Questa storia mi pare un pò la replica di un'altra, creato un precedente ... e si scambiano anche le fotografie con lo stesso sistema truffa, le persone non hanno la targa di riconoscimento e questa come l'altra prove ... nada, niente, nisba, favole uguali, quì li avrebbero buttati nella calce viva, alcuni stipati nelle navi, altri a piedi da Napoli fin quasi in Francia, magari sui gomiti, e bisognava anche sorvegliali, incommentabile, stupidi questi come sarebbero stati gli altri, se ti devo scannare ti taglio la gola, punto, perchè sprecare calce, gas, tempo, risorse, viaggi ??
Ho sentito questa favola sono andato a ricercare, poi non si nega che Inglesi, Rothschild e massoneria abbiano fatto i loro interessi approfittando dei debiti dei Savoia, solita storia ... il debito ...
Interessante che dopo 150 anni si cerchi di dividere l'Italia e da più parti, certamente non fa comodo capire i sistemi di potere o forse ci sono degli interessi di parte, un bel misto di ignoranza, egoismi e tradimenti, al solito .... o forse per nascondere i fallimenti, se hai perso, hai perso, ti rialzi e gli rompi il culo, altrimenti blateri ...
11 Feb 2013
di Gianfrancesco Ruggeri
Chi abbia studiato un po’ di contro storia risorgimentale saprà che negli ultimi anni la fortezza sabauda di Fenestrelle è stata più volte descritta come luogo di prigionia per migliaia di soldati borbonici che vi sarebbero stati reclusi e uccisi a migliaia. Gli scrittori più infervorati hanno parlato di un vero e proprio lager, di un campo di sterminio ante litteram accomunando la sorte dei soldati borbonici prigionieri a quella dei deportati nazisti.
Il 6 luglio 2008, sotto una pioggia battente, un gruppo di aderenti e sostenitori dei Comitati Due Sicilie salì a Fenestrelle e inaugurò una lapide che dice testualmente:“Tra il 1860 e il 1861 vennero segregati nella fortezza di Fenestrelle migliaia di soldati dell’esercito delle Due Sicilie, che si erano rifiutati di rinnegare il re e l’antica patria. Pochi tornarono a casa, i più morirono di stenti. I pochi che sanno si inchinano”.Duccio Mallamaci, coordinatore per Piemonte e Calabria del Partito del Sud, tenne un discorso in cui definì Fenestrelle un campo di sterminio come Auschwitz o Belzec, e affermò che 8000 uomini vi erano morti di fame e di freddo e che i prigionieri meridionali che vi transitarono furono stati 40.000..
Lapide a Fenestrelle |
No, assolutamente no, si tratta di una bufala colossale che Alessandro Barbero, professore di storia all’Università del Piemonte Orientale, ha smascherato in modo ineccepibile con la sua ultima fatica “I prigionieri dei Savoia – La vera storia della congiura di Fenestrelle”.
Si tratta di un’opera serissima e molto precisa, ben 316 pagine dove minuziosamente vengono ricostruiti con pazienza e precisione gli eventi, basandosi su di un’accurata ricerca archivistica, testimoniata da più di 40 pagine di note.
Allora quanti sono stati i prigionieri borbonici trasferiti a Fenestrelle, quanto vi hanno soggiornato, come sono stati trattati e quanti di loro sono morti in questo presunto campo di stermino?
1) Fra il 9 e il 10 di novembre del 1861 giunse a Fenestrelle una colonna di prigionieri borbonici catturati a Capua il 2 di novembre, in totale si trattava di 1.186, ben lontani quindi dai 40.000 favoleggiati.
2) La maggior parte di questi prigionieri ha soggiornato a Fenestrelle per non più di tre settimane, dato che con una circolare ministeriale del 20 di novembre si prevedeva che tutti i prigionieri borbonici fossero inviati ai depositi e ai reggimenti dell’esercito italiano per esservi arruolati. Anche da Fenestrelle già il 28 di novembre partirono, dotati di viveri per il viaggio, i primi contingenti di prigionieri borbonici, tanto che il primo di dicembre il contingente di prigionieri si era ridotto a 70 uomini, tutti ospedalizzati e per tanto al momento inabili a partire.
Risorgimento & Massoneria |
4) In definitiva quanti sono stati i prigionieri borbonici morti a Fenestrelle? 5, dicesi cinque, sich, five, cinco, cinq, fünf e sono stati regolarmente annotati sui registri parrocchiali della chiesa di Fenestrelle. Questo dà l’idea di quanto sia colossale la bufala, 5 morti diventano migliaia e migliaia, neppure 1.200 prigionieri diventano decine di migliaia di segregati, tre settimane di prigionia divengono anni e anni con prospettive di vita non superiore ai tre mesi.
Di fronte ai dati dei registri parrocchiali i sostenitori dello sterminio replicano che quelli furono i pochi morti registrati, gli altri sono stati fatti sparire, sciolti nella calce viva e non hanno lascito traccia, neppure negli archivi, neppure in parrocchia: insomma il governo sabaudo scientificamente avrebbe pianificato il loro inconfessabile sterminio.
Regno delle Due Sicilie. Guastatore 1860 |
Stimavano di poter arruolare almeno 50.000 ex soldati borbonici, erano convinti che liberati dalla schiavitù del Borbone, questi “fratelli italiani” avrebbero gioiosamente aderito alla causa nazionale. A leggere certe cose cascano le braccia, quanto dovevano essere alienati i politici che hanno fatto l’Italia? Come potevano pensare che i soldati borbonici, cui fino al giorno prima i garibaldini avevano sparato addosso, aderissero gioiosamente e si sentissero liberati?
Ciò nonostante la stragrande maggioranza degli ex soldati borbonici venne in seguito arruolata nell’esercito italiano, certo non gioiosamente come credevano gli illusi politici risorgimentali, ma di sicuro senza il minimo spargimento di sangue, al massimo vi furono casi di diserzione o di tentata diserzione e casi di insubordinazione puniti dai tribunali militari.
Anche questi soldati sono stati inviati a Fenestrelle negli anni successivi, perché Fenestrelle era un luogo di punizione, come più tardi lo sarebbe stata Bolzano e poi la Sardegna e vi venivano mandati tutti i soldati problematici compresi quelli sorpresi a commettere reati comuni e reati di camorra. In questi casi non si può più parlare di prigionia, bensì di punizione che consisteva nel trascorrere parte del periodo di leva in forza ai Cacciatori Franchi di stanza al forte, né si può sostenere che la misura abbia colpito solo gli ex soldati borbonici, bensì ha riguardato tutti i neo sudditi italiani: se qualche ex soldato delle Due Sicilie è stato punito per aver urlato “Viva Francesco II, re d’Italia”, al posto di “Viva Vittorio Emanuele, re d’Italia”, allo stesso tempo qualche militare di leva lombardo è stato trasferito a Fenestrelle “per aver impunemente gridato Viva Giuseppe II, Imperatore d’Austria”.
In sintesi non si vuole negare che l’occupazione delle Due Sicilie fu una semplice guerra di conquista e non di liberazione, una aggressione bella e buona, una violenza pura e semplice, ma come dice Oneto, prendere atto e riconoscere questo torto è già sufficiente, non è necessario favoleggiare che il sud fosse un Eldorado, né inventarsi stermini e genocidi che fortunatamente non sono mai esistiti.
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Fenestrelle non era un lager. Una ricerca smentisce le tesi neoborboniche |
Lunedì 19 novembre 2012 - In questa puntata di Volta Pagina, realizzata in collaborazione con la Libreria Belgravia, Viviana Dragani ha intervistato Juri Bossuto, autore con Luca Costanzo del saggio: "Le Catene dei Savoia", per Editrice Il Punto
“Un volume che, attraverso le storie di condannati, giustiziati, donne di malaffare e borbonici vuol provare a dissipare alcuni luoghi comuni per offrire una visione più aderente alla realtà sul quadro sociale e carcerario degli anni in cui i ‘miserabili’ si riversavano su Torino dalle campagne, facendo dei portici le proprie case”.
Juri Bossuto e Luca Costanzo con un buon lavoro d’archivio e di ricerca basato su documenti parrocchiali, militari e civili dell’epoca, dimostrano “tangibilmente che per quanto riguarda Fenestrelle ciò che è stato scritto da autori come Fulvio Izzo, Gigi Di Fiore, Lorenzo Del Boca o Pino Aprile è pura invenzione “ , come scrive Alessandro Barbero nella prefazione .
Furono circa quaranta i decessi in cinque anni , dal 1860 al 1865 di soldati borbonici e papalini , ormai appartenenti ai Cacciatori Franchi. LE CATENE DEI SAVOIA: studio prezioso che va oltre il buon lavoro su FENESTRELLE
«Questa è la storia di ciò che accadde a Fenestrelle, ma anche a Torino, a Napoli, a Milano, a Gaeta e in altri luoghi d'Italia, fra il 1860 e il 1861, quando l'esercito delle Due Sicilie venne sconfitto in una guerra non dichiarata, i suoi uomini fatti prigionieri o sbandati, e poi trasportati al Nord per essere arruolati contro la loro volontà nell'esercito italiano.»
Chi erano quegli uomini e quanti erano? Cosa accadde davvero agli ex-soldati borbonici caduti nelle mani delle autorità vittoriose negli anni che portarono all'unità d'Italia?
Alessandro Barbero racconta la loro vera storia ma anche la storia di come quegli avvenimenti siano diventati nell'Italia del Duemila materia di un'invenzione storiografica e mediatica.
Furono circa quaranta i decessi in cinque anni , dal 1860 al 1865 di soldati borbonici e papalini , ormai appartenenti ai Cacciatori Franchi. LE CATENE DEI SAVOIA: studio prezioso che va oltre il buon lavoro su FENESTRELLE
I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle |
Chi erano quegli uomini e quanti erano? Cosa accadde davvero agli ex-soldati borbonici caduti nelle mani delle autorità vittoriose negli anni che portarono all'unità d'Italia?
Alessandro Barbero racconta la loro vera storia ma anche la storia di come quegli avvenimenti siano diventati nell'Italia del Duemila materia di un'invenzione storiografica e mediatica.
Il forte di Finestrelle, |
"La sera del 9 novembre 1860 una colonna di soldati in lacere uniformi turchine, disarmati e sotto scorta, marciava lungo la tortuosa strada di montagna che risale la Val Chisone, nelle montagne piemontesi, verso la fortezza di Fenestrelle, costruita a 1200 metri di altezza sul livello del mare. Erano prigionieri dell' esercito borbonico catturati per lo più a Capua il 2 novembre, trasferiti per mare da Napoli a Genova e poi trasportati in treno fino a Pinerolo e da lì a piedi, giacché non c'era altro mezzo, alla fortezza.
Tutti i fatti che abbiamo raccontato fin qui sono veri: tanto la risalita della colonna dei prigionieri la notte fra il 9 e il 10 novembre, quanto la manifestazione del 6 luglio 2008. Quasi tutto quello che venne detto in quest'ultima occasione a Fenestrelle è invece menzogna e mistificazione".
«L'idea di inviare al Nord i prigionieri di guerra si impose fin dall'inizio, per due motivi indipendenti l'uno dall'altro: per un verso, le autorità a Napoli, sia civili sia militari, erano molto preoccupate di dover farsi carico di tutta quella gente, e mancavano completamente di strutture adeguate; per altro verso, nell' euforia del momento si pensava che non ci sarebbe stata nessuna difficoltà ad arruolare direttamente i soldati napoletani nell'esercito italiano, in una prospettiva di confluenza pacifica dell'intero regno delle Due Sicilie nel nuovo regno d'Italia".
La confusione fu grande. I soldati e gli ufficiali borbonici avevano diritto alle garanzie dovute ai prigionieri di guerra. Ma la decisione del governo di Torino era di arruolarli subito nell'esercito italiano. Non tutti furono d'accordo e si appellarono al giuramento prestato al loro re. I conflitti furono aspri, indicatori dell'alterigia dei vincitori, espressione spesso di culture allora assai lontane tra loro e di un'idea soltanto formale dell'unità tra italiani del Nord e del Sud.
La lettera del generale Alfonso La Marmora a Cavour, il 18 novembre 1860, può fare da cruda testimonianza:
Di continuo, poi, affioravano problemi umani e politici. I siciliani detestavano i soldati borbonici per l'attività repressiva usata in passato; i siciliani e i calabresi erano caratterialmente come i cani e i gatti; i siciliani non avevano mai perdonato ai napoletani la loro caduta di prestigio quando il re si trasferì con la corte a Napoli. E non erano per nulla graditi gli ufficiali garibaldini, dal generale Bixio in giù, entrati nel regio esercito.
Quasi sessantamila soldati furono in ogni modo arruolati; non pochi finirono nelle 400 bande del brigantaggio; gli sbandati a San Maurizio Canavese; i ribelli - 260 - nella fortezza di Fenestrelle, in val Chisone, nel corpo dei Cacciatori Franchi, quelli che probabilmente diventeranno i battaglioni di disciplina. Qui scoppiò un caso di cui ancora oggi si parla: la fortezza qualche anno fa è stata paragonata dai dissennati nostalgici neoborbonici persino al lager di Auschwitz.
Il famoso complotto di Fenestrelle: si disse di dieci soldati di origine meridionale che si erano ammutinati, decisi a impadronirsi della fortezza, con il proposito di occupare, chissà come, il Piemonte e di marciare poi sulla capitale. I giornali clericali soffiarono sul fuoco, «La civiltà Cattolica» scrisse del pericolo «di vedere la bandiera di Francesco II sventolare sulla torre del Palazzo Madama».
Finì tutto in una bolla di sapone. Barbero documenta le diverse fasi dell'inchiesta della magistratura militare e civile. Non ci furono morti e feriti e neppure saccheggi. Il 7 gennaio 1862 il Tribunale di Pinerolo assolse tutti gli imputati e li rinviò ai loro corpi militari.
Una congiura inesistente, forse appena pensata. E questo rende ancora più gravi le strumentalizzazioni e le falsificazioni degli assatanati neoborbonici di oggi. E non soltanto le loro.
Tutti i fatti che abbiamo raccontato fin qui sono veri: tanto la risalita della colonna dei prigionieri la notte fra il 9 e il 10 novembre, quanto la manifestazione del 6 luglio 2008. Quasi tutto quello che venne detto in quest'ultima occasione a Fenestrelle è invece menzogna e mistificazione".
Documenti Su Garibaldi e la Massoneria |
La confusione fu grande. I soldati e gli ufficiali borbonici avevano diritto alle garanzie dovute ai prigionieri di guerra. Ma la decisione del governo di Torino era di arruolarli subito nell'esercito italiano. Non tutti furono d'accordo e si appellarono al giuramento prestato al loro re. I conflitti furono aspri, indicatori dell'alterigia dei vincitori, espressione spesso di culture allora assai lontane tra loro e di un'idea soltanto formale dell'unità tra italiani del Nord e del Sud.
La lettera del generale Alfonso La Marmora a Cavour, il 18 novembre 1860, può fare da cruda testimonianza:
«Non ti devo lasciare ignorare che i prigionieri napoletani dimostrano un pessimo spirito. Su 1.600 che si trovano a Milano, non arriveranno a 100 quelli che acconsentiranno a prender servizio. Sono tutti coperti di rogne e di vermina, moltissimi affetti da mal d'occhi o da mal venereo, e quel che è più, dimostrano avversione a prendere da noi servizio. (...) Non so per verità che cosa si potrà fare di questa canaglia».I reazionari di ogni specie, in particolare gli ambienti clericali, fomentavano lo scontro contro il Regno d'Italia. «La Civiltà Cattolica», la rivista dei gesuiti, come sottolinea l'autore, era in prima fila nello scrivere menzogne (e guarda un pò come magicamente esce fuori chi già allora seminava zizzania NdR):
«Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e in Lombardia, si ebbe ricorso a uno spediente crudele e disumano, che fa fremere. Quei meschinelli appena coperti da cenci di tela e rifiniti di fame furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e d'altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima caldo e dolce come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimar di fame e di stento fra le ghiacciaie! E ciò perché fedeli al loro giuramento militare ed al legittimo Re».
Regno delle Due Sicilie Cacciatori 1859 |
Il famoso complotto di Fenestrelle: si disse di dieci soldati di origine meridionale che si erano ammutinati, decisi a impadronirsi della fortezza, con il proposito di occupare, chissà come, il Piemonte e di marciare poi sulla capitale. I giornali clericali soffiarono sul fuoco, «La civiltà Cattolica» scrisse del pericolo «di vedere la bandiera di Francesco II sventolare sulla torre del Palazzo Madama».
Finì tutto in una bolla di sapone. Barbero documenta le diverse fasi dell'inchiesta della magistratura militare e civile. Non ci furono morti e feriti e neppure saccheggi. Il 7 gennaio 1862 il Tribunale di Pinerolo assolse tutti gli imputati e li rinviò ai loro corpi militari.
Una congiura inesistente, forse appena pensata. E questo rende ancora più gravi le strumentalizzazioni e le falsificazioni degli assatanati neoborbonici di oggi. E non soltanto le loro.
Con un libro sui soldati borbonici prigionieri nel forte dei Savoia, Alessandro Barbero ha scatenato le proteste del Sud. Ora risponde a chi lo accusa.
di Alessandro Barbero da “La Stampa” del 21 ottobre 2012
Nell’estate 2011 mi è successa una cosa che non avrei mai creduto potesse capitarmi nel mio mestiere di storico. In una mostra documentaria dedicata ai 150 anni dell’Unità mi ero imbattuto in un documento che nella mia ignoranza mi era parso curiosissimo: un processo celebrato nel 1862 dal Tribunale militare di Torino contro alcuni soldati, di origine meridionale, che si trovavano in punizione al forte di Fenestrelle. Lì avevano estorto il pizzo ai loro commilitoni che giocavano d’azzardo, esigendolo «per diritto di camorra». In una brevissima chiacchierata televisiva sulla storia della camorra, dopo aver accennato a Masaniello – descritto nei documenti dell’epoca in termini che fanno irresistibilmente pensare a un camorrista – avevo raccontato la vicenda dei soldati di Fenestrelle.
La trasmissione andò in onda l’11 agosto; nel giro di pochi giorni ricevetti una valanga di e-mail di protesta, o meglio di insulti: ero «l’ennesimo falso profeta della storia», un «giovane erede di Lombroso», un «professore improvvisato», «prezzolato» e al servizio dei potenti; esprimevo «volgari tesi» e «teorie razziste», avevo detto «inaccettabili bugie», facevo «propaganda» e «grossa disinformazione», non ero serio e non mi ero documentato, citavo semmai «documenti fittizi»; il mio intervento aveva provocato «disgusto» e «delusione»; probabilmente ero massone, e la trasmissione in cui avevo parlato non bisognava più guardarla, anzi bisognava restituire l’abbonamento Rai.
Qualcuno mi segnalò un sito Internet dove erano usciti attacchi analoghi; del resto, parecchie e-mail si limitavano a riciclare, tramite copia e incolla, dichiarazioni apparse in rete. Scoprii così che il forte di Fenestrelle – che la Provincia di Torino, con beata incoscienza, ha proclamato nel 1999 suo monumento-simbolo – è considerato da molti, nel Sud, un antesignano di Auschwitz, dove migliaia, o fors’anche decine di migliaia, di reduci meridionali dell’esercito borbonico sarebbero stati fatti morire di fame e freddo e gettati nella calce viva, all’indomani dell’Unità. Questa storia è riportata, con particolari spaventosi, in innumerevoli siti; esistono comitati «Pro vittime di Fenestrelle» e celebrazioni annuali in loro memoria; e al forte è esposta una lapide incredibile, in cui si afferma testualmente: «Tra il 1860 e il 1861 vennero segregati nella fortezza di Fenestrelle migliaia di soldati dell’esercito delle Due Sicilie che si erano rifiutati di rinnegare il re e l’antica patria. Pochi tornarono a casa, i più morirono di stenti. I pochi che sanno s’inchinano».
Superato lo shock pensai che l’unica cosa da fare era rispondere individualmente a tutti, ma proprio a tutti, e vedere che cosa ne sarebbe venuto fuori. Molti, com’era da aspettarsi, non si sono più fatti vivi; ma qualcuno ha risposto, magari anche scusandosi per i toni iniziali, e tuttavia insistendo nella certezza che quello sterminio fosse davvero accaduto, e costituisse una macchia incancellabile sul Risorgimento e sull’Unità d’Italia. Del resto, i corrispondenti erano convinti, e me lo dicevano in tono sincero e accorato, che il Sud fino all’Unità d’Italia fosse stato un paese felice, molto più progredito del Nord, addirittura in pieno sviluppo industriale, e che l’unificazione – ma per loro la conquista piemontese – fosse stata una violenza senza nome, imposta dall’esterno a un paese ignaro e ostile. È un fatto che mistificazioni di questo genere hanno presa su moltissime persone in buona fede, esasperate dalle denigrazioni sprezzanti di cui il Sud è stato oggetto; e che la leggenda di una Borbonia felix, ricca, prospera e industrializzata, messa a sacco dalla conquista piemontese, serve anche a ridare orgoglio e identità a tanta gente del Sud. Peccato che attraverso queste leggende consolatorie passi un messaggio di odio e di razzismo, come ho toccato con mano sulla mia pelle quando i messaggi che ricevevo mi davano del piemontese come se fosse un insulto.
Ma quella corrispondenza prolungata mi ha anche fatto venire dei dubbi. Che il governo e l’esercito italiano, fra 1860 e 1861, avessero deliberatamente sterminato migliaia di italiani in Lager allestiti in Piemonte, nel totale silenzio dell’opinione pubblica, della stampa di opposizione e della Chiesa, mi pareva inconcepibile. Ma come facevo a esserne sicuro fino in fondo? Avevo davvero la certezza che Fenestrelle non fosse stato un campo di sterminio, e Cavour un precursore di Himmler e Pol Pot? Ero in grado di dimostrarlo, quando mi fossi trovato a discutere con quegli interlocutori in buona fede? Perché proprio con loro è indispensabile confrontarsi: con chi crede ai Lager dei Savoia e allo sterminio dei soldati borbonici perché è giustamente orgoglioso d’essere del Sud, e non si è reso conto che chi gli racconta queste favole sinistre lo sta prendendo in giro.
L’unica cosa era andare a vedere i documenti, vagliare le pezze d’appoggio citate nei libri e nei siti che parlano dei morti di Fenestrelle, e una volta constatato che di pezze d’appoggio non ce n’è nemmeno una, cercare di capire cosa fosse davvero accaduto ai soldati delle Due Sicilie fatti prigionieri fra la battaglia del Volturno e la resa di Messina. È nato così, grazie alla ricchissima documentazione conservata nell’Archivio di Stato di Torino e in quello dello Stato Maggiore dell’Esercito a Roma, il libro uscito in questi giorni col titolo I prigionieri dei Savoia : che contiene più nomi e racconta più storie individuali e collettive di soldati napoletani, di quante siano mai state portate alla luce fino ad ora. Come previsto, si è subito scatenata sul sito dell’editore Laterza una valanga di violentissime proteste, per lo più postate da persone che non hanno letto il libro e invitano a non comprarlo; proteste in cui, in aggiunta ai soliti insulti razzisti contro i piemontesi, vengo graziosamente paragonato al dottor Goebbels.
Però stavolta c’è anche qualcos’altro: sul sito compaiono, e sono sempre di più, interventi di persone che esprimono sgomento davanti all’intolleranza di certe reazioni, che sollecitano un confronto sui fatti, che vogliono capire. Col mestiere che faccio, dovrei aver imparato a non farmi illusioni; e invece finisco sempre per farmene. Forse, dopo tutto, sta tramontando la stagione in cui in Italia si poteva impunemente stravolgere il passato, reinventarlo a proprio piacimento per seminare odio e sfasciare il Paese, senza che questo provocasse reazioni pubbliche e senza doverne pagare le conseguenze in termini di credibilità e di onore.
Alessandro Barbero insegna Storia medievale presso l'Università del Piemonte Orientale, sede di Vercelli. Studioso di prestigio, noto al grande pubblico, ha pubblicato molti volumi. Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo è il primo dei suoi romanzi di successo (Premio Strega 1996, tradotto in sette lingue), al quale altri sono seguiti, tutti editi da Mondadori.
Bari, 5 dicembre 2012, libreria Laterza. Incontro con Alessandro Barbero autore di "I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle". L'autore dialoga con Gennaro De Crescenzo (Presidente Movimento Neoborbonico). Il libro racconta la storia di ciò che accadde a Fenestrelle, ma anche a Torino, a Napoli, a Milano, a Gaeta e in altri luoghi d'Italia, fra il 1860 e 1861, quando l'esercito delle Due Sicilie venne sconfitto in una guerra non dichiarata.
Fonte lindipendenzanuova librerianeapolis amazon storiainrete corrierel
di Alessandro Barbero da “La Stampa” del 21 ottobre 2012
Nell’estate 2011 mi è successa una cosa che non avrei mai creduto potesse capitarmi nel mio mestiere di storico. In una mostra documentaria dedicata ai 150 anni dell’Unità mi ero imbattuto in un documento che nella mia ignoranza mi era parso curiosissimo: un processo celebrato nel 1862 dal Tribunale militare di Torino contro alcuni soldati, di origine meridionale, che si trovavano in punizione al forte di Fenestrelle. Lì avevano estorto il pizzo ai loro commilitoni che giocavano d’azzardo, esigendolo «per diritto di camorra». In una brevissima chiacchierata televisiva sulla storia della camorra, dopo aver accennato a Masaniello – descritto nei documenti dell’epoca in termini che fanno irresistibilmente pensare a un camorrista – avevo raccontato la vicenda dei soldati di Fenestrelle.
Fratelli d'Italia |
Qualcuno mi segnalò un sito Internet dove erano usciti attacchi analoghi; del resto, parecchie e-mail si limitavano a riciclare, tramite copia e incolla, dichiarazioni apparse in rete. Scoprii così che il forte di Fenestrelle – che la Provincia di Torino, con beata incoscienza, ha proclamato nel 1999 suo monumento-simbolo – è considerato da molti, nel Sud, un antesignano di Auschwitz, dove migliaia, o fors’anche decine di migliaia, di reduci meridionali dell’esercito borbonico sarebbero stati fatti morire di fame e freddo e gettati nella calce viva, all’indomani dell’Unità. Questa storia è riportata, con particolari spaventosi, in innumerevoli siti; esistono comitati «Pro vittime di Fenestrelle» e celebrazioni annuali in loro memoria; e al forte è esposta una lapide incredibile, in cui si afferma testualmente: «Tra il 1860 e il 1861 vennero segregati nella fortezza di Fenestrelle migliaia di soldati dell’esercito delle Due Sicilie che si erano rifiutati di rinnegare il re e l’antica patria. Pochi tornarono a casa, i più morirono di stenti. I pochi che sanno s’inchinano».
Superato lo shock pensai che l’unica cosa da fare era rispondere individualmente a tutti, ma proprio a tutti, e vedere che cosa ne sarebbe venuto fuori. Molti, com’era da aspettarsi, non si sono più fatti vivi; ma qualcuno ha risposto, magari anche scusandosi per i toni iniziali, e tuttavia insistendo nella certezza che quello sterminio fosse davvero accaduto, e costituisse una macchia incancellabile sul Risorgimento e sull’Unità d’Italia. Del resto, i corrispondenti erano convinti, e me lo dicevano in tono sincero e accorato, che il Sud fino all’Unità d’Italia fosse stato un paese felice, molto più progredito del Nord, addirittura in pieno sviluppo industriale, e che l’unificazione – ma per loro la conquista piemontese – fosse stata una violenza senza nome, imposta dall’esterno a un paese ignaro e ostile. È un fatto che mistificazioni di questo genere hanno presa su moltissime persone in buona fede, esasperate dalle denigrazioni sprezzanti di cui il Sud è stato oggetto; e che la leggenda di una Borbonia felix, ricca, prospera e industrializzata, messa a sacco dalla conquista piemontese, serve anche a ridare orgoglio e identità a tanta gente del Sud. Peccato che attraverso queste leggende consolatorie passi un messaggio di odio e di razzismo, come ho toccato con mano sulla mia pelle quando i messaggi che ricevevo mi davano del piemontese come se fosse un insulto.
99 Storie Sorprendenti di Liberi Muratori |
L’unica cosa era andare a vedere i documenti, vagliare le pezze d’appoggio citate nei libri e nei siti che parlano dei morti di Fenestrelle, e una volta constatato che di pezze d’appoggio non ce n’è nemmeno una, cercare di capire cosa fosse davvero accaduto ai soldati delle Due Sicilie fatti prigionieri fra la battaglia del Volturno e la resa di Messina. È nato così, grazie alla ricchissima documentazione conservata nell’Archivio di Stato di Torino e in quello dello Stato Maggiore dell’Esercito a Roma, il libro uscito in questi giorni col titolo I prigionieri dei Savoia : che contiene più nomi e racconta più storie individuali e collettive di soldati napoletani, di quante siano mai state portate alla luce fino ad ora. Come previsto, si è subito scatenata sul sito dell’editore Laterza una valanga di violentissime proteste, per lo più postate da persone che non hanno letto il libro e invitano a non comprarlo; proteste in cui, in aggiunta ai soliti insulti razzisti contro i piemontesi, vengo graziosamente paragonato al dottor Goebbels.
Però stavolta c’è anche qualcos’altro: sul sito compaiono, e sono sempre di più, interventi di persone che esprimono sgomento davanti all’intolleranza di certe reazioni, che sollecitano un confronto sui fatti, che vogliono capire. Col mestiere che faccio, dovrei aver imparato a non farmi illusioni; e invece finisco sempre per farmene. Forse, dopo tutto, sta tramontando la stagione in cui in Italia si poteva impunemente stravolgere il passato, reinventarlo a proprio piacimento per seminare odio e sfasciare il Paese, senza che questo provocasse reazioni pubbliche e senza doverne pagare le conseguenze in termini di credibilità e di onore.
[01] Barbero vs Neoborbonici - La sfida di Fenestrelle
[02] Barbero vs Neoborbonici - La sfida di Fenestrelle - Epilogo e interventi
Guarda i documentari di “Storia in Rete” |
Fonte lindipendenzanuova librerianeapolis amazon storiainrete corrierel
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