operare anche su aeroporti secondari. L’equipaggio del modello civile era di 4 uomini che aumentavano a 5 (il mitragliere) per quello militare.

La Religione che Uccide
[2] A bordo dell’aereo, oltre ai cinque membri di equipaggio, armati con pistole Beretta 7,65 e con a disposizione un fucile Carcano da 6,5, vengono caricati circa 10 chilogrammi di viveri e medicinali e una decina di litri di acqua potabile e caffè. In conformità con gli impegni precedentemente presi con l’ambasciata giapponese a Roma, gli italiani rinunciano a qualsiasi carteggio o indizio che possa mettere in imbarazzo il governo di Tokyo. Per sicurezza, anche il messaggio personale del ministro degli Esteri italiano, Galeazzo Ciano, indirizzato al Primo ministro della Guerra nipponico Hideki Tojo, viene lasciato a terra (esso verrà trasmesso via radio solo a missione completata)
[3] Rosselli, p. 20.


Raid aereo Roma-Tokyo - 1942 - Italian air raid Rome-Tokyo ◆大戦時のローマ 東京飛行

Il Savoia Marchetti SM75 fu un trimotore da trasporto ad ala bassa sviluppato dall'azienda italiana SIAI-Marchetti dal 1935 ed in servizio dal 1938. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale questi aerei proseguirono la loro attività sulle rotte transatlantiche fino all'entrata in guerra degli Stati Uniti, quando furono militarizzati. Nella Regia Aeronautica compirono diverse missioni di trasporto a lungo raggio, arrivando fino a Tokyo.

Il Savoia-Marchetti SM.75 è stato un aereo da trasporto passeggeri e militare italiano degli anni '30 e '40. Era un monoplano trimotore ad ala bassa con un carrello di coda retrattile. Era l'ultimo di una linea di aerei da trasporto che Alessandro Marchetti iniziò a costruire nei primi anni '30. L'SM.75 era veloce, robusto, capace di voli a lungo raggio e poteva trasportare fino a 24 passeggeri per 1.000 miglia.

... Durante la seconda guerra mondiale le forze aeronavali italiane hanno svolto diverse missioni speciali, che - per molte implicazioni tecniche e politiche - sono diventate delle vere imprese. Queste incursioni – la maggior parte delle quali riuscite – sono pressoché sconosciute: in parte perché la documentazione top secret andò perduta o distrutta dopo l'armistizio tra Italia e Forze Alleate dell'8 settembre 1943 e in parte per l'attitudine mentale italiana a dimenticare in fretta le guerre e tutte le sofferenza ad essi correlata.

Dopo l'attacco a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941, il Giappone fu paradossalmente ma subito tagliato fuori dai suoi alleati dell'Asse europeo e dopo l'interruzione dei regolari collegamenti aeronavali tra Italia, Germania e Giappone (il 26 settembre 1940 queste tre nazioni avevano sottoscritto accordo di mutua assistenza militare ed economica, noto come Patto Tripartito) gli alti comandi militari di Roma e Berlino iniziarono a programmare operazioni segrete per raggiungere l'Estremo Oriente per via aerea.

L'esigenza di fornire e scambiare materie prime rare (necessità però ugualmente sentita dai giapponesi) e quella di coordinare – attraverso lo scambio di consiglieri militari, piani e codici segreti – le operazioni contro le forze alleate, abbastanza ha accresciuto sia la fantasia che l'abilità progettuale degli ingegneri dell'Asse. Tra i tanti programmi elaborati e realizzati per collegare l'Europa al Giappone, il raid Roma-Tokyo ha un ruolo rilevante. Data l'enorme distanza tra i due paesi, nel gennaio 1942, il generale Rino Corso Fougier (comandante in capo delle forze aeree italiane) chiese una consulenza ad un gruppo di piloti professionisti che nel 1940 avevano organizzato diversi voli speciali che collegavano l'Italia al Sudamerica e numerose missioni di rifornimento nel 1940-41 alle isolate roccaforti italiane in Africa Orientale (Gimma e Gondar). Questi pochi uomini coraggiosi avevano impiegato velivoli da trasporto particolari come il Savoia-Marchetti SM83, l'SM75 e l'SM82.

Per portare a termine con successo l'incredibile missione no-stop, gli specialisti hanno scelto un Savoia-Marchetti SM75 che aveva una migliore autonomia di carburante rispetto all'SM82, nonostante la maggiore capacità di carico di quest'ultimo.

サヴォイア・マルケッティ SM.75(Savoia-Marchetti SM.75)は、1930年代と1940年代のイタリアの旅客機、軍用輸送機である。

Die Savoia-Marchetti SM.75 war ein dreimotoriges Verkehrsflugzeug des italienischen Flugzeugherstellers Savoia-Marchetti aus den 1930er-Jahren.

Italian Air Force in World War II (third part)

La Regia Aeronautica nella seconda guerra mondiale. Italienische Luftwaffe im Zweiten Weltkrieg. Aviation militaire italienne dans la Seconde Guerre mondiale. Fuerza Aérea Italiana en la Segunda Guerra Mundial. Força Aérea italiana na Segunda Guerra Mundial. Итальянский военно-воздушных сил во Второй мировой войне. 意大利空军部队在战争世界第二 世界のイタリア空軍第2次大戦 חיל האוויר האיטלקי במלחמת העולם השנייה

L'Italia è una delle nazioni che possono vantare una delle più antiche tradizioni nel campo dell'aviazione. Già nel 1884, infatti, l'Impero Reale Italiano (Regio Esercito) era autorizzato a dotarsi di una propria componente aerea, il Servizio Aeronautico, con sede a Roma.

Nel 1911, durante la guerra italo-turca, l'Italia impiegava aerei per la prima volta in tutto il mondo per le missioni di ricognizione e bombardamento.

Il 28 marzo 1923, la forza aerea italiana fu fondata come braccio indipendente da parte del re Vittorio Emanuele III del Regno d'Italia. Questa forza aerea era conosciuta come la Regia Aeronautica (Royal Air Force).

Fenomenologia dell'Individuo
Assoluto. Julius Evola
Durante gli anni trenta la Regia Aeronautica è stata coinvolta nelle sue prime operazioni militari, inizialmente in Etiopia nel 1935 e successivamente nella guerra civile spagnola tra il 1936 e il 1939. Dopo un periodo di neutralità, l'Italia è entrata nella seconda guerra mondiale il 10 giugno 1940 accanto alla Germania. La Regia Aeronautica poteva disporre più di 3.000 aeromobili. La Regia Aeronautica ha combattuto dalle steppe gelide della Russia alla sabbia del deserto del Nord Africa. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, l'Italia è stata divisa in due parti, e lo stesso destino ha avuto luogo la Regia Aeronautica. La fine delle ostilità, l'8 maggio 1945, aprì le porte alla rinascita dell'aviazione militare in Italia.

Savoia-Marchetti S.M.75 - Savoia-Marchetti S.M.79 - Savoia-Marchetti S.M.81 - Savoia-Marchetti S.M.82 - Savoia-Marchetti S.M.84 - Savoia-Marchetti S.M.85 - Savoia-Marchetti S.M.89 - Savoia-Marchetti S.M.91 - Savoia-Marchetti S.M.92 - Savoia-Marchetti S.M.93 - Savoia-Marchetti S.M.95
Savoia-Marchetti S.M.95A

Fonte  storiain    wikipedia.  en.wikipedia   hyoutube

La verità su Via Rasella e sulla strage delle Fosse Ardeatine, di Antonio Leggiero

Luglio 1943: le truppe Usa in Sicilia non portarono solo libertà Le stragi oltre la storia

Italia - Governo - Sinistra - Ennesimo Colpo di Stato, approvato il CETA, i Media non pervenuti ...

Manifestazione contro il CETA in Vallonia nell’autunno scorso

"La globalizzazione è inevitabile e deve funzionare per tutti"
Christine Lagarde, il numero uno del FMI, al Forum Mondiale di Davos dello scorso gennaio.
“Il CETA è un trattato simile al TTIP (quello tra USA e UE), che in un certo senso lo sostituisce visto che molte multinazionali statunitensi hanno una sede anche in Canada, e che, solo per citare alcuni rischi, distruggerà 167.000 posti di lavoro, svenderà i servizi pubblici italiani, renderà irreversibili le privatizzazioni (sanità e ospedali, gestione dell’acqua, servizi sociali, istruzione), sdoganerà in Europa gli OGM, di cui il Canada è il terzo produttore mondiale, e circa 130 mila tonnellate di carne canadese trattata con ormoni”.
Come avevamo anticipato la dittatura delle multinazionali e dei Banksters loro proprietari procede inesorabile, il Nuovo DisOrdine Mondiale in sintesi, posteggiato il TTIP, passa il CETA.
La situazione è grave perchè solo una nazione può avere un parlamento e quindi il Parlamento Europeo non può legiferare ed è illegittimo, l'Europa tra l'altro non ha una costituzione MA ci impongono lo stesso politiche criminali decise altrove e i politici previe minacce, ricatti e/o corruzioni approvano, la BCE fa il resto, illegittima anche lei, il sistema è sempre lo stesso, silenzio assenso il popolo nulla dice e il sistema si autolegittima, ma sperare che il popolo si svegli è come credere ai miracoli e a Babbo Natale ....

E ora non resta che aggiungere che il governo italiano illegittimo anche lui, una bella serie, ora con il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge per la sua ratifica e attuazione; significa che a breve approderà al Parlamento per seguire il consueto iter legislativo, ed essere votato. Questo è un enorme problema perché le leggi di proposta del governo tendenzialmente (ça va sans dire) vengono approvate, pena la sfiducia di quest’ultimo. Per finire la serie i media se ne sono dimenticati, certamente direttiva governativa, quindi voi non mi crederete perchè se non lo dice il TG ... e invece io ho in mano il comunicato stampa del governo, più avanti, guarda un pò e ve la dovete digerire.

Ora si porteranno via quello che resta dopo il colpo di stato del 1992 :
"svenderà i servizi pubblici italiani, renderà irreversibili le privatizzazioni (sanità e ospedali, gestione dell’acqua, servizi sociali, istruzione)"
L'elenco dei colpi di stato 1992, 1994, 2011 più questo che in realtà lo è dietro ci sono sempre gli stessi con nomi diversi
1992 PCI
1994 Ulivo
2011 Partito Delinquenti
2017 Partito Delinquenti
La guerra civile non è finita ma la fanno solo loro ...
E vanno avanti dal 1943 a svendere l'Italia al nemico .
...

Cosa fare dunque? Informarsi, prima di tutto. Capire cosa contiene il trattato, rendersi conto degli scarsi vantaggi economici che promette e delle enormi ripercussioni economiche, sociali, sanitarie, agricole e ambientali che comporta. Ancora, parlarne. Fare pressioni sui canali mediatici nazionali grandi e piccoli, e sopratutto, la parte più difficile, far capire ai nostri politici che un loro sì ci costerà caro, ma loro lo sanno benissimo.l





Il Tribunale UE dà torto alla Commissione Europea su

CETA e TTIP
12 maggio 2017

Dario Tamburrano



La Commissione Europea non doveva e non poteva fermare l'azione dei cittadini.

La Corte di Giustizia Europea ha stabilito l’altro ieri 10 maggio 2007 che la Commissione Europea non doveva e non poteva sbarrare la strada all’azione dei cittadini europei contro il TTIP e contro il CETA. 

Il TTIP é entrato in freezer, ma non é morto, dopo l’elezione di Trump alla presidenza degli USA. Il CETA é invece già stato approvato dal Consiglio UE e dal Parlamento Europeo. E’ pronto ad entrare in vigore provvisoriamente, ma a tempo indeterminato, così da aggirare la prevedibile opposizione di vari Parlamenti degli Stati UE alla ratifica definitiva.

Il Libro che le Multinazionali
Non Ti Farebbero Mai Leggere
La sentenza che il Tribunale dell’Unione Europea ha pronunciato riguarda l’ECI lanciata dalla coalizione internazionale STOP TTIP per fermare il TTIP ed il CETA. L’ECI è uno strumento istituzionale a disposizione dei cittadini previsto dai trattati europei. La Commissione Europea, nel 2014, ha rifiutato di registrare l’ECI e di darvi seguito, sostenendo che essa mancava di legittimità legale. STOP TTIP ha fatto ricorso e il10 maggio 2017 il tribunale si é pronunciato: la Commissione ha torto, l’ECI contro il TTIP e contro il CETA é perfettamente legittima e andava registrata.

Negli oltre due anni e mezzo trascorsi in attesa della sentenza, tuttavia, é stato perfezionato l’iter per l’adozione del CETA che l’ECI chiedeva di fermare.


“Il Primo ministro canadese, Trudeau, qualche giorno fa, si legge nella nota del M5S sul blog di Beppe Grillo, è venuto alla Camera dei deputati. A riceverlo in pompa magna prima la presidente della Camera, Boldrini, e poi il presidente del Consiglio Gentiloni, che, in conferenza stampa con il premier canadese accanto, ha svelato la vera mission delle vacanze romane di Trudeau: sponsorizzare il Ceta, l’accordo commerciale di libero scambio tra Canada ed Unione europea che asfalta Made in Italy e sovranità nazionale”.

Trudeau in Italia, un modo per spalmare vaselina sul trattato CETA
30 maggio 2017
Dario Tamburrano

Il premier canadese é venuto per favorire l’indigeribile accordo commerciale fra UE e Canada “gemello” del TTIP. Il Governo ha appena approvato il disegno di legge per la ratifica

La visita oggi in Italia del primo ministro canadese Trudeau e l’indigeribile trattato CETA fra UE e Canada sono come il dito e la luna. Recita il proverbio: “Quando il dito indica la luna, lo stolto guarda il dito”. Concentrandosi perlopiù sul dito, i media italiani spiegano quanto é bello e giovane Trudeau (pare che l’unico suo difetto siano i calzini a righe); lo immortalano con la maglia di Totti; lo mostrano durante la visita fra le rovine di Amatrice.

Il Business dell'Acqua

In realtà Trudeau é venuto per spalmare vaselina sul CETA, l’accordo “gemello” del famigerato TTIP fra UE ed USA. Il CETA é sul punto di entrare in vigore e costituisce una riforma istituzionale nascosta perché incarica i burocrati di esaminare preventivamente le nuove leggi al di fuori del processo democratico per accertare che esse non ostacolino gli scambi commerciali. A questo viene subordinata la possibilità di prendere decisioni nel pubblico interesse. Poco prima della visita di Trudeau il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge per la ratifica del CETA da parte del Parlamento Italiano.

Il CETA non porta vantaggi ai cittadini di UE e Canada. Anzi: distrugge 167.000 posti di lavoro (questa almeno é la stima) e costituisce un duro colpo per l’agricoltura europea. Esso inoltre impone amplissimi margini per l’intervento privato nei servizi e detta i criteri per l’apertura di attività economiche.

Come se non bastasse, il trattato CETA lascia in bianco il paragrafo relativo alle caratteristiche che gli alimenti canadesi devono possedere per essere venduti nell’UE (in Canada si producono e si consumano OGM e carne agli ormoni): anche i requisiti dei cibi destinati alle nostre tavole vengono demandati dai burocrati e vengono collocati al di fuori del controllo democratico. Il trattato contiene inoltre potenti siluri diretti contro i criteri finora seguiti dall’UE per prendere decisioni su alimenti e industria.

La gran parte del CETA sta per entrare in vigore a titolo provvisorio e a tempo indeterminato per aggirare la prevedibile opposizione dei Parlamenti di vari Stati UE alla ratifica. Se e quando la ratifica avverrà, sarà applicata anche la clausola ISDS (ribattezzata per l’occasione ICS), che consente agli investitori canadesi nell’UE (e viceversa) di citare in giudizio lo Stato in caso di leggi lesive dei loro interessi.

Il testo completo del CETA conta circa 1600 pagine in linguaggio legale e burocratico ed é disponibile solo in inglese. A meno di non essere specialisti, si ha l’impressione di trovarsi davanti a quei trattati che i pellerossa firmavano con i visi pallidi pur senza essere in grado di comprenderli e che poi, la storia insegna, si ritorcevano dolorosamente contro di loro.


Governo Italiano Presidenza del Consiglio dei Ministri




24 Maggio 2017

Il Consiglio dei ministri si è riunito oggi, mercoledì 24 maggio 2017, alle ore 18.50 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente Paolo Gentiloni. Segretario la Sottosegretaria alla Presidenza Maria Elena Boschi.


ACCORDI INTERNAZIONALI


Ratifica ed esecuzione dell’Accordo di partenariato strategico tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Canada, dall’altra, fatto a Bruxelles il 30 ottobre 2016 e dell’Accordo economico e commerciale globale tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra, con allegati, fatto a Bruxelles il 30 ottobre 2016, e relativo strumento interpretativo comune (disegno di legge)

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Angelino Alfano, ha approvato un disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’Accordo di partenariato strategico tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Canada, dall’altra, fatto a Bruxelles il 30 ottobre 2016, nonché dell’Accordo economico e commerciale globale tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra, con allegati, fatto a Bruxelles il 30 ottobre 2016, e relativo strumento interpretativo comune.

Di seguito le principali caratteristiche dei due accordi.

1. Accordo di partenariato strategico (Strategic partnership Agreement – SPA)

L’Accordo di partenariato strategico (SPA) mira a rafforzare il dialogo politico e a migliorare la cooperazione ai livelli bilaterale, regionale e multilaterale e riaffermare lo status strategico delle relazioni tra l’Unione europea (e i suoi Stati membri) e il Canada.

Trappola Globale Sabina Marineo
Si pongono le basi per una più ampia collaborazione in materia di tutela dei diritti umani, non proliferazione delle armi di distruzione di massa, lotta al terrorismo, promozione della pace e della stabilità, su questioni economiche globali, nonché in tema di fiscalità, sviluppo sostenibile, benessere dei cittadini, scienza, tecnologia, ricerca e innovazione, cultura e istruzione, gestione delle catastrofi naturali e causate dall’uomo, giustizia, libertà e sicurezza, ambiente e cambiamenti climatici. A tal ultimo proposito, l’Accordo stabilisce che le parti continuino a sostenere gli sforzi internazionali nell’ambito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e dell’accordo di Parigi. A ciò potrà ricollegarsi il programma G7/Salute, “Impatto dei cambiamenti climatici sulla salute”, proposto dalla Presidenza italiana agli altri Stati, tra cui il Canada, per definire una strategia comune di mitigazione e di adattamento.

Si prevede infine il rafforzamento della collaborazione su questioni quali le migrazioni, l’asilo e la gestione delle frontiere, la cooperazione giudiziaria, la lotta alla criminalità organizzata e informatica, alla corruzione, al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, la protezione consolare e dei dati personali.

2. Accordo economico e commerciale globale (Comprehensive Economic and Trade Agreement – CETA)

Lo scopo dell’Accordo economico e commerciale globale (CETA) tra l’Unione europea (e i suoi Stati membri) e il Canada è stabilire relazioni economiche avanzate e privilegiate, fondate su valori e interessi comuni, con un partner strategico.

Si creano nuove opportunità per il commercio e gli investimenti tra le due sponde dell’Atlantico grazie a un migliore accesso al mercato per le merci e i servizi e a norme rafforzate in materia di scambi commerciali per gli operatori economici. Sul piano commerciale, si stima che il CETA determinerà una crescita dell’interscambio di beni e servizi con l’Ue del 22,9%, per circa 26 miliardi di euro. Benefici sono attesi anche per gli scambi con l’Italia, che nel 2015 è stata l’ottavo maggiore Paese fornitore ed il tredicesimo mercato di destinazione, con esportazioni verso il Canada per circa 7,3 miliardi di dollari canadesi.

L’Accordo garantirà comunque espressamente il diritto dei governi di legiferare nel settore delle politiche pubbliche, salvaguardando i servizi pubblici (approvvigionamento idrico, sanità, servizi sociali, istruzione) e dando la facoltà agli Stati membri di decidere quali servizi desiderano mantenere universali e pubblici e se sovvenzionarli o privatizzarli in futuro.
Gentiloni approva il CETA in silenzio stampa

L’ultimo consiglio dei ministri ha approvato ddl di ratifica del trattato di libero scambio con il Canada, un provvedimento dalle nefaste ripercussioni di cui nessuno dei grandi e piccoli media nazionali ha dato notizia.
di Guido Rossi
26 maggio 2017 

E’ arrivato il CETA, ma non ditelo in giro. Il governo ha approvato il disegno di legge per la sua ratifica ed attuazione, ossia per l’accordo economico e commerciale tra l’Unione europea e il Canada. Ma piano, per favore! Non strillatelo. Eh già, perché il temuto trattato, firmato lo scorso 30 ottobre a Bruxelles e ratificato dal parlamento europeo questo febbraio sta per approdare al parlamento italiano per seguire l’iter legislativo ed essere votato. Chi lo dice? Il consiglio dei ministri che si è riunito mercoledì sera in fretta e furia e senza neanche un minuto di preavviso; quel CDM di cui i rappresentanti solitamente si affrettano a propagandare i risultati e per il quale invece non è stata convocata neanche l’ombra di una conferenza stampa. E come mai, c’è da chiedersi, neanche il più ridicolo e scarso dei media (provare per credere? Fatevi un giro su google) ha dato questa notizia di epocale importanza? Perché è meglio farlo passare in sordina, o perché forse questo “gran valore” economico non lo ha? Per entrambi i motivi.

Scopo dell’Accordo, si legge nel comunicato del governo,
“è stabilire relazioni economiche avanzate e privilegiate, fondate su valori e interessi comuni, con un partner strategico”. 
Si creano nuove opportunità per il commercio e gli investimenti tra le due sponde dell’Atlantico , si legge ancora
“grazie a un migliore accesso al mercato per le merci e i servizi e a norme rafforzate in materia di scambi commerciali per gli operatori economici”.
L'Alimentazione in Ostaggio
Accidenti, che grande occasione, addirittura la sola Italia potrebbe beneficiare in termini di maggiori esportazioni verso il Canada “per circa 7,3 miliardi di dollari canadesi”. Ripetiamolo insieme: sette miliardi. Per avere un’idea, l’IMU che noi italiani abbiamo pagato sui nostri immobili, nel solo 2016, è costata 10 miliardi di euro; circa la stessa cifra è stata spesa dal governo Renzi per pagare i famigerati “80 euro”. Il governo Gentiloni ha recentemente “salvato” il sistema bancario creando con estrema facilità un fondo da 20 miliardi di euro. Di esempi se ne potrebbero fare a bizzeffe, ma il concetto è chiaro: questo accordo economicamente non vale la carta su cui è stampato, e il problema maggiore è che a fronte di un così ridicolo guadagno – nemmeno sicuro, considerato che si tratta di stime – stiamo per svendere completamente la nostra nazione, e non è un esagerazione. Perché ciò che più fa male è che i nostri governanti si affrettino a specificare come l’accordo
“garantirà comunque espressamente il diritto dei governi di legiferare nel settore delle politiche pubbliche, salvaguardando i servizi pubblici (approvvigionamento idrico, sanità, servizi sociali, istruzione) e dando la facoltà agli Stati membri di decidere quali servizi desiderano mantenere universali e pubblici e se sovvenzionarli o privatizzarli in futuro”.
Peccato che la cosa, oltre a suonare palesemente come una “escusatio non petita”, è oltremodo falsa.

Spieghiamoci. E’ vero che “espressamente” il testo del CETA, nelle sue premesse, “riconosce” agli Stati membri il diritto di prendere autonome decisioni in materie di interesse pubblico come appunto la sanità e il resto, ma in maniera altrettanto precisa descrive il funzionamento del “dispute settlement”, ossia di un arbitrato internazionale cui una “parte” (che può essere uno Stato ma anche un’azienda che opera sul suo territorio) può fare ricorso in caso sia in disaccordo con decisioni prese da altre parti. Tradotto, un’altra nazione o peggio una semplice società, spesso multinazionale, può impugnare una decisione di uno Stato anche quando adottata “nel diritto di legiferare nel settore delle politiche pubbliche”, qualora questa vada a “discriminare” il business dell’azienda. Il funzionamento di questo “tribunale privato” fa diretto richiamo al DSS, identico strumento previsto dall’Organizzazione Mondiale del commercio (o “WTO”, accordo simile al CETA ma su scala globale). Quest’ultimo prevede la selezione di un “panel” di giudici, composto da esperti provenienti solitamente dal mondo della consulenza privata (esatto, delle multinazionali) o da atenei altrettanto privati. Il panel redige un rapporto contenente la propria opinione circa l’esistenza o meno di un’infrazione alle regole del WTO.

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Esso non ha la forza legale di una vera e propria sentenza eppure la procedura di appello ha una durata massima prevista in novanta giorni, e la sentenza, dopo l’approvazione, è definitiva. Sintetizzando: l’Organizzazione Mondiale del Commercio (cui l’Europa e l’Italia hanno aderito da più di vent’anni, nel 1995) ha fini prettamente economici e finanziari; gli Stati, si dice, sono sovrani, eppure i principi che regolano gli scambi internazionali sono al di sopra delle leggi nazionali, ed internazionali; in caso di controversie, le parti (non gli Stati in realtà, quanto le società multinazionali “discriminate”) possono rivolgersi al WTO e chiedere se sia giusto o meno non applicare il suo regolamento; il WTO, privato e- sicuramente -imparzialissimo, emette la sentenza, che, per carità, non ha forza legale vera e propria (non essendo un vero tribunale), però è ad ogni modo inappellabile e definitiva. Democraticamente. E quel che è previsto per il WTO vale per il CETA. Il tribunale del WTO è stato mai adito per questioni sugli scambi internazionali? Oh sì! Solo gli Stati Uniti sono stati coinvolti in più di 95 casi contro società private, e di questi processi gli USA, in qualità di nazione, ne ha persi 38 e vinti appena 9. Gli altri o sono stati risolti tramite negoziazioni preliminari oppure sono ancora in dibattimento. In circa 20 casi il Panel addirittura non è mai stato formato, e la maggior parte dei processi che hanno perso riguarda livelli di standard ambientale, misure di sicurezza, tasse e agricoltura.

Questo panegirico forse può risultare oscuro pertanto è utile fare una semplificazione: lo Stato italiano, al contrario di quanto dice il governo Gentiloni, non può decidere autonomamente alcunché, prima di tutto perché fa parte dell’Unione europea e ha siglato accordi comunitari come il Patto di stabilità e il fiscal compact, oltre a far parte di un’unione monetaria, quindi di partenza non ha alcun potere decisionale in termini di politiche monetarie, fiscali, economiche e sociali. Secondo poi, pur godesse di una simile sovranità, comunque rischierebbe di trovarsi contro cause miliardarie, private, e di perderle, con tanti saluti al “potere politico”. Quel che allora il misero comunicato stampa del consiglio dei ministri dice in parte è vero, ossia che il governo può “decidere quali servizi mantenere universali e pubblici e se sovvenzionarli o privatizzarli in futuro”. Scopo dell’accordo è infatti di liberalizzare completamente qualsivoglia tipo di merce o servizio, inclusi quelli che teoricamente uno Stato soltanto dovrebbe garantire, e che invece già stanno finendo in mano ai privati (cliniche sanitarie, scuole, ecc ecc), in un mondo che sempre più sarà alla portata di poche persone e tasche. Ed ecco che la nostra carta Costituzionale si trasforma in carta igienica.

Scoperte Mediche Non Autorizzate
Marco Pizzuti
Quanto alle “potenzialità” di esportazione la nostra bella Penisola, da sempre caratterizzata da una grande vocazione all’export, già da tempo ha incrementato la vendita dei propri beni all’estero. Siamo più competitivi? Facciamo cose migliori? Ne più ne meno come prima, semplicemente gli italiani non hanno più una lira (i consumi domestici sono drasticamente calati, grazie a politiche iniziate da Mario Monti che in una celebre intervista ammise di “distruggere la domanda interna”) e quindi le imprese (quelle che non hanno chiuso) si sono arrangiante puntando ancor più sui mercati forestieri; solo pochi giorni fa l’Istat ha registrato nei suoi dati la “morte” della classe media italiana. Nel frattempo, visto che le merci di qualità come quelle nostrane non ce le possiamo permettere, nei nostri negozi arrivano tonnellate di merce a basso costo ma di pessima qualità che viene assoggettata a controlli scarsi o addirittura nulli, poiché già siamo in un’unione di libero scambio, l’Unione europea, che stiamo per estendere al Canada. Inutile dire che simili politiche danneggiano direttamente le nostre imprese, dunque il lavoro e in generale il benessere del nostro popolo. Tutto questo per, forse, sette miseri miliardi. Neanche i 30 denari di Giuda.

Monti confessa : "Stiamo distruggendo la domanda interna
Alla fine l'ha detto. Intervistato dalla CNN, così Mario Monti : "Stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale. Quindi, ci deve essere una operazione di domanda attraverso l'Europa, un'espansione della domanda". Cosa era venuto a fare l'abbiamo sempre saputo, ma forse lui non l'aveva mai detto così chiaramente. Ma come si distrugge la domanda interna? LEGGI BENE QUI: .byoblu


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