Descrizione

La storia ha due volti: quello ufficiale, mendace e quello segreto e imbarazzante, in cui però sono da ricercarsi le vere cause degli avvenimenti occorsi” - Honorè de Balzac -

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano !" - Isaac Newton -

Contra factum non valet argumentum”

sabato 26 settembre 2015

PULIZIA ETNICA ED "ISTINTO MORALE" - Come l'Occidente e la stampa libera hanno sottoscritto la pulizia etnica di Israele


Chi scrive non è un noto complottista ma un emerito professore universitario americano che identifica perfettamente la "doppia morale" e l'ipocrisia di USraele e di conseguenza dei nostri tempi, ripercorre la politica genocida israeliana, unilaterale, prepotente e l'utilizzo dell'olocausto come scusante per tutto questo.  Agganciandosi all'attacco indiscriminato portato dalla NATO all'ex Jugoslavia non fa che rendere evidente senza pur nominarla l'agenda del Nuovo DisOrdine Mondiale e l'evidente illegalità in cui si muovono i governi e i governanti facendone emergere il totalitarismo a cui tutti siamo sottoposti.
Tutto ciò sotto l'occhio dei media mondiali complici che agevolano le operazioni, ma che sappiamo benissimo essere di  proprietà degli usurai guerrafondai  che tirano i fili.
Da parte mia vivo nell'incredibile allucinazione e per tanto che faccia non riesco a capacitarmene del beneplacito con cui l'umanità si sottometta a farsi macellare volontariamente.


Introduzione del traduttore Mauro Manno di Tlaxala :
Mentre facevo questa traduzione mi chiedevo come è stato possibile a Israele, un piccolo paese senza nessun peso economico nel mondo (non so nemmeno a che posto si trova nella graduatoria per Prodotto Interno Lordo - PIL - dei vari paesi dell'Occidente), ingannare tutto l'Occidente e farlo entrare così profondamente in contraddizione con i suoi sbandierati valori morali e politici. E' vero che gli Stati Uniti hanno i loro interessi in Medio Oriente. Ma questo non spiega nulla. Una politica filo araba e una patria ai palestinesi, seppur piccola, servirebbero molto meglio gli interessi USA nella regione. Allora perché gli Stati Uniti hanno affidato, da 40 anni, la loro politica estera a rappresentanti della Lobby ebraica? Siccome però sappiamo che il ministero degli esteri (finanche quello americano) non riesce mai di solito a creare un grande consenso, dobbiamo per forza chiamare in ballo i milioni di ebrei sionisti nel mondo (intellettuali, giornalisti, uomini del cinema, della televisione, dello spettacolo, politici, cavalieri d'industria, gruppi di pressione, ecc.) che lavorano incessantemente per affermare l'ideologia sionista e gli interessi di Israele. E ci riescono assai bene come mostra quest’articolo.


PULIZIA ETNICA ED "ISTINTO MORALE"
Come l'Occidente e la stampa libera hanno sottoscritto la pulizia etnica di Israele
Z Magazine, marzo 2006

Come l’Occidente e la stampa libera hanno potuto accettare, approvare e sottoscrivere la pulizia etnica e il razzismo istituzionalizzato di Israele, in violazione di tutti i pretesi valori illuministici e con un’ipocrisia che fa inorridire.

Uno dei più dubbi stereotipi degli intellettuali, editorialisti e sapientoni che sostengono l’interventismo umanitario è che i diritti umani, nei recenti decenni, sono diventati per gli Stati Uniti e le altre potenze della NATO molto più importanti di un tempo ed esercitano una grande influenza nella loro politica estera. David Rieff scrive che i diritti umani

“sono diventati non un principio retorico soltanto ma un principio operativo nelle principali capitali occidentali”,
e il suo virtuoso compagno d’armi Michael Ignatieff sostiene che i nostri accresciuti (superiori)
«istinti morali» hanno rafforzato “la pretesa di intervento quando il massacro e la deportazione diventano politica di stato”[1]
Questa prospettiva è stata costruita in buona parte sulla base dell’esperienza – e della sua scorretta interpretazione – degli sviluppi durante lo smantellamento della Yugoslavia negli anni ’90 durante i quali la linea propagandistica è stata che la Nato era entrata in ritardo e con riluttanza nel conflitto per fermare la pulizia etnica e il genocidio perpetrato dai serbi, ma alla fine aveva avuto successo. L’intervento aveva le sue radici, secondo il pretesto addotto, nell’umanesimo di Blair-Clinton-Kohl-Schroeder, ed era sostenuto anzi quasi imposto a questi dirigenti da giornalisti e protagonisti dei diritti umani. C’erano molti fatti che non quadravano con queste spiegazioni e analisi della recente storia dei Balcani, uno tra i più importanti, era che l’intervento Nato non era avvenuto in ritardo – era avvenuto invece piuttosto presto ed era stata la causa principale della pulizia etnica successiva, infatti l’intervento Nato aveva incoraggiato la divisione della Yugoslavia ma aveva lasciato senza protezione ampie minoranze nelle repubbliche appena proclamate per cui il conflitto etnico ne era risultato inevitabile; inoltre aveva sabotato accordi di pace tra i nuovi stati negli anni 1992-1994 ed aveva fatto sperare alle minoranze non-serbe un aiuto militare della Nato per giungere a soluzioni definitive, aiuti che poi alla fine esse ottennero.
Le potenze della Nato giunsero a sostenere attivamente o passivamente le pulizie etniche più radicali delle guerre balcaniche, e cioè quella avvenuta nella regione della Krajina in Croazia e quella nel Kosovo occupato dalla Nato a partire da giugno del 1999, a danno dei serbi. [2]

Altri problemi non si accordavano con la spiegazione che l’intervento Nato avesse fondamenti ed effetti umanitari, ma è altrettanto importante capire la selettività in questo centro di interessi e le radici politiche di questa selettività. Gli interventisti umanitari, per esempio, se ne stettero quasi completamente in silenzio durante i massacri e le deportazioni compiuti in Timor Est dall’Indonesia negli anni ‘90, lo stesso avvenne per i massacri e per il rogo dei villaggi curdi da parte della Turchia, per le uccisioni e l’enorme esodo di rifugiati in Colombia, e infine per il Congo dove massacri su larga scala furono realizzati in buona parte da invasori provenienti dal Ruanda e Uganda. Per qualche ragione l’«istinto morale» dei politici umanitari non si occupò di questi casi, in cui gli assassini erano alleati di questi politici ed ottennero armi, aiuti militari e formazione da parte loro. Altrettanto interessante è il fatto che l’istinto morale degli intellettuali e giornalisti interventisti umanitari non riuscì a non tenere in conto (vincere) l’attenzione interessata dei loro dirigenti politici ma invece lavorò in parallelo con quelle inclinazioni. Questo aiutò i loro dirigenti politici a colpire con violenza ancora maggiore (inseguire) i cattivi (malvagi) che avevano preso di mira, in parte stornando l’attenzione dai cattivi da sostenere e dai danni che essi stavano infliggendo alle loro (implicitamente indegne) vittime.


Il caso straordinario di Israele

L’esempio più interessante e forse il più importante di «istinto morale» abortito è quello che riguarda Israele, dove lo Stato è stato impegnato, per decenni, in una sistematica politica di spoliazione e pulizia etnica dei palestinesi nella Cisgiordania e Gerusalemme Est, non solo senza una risposta significativa da parte del Mondo Libero, ma anzi con inflessibile sostegno degli Stati Uniti e sprizzi (scatti) di approvazione e sostegno dei suoi alleati democratici. L’abilità (capacità) dei dirigenti politici occidentali, dei Media e degli intellettuali umanitari di infiammarsi contro cattivi da perseguitare come Arafat, Chavez o Milosevich, mentre trattavano con gentilezza personaggi come Begin, Netanyahu e Sharon, considerati statisti meritevoli di aiuti militari, diplomatici ed economici, costituisce un piccolo miracolo di auto-inganno, di sfacciato uso di due pesi e due misure e di turpitudine morale.

Ciò che fa di tutto questo un miracolo è che le premesse così come pure le realizzazioni dello stato israeliano saltano in faccia all’intera gamma dei valori illuministici che si presuppone diano alla base della civiltà occidentale.

Prima di tutto si tratta di uno stato razzista per la sua ideologia e le sue leggi. Si proclama ufficialmente uno stato ebraico, il 90% della terra del paese è riservata ai soli ebrei, i palestinesi sono stati esclusi dalla possibilità di affittare o comprare terre possedute dallo Stato e occupate nel 1948 e successivamente, e gli ebrei che vengono da fuori hanno il diritto di immigrare (in Israele) e diventare cittadini con privilegi superiori a quegli dei nativi non-ebrei. Questo genere di ideologia e legge era considerato inaccettabile quando a praticarlo era lo Stato di apartheid del Sud Africa, sebbene è interessante sapere che Reagan era «impegnato costruttivamente» con quello Stato, Margaret Thatcher lo trovava del tutto accettabile e le «operazioni anti-terroristiche» del Sud Africa venivano integrate in quelle del Mondo Libero. [3] Il trattamento degli ebrei in Germania da parte dei Nazisti, anche prima dell’organizzazione dei campi della morte, veniva ed è ancora considerato oltraggioso; il maltrattamento della popolazione ebraica in Unione Sovietica portò addirittura a una legislazione punitiva da parte degli USA (la legge Jackson-Vanik, ancora in vigore). Ma le leggi israeliane analoghe a quelle di Nurenberg e la costruzione di uno Stato fondato sulla discriminazione razziale è accettato dall'Occidente erede dell’Illuminismo. Il «popolo eletto» sostituisce la «razza dominatrice» e ciò non solo viene accettato ma Israele è addirittura considerato una democrazia modello e una «luce tra le nazioni del mondo» (Anthony Lewis). Per implicazione, anche la creazione da parte di Israele di un gruppo di esseri umani che sono cittadini di seconda classe per legge (o di una classe ancora più in basso nei territori occupati), legalmente e politicamente degli «untermenschen», diventa accettabile. Questo è un unico sistema di «razzismo privilegiato».


In secondo luogo, allo Stato israeliano è stato concesso di ignorare numerose Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e la Quarta Convenzione di Ginevra riguardanti l’occupazione della Cisgiordania, così pure la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia sul suo muro dell’apartheid il quale deruba i palestinesi di una buona quantità della loro terra e acqua, demolisce migliaia di loro case, abbatte molte migliaia di loro ulivi, distrugge le loro infrastrutture e crea, in tutta la Cisgiordania occupata, una moderna rete di strade per soli ebrei mentre impone seri ostacoli al movimento dei palestinesi nei territori occupati. [4] Questa pulizia etnica sistematica è stata realizzata da un esercito estremamente ben addestrato e ben equipaggiato che opera contro una popolazione indigena praticamente disarmata, per fare spazio a coloni ebrei e in violazione della legalità internazionale riguardo al comportamento che una potenza occupante è tenuta a rispettare. Questo è un sistema unico di «pulizia etnica privilegiata», «violazione privilegiata della legalità» e «eccezioni privilegiate alle decisioni del Consiglio di Sicurezza e della Corte Internazionale».


In terzo luogo, Israele ha attraversato periodicamente i suoi confini per far la guerra ai suoi vicini – l’Egitto, la Siria, e il Libano – ha effettuato bombardamenti supplementari o atti di terrorismo contro questi tre paesi e inoltre anche contro la Tunisia, per molti anni ha mantenuto un esercito terrorista per procura in Libano mentre conduceva numerosi raid terroristici in quei paesi (in quel paese) con la sua politica del pugno di ferro, infliggendo pesanti perdite civili. [5] Mentre si dichiarava che l’invasione del Libano del 1982 avveniva in risposta di attacchi terroristici, in realtà essa avvenne senza che ci fossero attacchi terroristici (malgrado un certo numero di deliberate provocazioni israeliane) e la paura di dover negoziare con i palestinesi piuttosto che continuare con la pulizia etnica nei loro riguardi. [6] Naturalmente non ci furono punizioni o sanzioni contro Israele per queste azioni, dal momento che Israele beneficia del «privilegio del diritto allaggressione, al terrorismo di Stato, e sponsorizzazione del terrorismo», che non è unico ma deriva dallo status del paese come alleato degli Stati Uniti e stato cliente.

In quarto luogo, dato il diritto concesso a Israele di effettuare la pulizia etnica dei palestinesi, di terrorizzarli in violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e la legalità internazionale, ne consegue che le sue vittime non hanno diritto a resistere. Possono essere cacciate dalla loro terra, le loro case possono essere demolite, gli ulivi sradicati, e la gente uccisa dall’IDF [Israeli Defense Force, esercito israeliano, ndt] o dalla violenza dei coloni, ma la resistenza armata da parte loro è inaccettabile «terrorismo», da deplorare profondamente. Circa un migliaio di palestinesi furono uccisi dagli israeliani durante la prima fase non violenta di resistenza nella prima Intifada (1987-1992), ma la loro resistenza passiva non ha avuto effetti sull’occupazione illegale, la comunità internazionale non fece nulla per alleviare le loro disgrazie, e Israele aveva il tacito accordo con gli Stati Uniti che esso sarebbe stato sostenuto nella violenta risposta all’Intifada fino a quando la resistenza non fosse stata sconfitta. Il rapporto di palestinesi assassinati in quegli anni rispetto agli israeliani era di 25 a 1 o addirittura più alto, ma dato il diritto di terrorizzare concesso a Israele, erano ancora i palestinesi che venivano definiti terroristi.

In quinto luogo, gli israeliani, essendo stato loro concesso il diritto di non rispettare la Legalità Internazionale, di terrorizzare i palestinesi e di effettuare la pulizia etnica contro di loro, si sono sentiti liberi di eleggere alla testa del governo un uomo responsabile di una serie di attacchi terroristici contro i civili e, a Sabra e Chatila, di un massacro di un numero di civili palestinesi stimato tra 800 e 3000. Ironicamente, il tribunale dell’Aia sulla Yugoslavia ha sostenuto che l’intenzione di commettere genocidio può essere dedotta da una singola azione tesa ad uccidere tutte le persone di un determinato gruppo in una piccola regione, anche se quella azione non fa parte di un piano generale di sterminio dell’intera etnia ovunque essa si trovi, e lo ha fatto citando la loro precedente decisione e inoltre una risoluzione dell’Assemblea dell’ONU del 1982 che definiva il massacro di 800 / 3000 palestinesi a Sabra e Chatila «un atto di genocidio»[7]  Ma, naturalmente, quel tipo di sentenza del Tribunale fu applicata soltanto per colpire i Serbi – non solo non fu applicata dall’Occidente nei confronti di Sharon, ma nemmeno ebbe l’effetto di impedirgli di diventare un onorato capo di governo.


In sesto luogo, fu fatto in modo che quelle offensive parole («un atto di genocidio», ndt) non si potessero applicare alle azioni degli israeliani, proprio in virtù del diritto loro concesso di terrorizzare ed effettuare la pulizia etnica. Furono invece applicate con grande sfogo di indignazione alle operazione serbe in Kosovo, che altro non erano se non manifestazioni di una guerra civile (aizzata da fuori) e non lo furono nel caso israeliano in cui quello Stato è impegnato a rimuovere e sostituire la popolazione indigena con un diverso gruppo etnico. Non solo Israele è stato esentato dall'uso di quelle parole perfettamente adatte al suo caso, ma ha anche ottenuto il beneficio del privilegio di poter usare a suo vantaggio le parole «sicurezza» e «violenza». I palestinesi possono essere di gran lunga meno al sicuro degli israeliani e sottoposti ad un livello di violenza molto più alto e durevole, ma ancora una volta sono i palestinesi che devono ridurre il ricorso alla violenza e il problema è sempre come fare per rendere Israele ancora più sicuro. La sicurezza palestinese non viene presa in considerazione in Occidente, perché il fatto che siano delle vittime non interessa nessuno e perché la loro insicurezza è il risultato del loro rifiuto di accettare la pulizia etnica e della loro volontà di resistenza. Essi sono «vittime indegne», a causa di una profonda parzialità politica a loro sfavore.

Il processo di pulizia etnica, che comporta terrorismo all’ingrosso, ed è la causa che ha provocato in risposta un terrorismo al dettaglio da parte di palestinesi, viene in realtà presentato (insieme al muro) non come un programma deliberato per «redimere la terra» per il popolo eletto ma come una necessaria «risposta legittima di Israele al terrorismo»[8] E così i primi e principali terroristi se la passano liscia !

In settimo luogo, Israele è l’unico stato mediorientale che ha accumulato uno stock di armi nucleari, e in questo è stato aiutato non solo dagli Stati Uniti ma anche dalla Francia e dalla Norvegia. [9] Questo è avvenuto malgrado i 39 anni di pulizia etnica, le continue e insuperate violazioni delle richieste del Consiglio di Sicurezza e della Legalità internazionale, e le periodiche invasioni dei paesi confinanti. Questo privilegio di aver diritto ad armi nucleari accompagnato dall’esenzione dal rispetto della legislazione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e del Trattato di Non-Proliferazione (TNP) deriva dagli altri privilegi di cui sopra e in ultima analisi dalla protezione e copertura della potenza statunitense.


In ottavo luogo, il Mondo Libero è rimasto inorridito all’idea che l’Iran possa mettersi in condizione di acquisire armi nucleari in un prossimo futuro. L’Iran, naturalmente, è stato minacciato di «cambiamento di regime», di bombardamenti ed altri attacchi sia dagli Stati Uniti, sia da Israele, ma il comportamento dell’Iran si contrappone al regime di privilegio secondo il quale solo Israele (e la superpotenza che lo finanzia) hanno un problema di sicurezza e il diritto all’autodifesa; gli altri, come i palestinesi della Cisgiordania, devono accettare una posizione di inferiorità, forte insicurezza, la pulizia etnica e muri e politiche di apartheid. Altri ancora, come l’Iran, devono vedersela con le minacce di attacchi e sanzioni per essersi impegnati in azioni legali e forse per cercare di dotarsi di mezzi nucleari di autodifesa, senza l’aiuto del Mondo Libero che segue attivamente una politica di appeasement nei confronti degli Stati Uniti e del suo cliente mediorientale. E così Israele non solo ha un privilegio nucleare, è riuscito anche a fare in modo che il Mondo Libero lo aiuti a monopolizzare quel privilegio nel Medio Oriente, il che, naturalmente, gli dà ancora più ampia libertà di continuare la pulizia etnica.

In nono luogo, Il Mondo Libero è stato sconvolto dalla vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi del 26 gennaio 2006. Si ritiene diffusamente che questo può disturbare il «processo di pace» e George Bush non è pronto a negoziare con un gruppo che usa la «violenza» ! La violenza, tuttavia, è la specialità di Bush e degli Stati Uniti, con tre importanti aggressioni negli ultimi sette anni e un programma apertamente annunciato di dominio basato sulla superiorità militare; in quanto alle operazioni di Israele in Palestina, esse sono violente ben al di là di qualsiasi cosa siano riusciti a fare in risposta i palestinesi, sebbene secondo la ridicola partigianeria dell’Occidente l’«attentato suicida» è orripilante mentre le «uccisioni mirate
» non lo sono, (se invece i palestinesi avessero la capacità di uccidere in modo mirato i dirigenti israeliani chi dubita che anche questo non sarebbe orripilante ?) Ma così come la parola «terrorismo» non si può applicare alle azioni degli Stati Uniti e del suo cliente israeliano, allo stesso modo non può essere fatto per l’offensiva parola «violenza». Questi Stati si limitano a fare «ritorsioni» e usano la violenza in modo riluttante per «autodifesa» e sempre con le migliori intenzioni al servizio della loro «sicurezza» e dei loro fini umanitari, e l’Occidente si beve tutto questo.


Hamas ha visto crescere la sua popolarità perché Fatah e i suoi dirigenti non son riusciti a fermare il processo di pulizia etnica e si sono dimostrati incapaci di fermare la progressiva miseria dei palestinesi, con Israele che non ha dovuto far altro che calpestare i dirigenti di Fatah e far fallire completamente il periodo in cui sono stati in carica. Hamas in verità ricevette dei fondi da Israele anni fa, il quale perseguiva l’obiettivo di dividere i palestinesi e indebolire il partito laico di Fatah. Israele riuscì in questo, ma ora che un gruppo islamico ha preso il potere lo stato ebraico e il suo protettore troveranno un’altra ragione per evitare di giungere a qualsiasi accordo finale negoziato con i palestinesi, che hanno votato per un partito che non rifugge dalla violenza come hanno fatto Sharon e Bush ! Hamas si rifiuta anche di disarmarsi e insiste sul diritto di difendere il suo popolo contro una occupazione finalizzata ad una spietata pulizia etnica, ma in Occidente questo è irragionevole dal momento che solo una parte ha il diritto di armarsi, di auto-difendersi e di preoccuparsi per la propria «sicurezza». Non c’è diritto alla resistenza in questo caso di avvizziti istinti morali.




Il «processo di pace» è il supremo sviluppo dell’assurdo Orwelliano; io così lo definii qualche anno fa, in un dizionarietto del Doublespeak:
E’ processo di pace “qualsiasi cosa il governo americano si trovi a fare o sostenere in una regione di conflitto in un determinato momento. Non è necessario che si concluda con la cessazione del conflitto o che si sviluppi, nel breve o lungo periodo, in durature operazioni di pacificazione”.
Così il «processo di pace» in Palestina, accettato fermamente o sostenuto attivamente dal governo americano, è stato caratterizzato dall’intensificarsi della pulizia etnica, la distruzione dell’infrastruttura palestinese, lo stanziarsi di circa 450 000 coloni ebraici in Cisgiordania, la costruzione di un muro di apartheid e l’impossessarsi da parte di Israele di gran parte di Gerusalemme Est – in altre parole: l’imposizione per mezzo di terrorismo di stato di «fatti sul terreno» sufficienti a rendere impensabile qualsiasi tipo di efficiente Stato palestinese. Ma per gli organi di propaganda del Mondo Libero, vi è stato un «processo di pace» significativo in marcia, un processo che l’elezioni vinte da Hamas potrebbero interrompere ! [10] 


Come possiamo spiegare l’abominio di questa ipocrisia ?
Tutto questo è successo perché la dirigenza israeliana ha voluto conquistare un lebensraum per il popolo eletto, gli indigeni palestinesi si sono opposti e si è dovuto cacciarli, gli israeliani sono stati in grado di fare ciò grazie al decisivo aiuto militare e diplomatico degli Stati Uniti. Questo processo si è alimentato da sé. Cioè, ogni eventuale resistenza violenta dei palestinesi, insieme alla relativa debolezza e vulnerabilità del popolo palestinese, ha esacerbato la base razzista del progetto di pulizia etnica, facendo crescere la sua crudeltà nel corso degli anni, sostenuta dalla scelta recente da parte degli israeliani di un grande criminale di guerra alla testa del governo. Il sostegno e la protezione americana di questo progetto sono stati decisivi, dal momento che hanno impedito qualsiasi efficace risposta internazionale ad una politica che viola i principi basilari della morale e della legge, che qualora fosse condotta da uno stato preso di mira porterebbe a bombardamenti e processi per crimini di guerra. [11]

Il ruolo degli Stati Uniti, e la neutralizzazione di qualsiasi «istinto morale» negli stessi Stati Uniti, deriva in parte da considerazioni geopolitiche e dal ruolo di Israele come agente per procura, che fa rispettare gli interessi americani, e in parte dall’abilità della lobby pro-israeliana e del suo elettorato di base e dai sostenitori della destra cristiana di intimorire i Media e la politica affinché sostengano tacitamente o apertamente il progetto di pulizia etnica. Le tattiche della lobby includono lo sfruttamento del senso di colpa, in riferimento all’Olocausto, l’equazione che ogni critica alla pulizia etnica israeliana equivale ad «antisemitismo» insieme a intimidazioni dirette e tentativi di soffocare critiche e dibattito [12] - sforzi che si intensificano quando il processo di pulizia etnica aumenta in malvagità.

Questi sforzi sono stati favoriti dai fatti dell’11 settembre e dalla «guerra contro il terrore», che hanno contribuito a demonizzare gli arabi e a rendere la politica di Israele parte di quella cosiddetta guerra. La lobby e i suoi rappresentanti nell’amministrazione Bush sono stati gli entusiasti sostenitori dell’aggressione contro l’Iraq ed ora lottano con forza per ottenere una guerra contro l’Iran – in realtà la lobby è l’unico settore della società americana che chiede a gran voce un confronto armato con l’Iran ed è già da tempo impegnata in una grande campagna per convincere Bush e il Congresso affinché gli Stati Uniti prendano l’iniziativa. La guerra contro l’Iraq ha fornito un’eccellente copertura ad Israele per l’intensificazione della pulizia etnica in Palestina, e un’altra guerra, malgrado i seri rischi che comporta, potrebbe aiutare a compiere un’ulteriore balzo nella pulizia etnica è forse anche il «trasferimento» di una popolazione che pone una «minaccia demografica».


Il modo di comportarsi della «comunità internazionale» di fronte al progetto di pulizia etnica è stato vergognoso. Favorevolissimo ad una guerra e al processo dei cosiddetti cattivi nella ex-Yugoslavia, dove gli Stati Uniti si erano accontentati di opporsi, selettivamente, alla pulizia etnica, l’Unione Europea, Kofi Annan, la maggior parte delle ONG, e gli Stati arabi, si sono comportati da vigliacchi quando si trattava di sanzionare Israele; il loro «istinto morale» è stato paralizzato dall’attaccamento che gli Stati Uniti hanno per Israele, dalla forza di Israele e della sua diaspora, dallo sfruttamento del senso di colpa per l’Olocausto e, nell’UE, dal pregiudizio razzista sopravvissuto al suo passato coloniale ed esacerbato dalle ondate di propaganda che mettevano al primo posto gli «attentati suicidi» e all’ultimo le uccisioni mirate, la massiccia, illegale e brutale oppressione dei palestinesi, il furto della loro terra.

La negazione dell’Olocausto è riprovevole, ma nell’attuale contesto politico è confinata ad elementi marginali e non ha un impatto reale, eccetto che fornisce forse un diversivo per coloro che sono impegnati nella «negazione della pulizia etnica», la quale, per quanto riguarda Israele, è un’operazione reale e diffusa tra le elite occidentali ed ha serie conseguenze.



Conclusioni
La Palestina è un’area di crisi di suprema importanza, dove un popolo praticamente indifeso è stato oppresso, umiliato, ridotto in miseria e sottoposto ad un processo di dislocazione in favore di coloni protetti da una mastodontica macchina militare, protetta e rifornita, volta a volta, dagli Stati Uniti, con il tacito consenso, se non di più, del resto del Mondo Libero. La grossa preoccupazione per il Mondo Libero ora è la seguente: vorrà Hamas starsene buona e accettare la pulizia etnica (ancora attivamente in opera) ed un eventuale status di bantustan, nella migliore delle ipotesi? o metterà in pratica la sua minaccia di resistere e si darà al «terrorismo»? Il potere e il razzismo hanno neutralizzato in Occidente l’«istinto morale» nei confronti di questo caso molto importante.

La Palestina è effettivamente un caso molto importante; in parte perché diversi milioni di palestinesi vengono ridotti alla miseria in un tragico sistema di violenza a cui gli Stati Uniti e la comunità internazionale potrebbero porre un termine molto facilmente con un semplice «basta !» rivolto a Israele, ponendo fine agli aiuti e minacciando eventuali sanzioni. Ma nel Mondo Libero le cause del problema non sono considerate l’occupazione e la pulizia etnica, piuttosto invece la resistenza ai soprusi. Questa prospettiva è stupida e immorale; è in realtà una giustificazione del sostegno razzista e politicamente opportunista che l’Occidente dà al progetto di pulizia etnica.

La situazione in Palestina è molto importante anche perché centinaia di milioni di arabi e oltre un miliardo di persone di fede islamica, e miliardi altre persone, interpretano il trattamento che l’Occidente riserva ai palestinesi come il riflesso di un atteggiamento razzista e colonialista verso gli arabi, i musulmani e più in generale i popoli del Terzo Mondo. E’ un magnifico congegno che produce terrorismo anti-occidentale, ma anche, cosa più importante, un congegno che produce profonda rabbia, odio e sfiducia verso l’Occidente e la sua causa. E’ un cancro che fa presagire disgrazie per il futuro della condizione umana.


Note:
[1] David Rieff, A New Age of Liberal Imperialism?, World Policy Journal, estate 1999, Ignatieff è citato da Rieff.

[2] Vedi Susan Woodward, Balkan Tragedy, Brookings, 1995; Diana Johnstone, Fools’ Crusade, Pluto and Monthly Review, 1999; David Owen, Balkan Odyssey, Harcourt Brace, 1995; Leonard J Cohen, Serpent in the Bosom: The Rise and Fall of Slobodan Milosevic,Westview, 2001.

[3] L’integrazione dei servizi segreti occidentali e degli «esperti», inclusi quelli del Sud Africa dell’apartheid, è descritta nel libro di Edward Herman e di Gerry O’Sullivan The Terrorism Industry, Pantheon, 1990.

[4] Per una buona illustrazione di questo processo di spoliazione, brutalizzazione e immiserimento vedi Noam Chomsky, The Fateful Triangle, South End, 1999, cap. 8; Kathleen Christison, The Wound of Dispossession, Ocean Tree Book, 2003; Norman Finkelstein, Beyond Chutzpah, University of California, 2005, Part 2; Michel Warschawsky, Toward an Open Tomb, Monthly Review, 2004, Jeff Halper, Despair: Israel’s Ultimate Weapon, Center for Policy Analysis on Palestine, 28 marzo 2001, ( http://www.thejerusalemfund.org/carryover/pubs/20010328ib.html ); e Jeff Halper, The 94 Percent Solution: A Matrix of Control, Middle East Report, ( http://www.merip.org/mer/mer216/216_halper.html ), autunno 2000.

[5] Noam Chomsky, Pirates &Emperors, Claremont Research, 1986, Cap. 2; Noam Chomsky, The Fateful Triangle, South End, 1999, cap. 9.

[6] Yehoshua Porath, un esperto israeliano del movimento nazionale palestinese, ha scritto in Ha’aretz il 25 giugno del 1982 “Mi sembra che la decisione del governo [di invadere il Libano] ... è la conseguenza proprio del fatto che il cessate il fuoco è stato rispettato [dai palestinesi]”. Per maggiori dettagli, vedi Noam Chomsky, The Fateful Triangle, South End, 1999, p. 198-209.

[7] Nel giudizio richiesto dal Pubblico Accusatore Radislav Krstich del 2 agosto 2001 (IT-98-33-T), ( http://www.un.org/icty/krstic/TrialC1/judgement/index.htm ), Sezione G, «Genocidio» (http://www.un.org/icty/krstic/TrialC1/judgement/krs-tj010802e-3.htm#IIIG ), approx. pars. 589-595, ed anche nota 1306, il Tribunale si richiamò a una “Risoluzione del 1982 dell’Assemblea Generale dell’ONU che l’assassinio di almeno 800 palestinesi nei campi profughi di Sabra e Chatila quell’anno fu «un atto di genocidio».” La Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU era denominata «La situazione in Medio Oriente» (A/RES/37/123), Sezione D, 16 dicembre 1982 (http://www.un.org.documents/ga/res/37/a37r123.htm).

[8] Citazione di Gerald Steinberg, studioso della politica israeliana, in Chris Mc Greal, Worlds Apart, Guardian, 6 febbraio 2006 (http://www.guardian.co.uk/israel/Story/0,,1703245,00.html). Un recente articolo di Ha’aretz basato su un rapporto dei gruppi per i diritti umani B’tselem e Bimkom afferma e dimostra che “la principale considerazione per il tracciato di numerosi segmenti del muro è solo l’espansione degli insediamenti” (http://www.haaretz.com/hasen/spages/685938.html)

[9] In realtà anche dalla Gran Bretagna. Recentemente anche la Germania ha contribuito ad armare ancora più pericolosamente Israele, fornendogli sottomarini capaci di portare missili con testate nucleari (ndt).

[10] Vedi Washington’s Peace Process, in Chomsky, The Fateful Triangle, capitolo 10.

[11] Slobodan Milosevic fu incriminato dal Tribunale sulla Yugoslavia, il 22 maggio 1999, per responsabilità di dirigente, per la morte di 344 albanesi kosovari, quasi tutti uccisi in seguito all’inizio di una guerra di bombardamenti da parte della NATO il 24 marzo 1999; Sharon, invece, fu considerato, persino da una commissione israeliana, responsabile del massacro di Sabra e Chatila, nel quale furono massacrati più del doppio di palestinesi, per la maggior parte donne, bambini ed anziani. Ma come abbiamo già notato in questo articolo, Sharon è soggetto a sistemi diversi di giudizio e trattamento.

[12] Vedi Johan Wallach Scott, Middle East Studies Under Siege, The Link, gennaio-marzo 2006.

Versione originale: (accessibile solo a pagamento)
Edward S. Herman 03.2006  Fonte: zmag
Versione su Third World Traveler (liberamente accessibile): Fonte: thirdworldtraveler

Versione italiana:
Tradotto dall'inglese da Manno Mauro, membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica (tlaxcala@tlaxcala.es). Questa traduzione è in Copyleft.
La traduzione sarà disponibile prossimamente anche su : tlaxcala.es/
Fonte Come Don Chisciotte

Edward S. Herman è Saggista ed esperto di politica economica e di media, Professor Emeritus di Finanza alla Wharton School della University of Pennsylvania, insegna anche alla Annenberg School for Communication dello stesso ateneo. Ha ricevuto il Bachelor of Arts dalla University of Pennsylvania nel 1945, e il dottorato nel 1953 dalla Università della California a Berkeley.
Il suo saggio più noto è La fabbrica del consenso: l'economia politica dei mass media, scritto con Noam Chomsky. Altri saggi sono sul massacro di Srebrenica e sul genocidio.
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Ethnic Cleansing and the "Moral Instinct"How the West and free press underwrote Israel's ethnic cleansing

by Edward Herman
www.zmag.org, March 2006

One of the most dubious clichés of the humanitarian intervention intellectuals and media editors and pundits is that human rights have become more important to the United States and other NATO powers and a major influence on their foreign policy in recent decades. David Rieff writes that human rights "has taken hold not just as a rhetorical but as an operating principle in all the major Western capitals," and his comrade in righteous arms Michael Ignatieff claims that our enhanced "moral instincts" have strengthened "the presumption of intervention when massacre and deportation become state policy." This perspective was built in good part on the basis of the experience-and misreading-of developments during the dismantling of Yugoslavia in the 1990s where the propaganda line was that NATO had reluctantly and belatedly entered that conflict to stop ethnic cleansing and genocide perpetrated by the Serbs, and had done so successfully. This was allegedly an intervention rooted in Blair-Clinton-Kohl-Schroeder humanism, supported and pressed on these leaders by journalists and human rights protagonists.

There are many things wrong with this explanation and analysis of recent Balkan history, one of the most important of which is that NATO intervention was not late. It came quite early and was a primary cause of the ethnic cleansing that followed. It encouraged a breakup of Yugoslavia in a manner that left large unprotected minorities in the newly formed republics, thereby assuring ethnic conflict. It sabotaged peace agreements within these new states in the years 1992-1994 and it encouraged non-Serb minorities to hope for NATO military aid in arriving at final settlements, which they finally did get. NATO powers even actively or passively supported the most complete ethnic cleansings of the Balkan wars-which was of Serbs in Croatia's Krajina area and Serbs in NATO-occupied Kosovo from June 1999.
There were other problems with the notion that the NATO intervention in the Balkans had a humanitarian basis and effect, but it is equally important to recognize the selectivity in this focus and the political root of that selectivity. The humanitarian interventionists were almost completely silent during the 1990s massacres and deportations by Indonesia in East Timor, the Turkish slaughters and village burnings in their Kurdish areas, the killings and huge refugee exodus in Colombia, and the large-scale massacres in the Congo, carried out in good part by invaders from Rwanda and Uganda. For some reason the "moral instinct" of the humanitarian politicians didn't reach these cases, where the killers were allies of these politicians-and obtained arms and military aid and training from them. Equally interesting, the moral instinct of the humanitarian interventionist intellectuals and journalists failed to override the biased focus of their political leaders, but instead worked in parallel with those biases. This helped their political leaders go after the targeted combatants with greater violence, partly by diverting attention from the approved villains and the damage they were inflicting on their (implicitly unworthy) victims.

The Remarkable Case of Israel
The most interesting case of an aborted "moral instinct" is that involving Israel, where the state has been engaged in a systematic policy of dispossession and ethnic cleansing of the Palestinians on the West Bank and in East Jerusalem for decades, not only without a meaningful response on the part of the "free world," but with steady support from the United States and spurts of approval and support from its democratic allies. The ability of the Western political leaders, media, and humanitarian intellectuals to get enraged at Arafat, Chavez, and Milosevic, while treating Begin, Netanyahu, and Sharon as statespeople deserving of economic and military aid and diplomatic support, is a small miracle of self-deception, advanced double standards, and moral turpitude.
What makes it a miracle is that the basic premises, as well as the performance of the Israeli state, fly in the face of the entire range of enlightenment values that supposedly underlie Western civilization.
First, it is a racist state as a matter of ideology and law. It is officially a Jewish state: 90 percent of the land is reserved for Jews. Palestinians have been barred from leasing or buying state-owned lands that were seized in 1948 and later and Jews from abroad have a right to immigrate and become citizens with privileges superior to those of indigenous non-Jews. This kind of ideology and law was unacceptable as regards the apartheid state of South Africa, although it is interesting that Reagan was "constructively engaged" with that state, Margaret Thatcher found it quite tolerable, and South African "anti-terror" operations were integrated with those of the "free world." But the Israeli analogue of the Nuremberg laws and its construction of a state built on racial discrimination is acceptable to the enlightened West. The "chosen people" replace the "master race." That is not only acceptable, but Israel is held up as a model democracy and "light unto the world" (Anthony Lewis). By implication, Israel's creation of a body of humans who are second class citizens by law (or of a still lesser class in the occupied territories) is also acceptable. This is a unique system of "privileged racism."
Second, the Israeli state has been allowed to ignore numerous Security Council resolutions and the Fourth Geneva Convention regarding its occupation of the West Bank, as well as the International Court of Justice ruling on its apartheid wall. It has been able to dispossess Palestinians of a large fraction of their land and water, demolish thousands of their homes, cut down many thousands of their olive trees, destroy their infrastructure, and create a modern network of roads through the occupied West Bank for Jews only while imposing serious obstacles to Palestinian movement. This systematic ethnic cleansing has been implemented by an extremely well trained and well equipped army working over a virtually unarmed indigenous population to make room for Jewish settlers-in violation of international law on the proper behavior of an occupying power. This is a unique system of "privileged ethnic cleansing," "privileged law violations," and "privileged exceptions to Security Council and International Court rulings."
Third, Israel has periodically crossed its borders to make war on its neighbors-Egypt, Syria, and Lebanon-and has engaged in supplementary bombing or acts of terrorism against those three countries plus Tunisia and for many years has maintained a terrorist proxy army in Lebanon while carrying out numerous terrorist raids there under its Iron Fist policy, inflicting heavy civilian casualties. While the 1982 invasion of Lebanon was proclaimed to be in response to terrorist attacks, in fact it was based on the absence of terrorist attacks (despite deliberate Israeli provocations) and the fear of having to negotiate with the Palestinians rather than continue to ethnically cleanse them. There was no punishment or sanction against Israel for these actions, as Israel benefits from a "privileged right to aggression, state terrorism, and sponsorship of terrorism."
Fourth, given its right to ethnically cleanse and terrorize in violation of Security Council resolutions and international law, its victims have had no right to resist. They may be pushed off their land, have their homes demolished, olive trees uprooted, and their people killed by IDF and settler violence, but forcible resistance on their part is unacceptable "terrorism," to be "deeply deplored." A thousand or so Palestinians were killed by Israelis during their first and non-violent phase of resistance in the initial Intifada (1987-1992), but their passive resistance had no effect on the illegal occupation. The international community did nothing to alleviate their distress and Israel had a tacit understanding with the United States that it would be supported in its violent response to the Intifada until that resistance was broken. The ratio of Palestinians to Israelis killed in those years was 25 to 1 or higher, but it was the Palestinians who were labeled as terrorists.
Fifth, the Israelis were also free to put in charge of the state the person responsible for a string of terrorist attacks on civilians and, at Sabra and Shatila, a massacre of somewhere between 800 and 3,000 Palestinian civilians. The Yugoslav Tribunal argued that genocidal intent could be inferred from an action seeking to kill all the people of a given group in one area, even if not part of a plan to kill all of them elsewhere, citing their own earlier decisions, plus a UN Assembly resolution of 1982 that the slaughter of 800 at Sabra and Shatila was "an act of genocide." But that kind of Tribunal judgment was applied only to target Serbs-it was not applied by the West to Sharon and it didn't even interfere with his becoming an honored head of state.
Sixth, with rights to ethnically cleanse and terrorize, such invidious words were not considered applicable to Israeli actions. They were, however, applied with great indignation to Serb operations in Kosovo, which were features of a civil war (stoked from abroad) and were not, as in the Israeli case, designed to remove and replace an indigenous population in favor of a different ethnic group. Israel had also been the beneficiary of the privileged usage of the words "security" and "violence." The Palestinians may be far more insecure than the Israelis and subject to a much higher and more sustained level of violence, but again it is the Palestinians who must reduce their resort to violence and the big issue is how Israel can be made more secure. Palestinian security is not an issue in the West because their victimization is of no concern and because their insecurity is a result of their failure to accept the ethnic cleansing process.
The ethnic cleansing process, which involves wholesale terrorism, and is the causal force that has elicited a responsive Palestinian retail terrorism, is actually put forward (along with the wall), not as a deliberate program to "redeem the land" for the chosen people, but as necessary to combat "terrorism"-and the primary terrorists get away with this.
Seventh, Israel is the only Middle Eastern state that has built up a stock of nuclear weapons and they have been aided in this not only by the United States, but also by France and Norway. This has happened despite the 39 years of ethnic cleansing, record-breaking violations of Security Council demands and international law, and periodic invasions of Israel's neighbors. This privileged right to nuclear weaponry and exemption from the jurisdiction of the International Atomic Energy Agency and Non-Proliferation Treaty flows from Israel's other privileges noted earlier and ultimately the protection and cover of U.S. power.
Eighth, the "free world" has been aghast at the possibility that Iran might be positioning itself to acquire nuclear weapons at some future date. Iran has been threatened with "regime change" and bombing and other attacks by both the United States and Israel, but because Iran's actions conflict with the regime of privilege in which only Israel (and its superpower underwriter) have a security problem and right of self defense; others, like Iran, must cope with the threat of attack and sanctions for engaging in legal actions and possibly seeking nuclear means of self-defense, without help from a "free world" busily appeasing the United States and its Middle Eastern client. So Israel not only has a nuclear privilege, it is privileged to be able to get the "free world" to help it monopolize that privilege in the Middle East, which of course gives it greater freedom to ethnically cleanse.
Ninth, the "free world" has also been upset at the victory of Hamas in the Palestinian election of January 25, 2006, in which Hamas won 76 out of a total of 132 seats in Parliament; Fatah won 43. It is widely held that this new legal political power of Hamas may disturb the "peace process," and George Bush is not prepared to negotiate with a group that employs "violence." Violence, however, is a Bush and U.S. specialty, with three major aggressions in the last seven years and an openly announced program of domination based on military superiority. Israel's operations in Palestine are violent beyond anything the Palestinians have been able to muster, although, in the ludicrously biased West, "suicide bombing" is horrifying, whereas "targeted assassinations" are not.
Hamas has grown in popularity because Fatah and its leaders have failed to stop the ethnic cleansing process and have been unable to halt a steady increase in Palestinian misery, with Israel walking over Fatah's leaders and making their tenure a complete failure. Hamas was actually funded by Israel years ago with the objective of splintering the Palestinians and weakening the secular Fatah. It succeeded in this, but now that an Islamic group has taken on power, they and their patron will be able to find another reason to avoid any final negotiated settlement with the Palestinians who have voted in a party that does not eschew violence-as Sharon and Bush have mythically done. Hamas also refuses to disarm and insists on the right to defend its people against a ruthless ethnic cleansing occupation, but in the West this is unreasonable, as only one side has the right to self-defense and a concern over "security." There is no right to resistance in this case of shriveled moral instincts.
The "peace process" is an ultimate Orwellism, which I defined years ago in a doublespeak dictionary as, "Whatever the U.S. government happens to be doing or supporting in an area of conflict at the moment. It need not result in the termination of conflict or ongoing pacification operations in the short or long term." So the "peace process" in Palestine, steadily accepted or actively supported by the U.S. government, has been characterized by intensified ethnic cleansing, the destruction of the Palestinian infrastructure, the settlement of some 450,000 Jews in the West Bank, the construction of an apartheid wall, and the Israeli takeover of much of East Jerusalem-in other words, the establishment by state terrorism of enough "facts on the ground" to make any kind of viable Palestinian state unthinkable. But for the propaganda organs of the "free world," there has been a meaningful "peace process" going on that the election of Hamas might halt.

How Do We Explain This Hypocrisy?
This has all come about because the Israeli leadership has wanted lebensraum for the chosen people, the indigenous Palestinians have stood in the way and have had to be removed, and the Israelis have been able to do this, with critical U.S. military and diplomatic support. This process has fed on itself. That is, the eventual Palestinian violent resistance, along with Palestinian relative weakness and vulnerability, have exacerbated the racist underpinning of the ethnic cleansing project with a resultant increase in its savagery over the years, helped along by Israel's elevation to its recent leadership of a major war criminal. U.S. aid and protection in the project has been crucial, as that has prevented any effective international response to policies which violate basic morality as well as law and which, if carried out by a target state, would result in bombing and trials for war crimes.
The U.S. role, and the neutralization of any "moral instinct" in the United States, results in part from geopolitical considerations and the role of Israel as a U.S. proxy and enforcer and from the ability of the pro-Israel lobby and its grassroots and Christian right supporters to cow the media and political establishment into tacit or open support of the ethnic cleansing project. The lobby's tactics include aggressive exploitation of guilt, with references to the Holocaust, identification of criticism of Israeli ethnic cleansing with "anti-Semitism," along with straightforward bullying and attempts to stifle criticism and debate.
These efforts have been aided by 9/11 and the "war against terror," which have helped demonize Arabs and make Israeli policy a part of that supposed war. The lobby and its representatives in the Bush administration were eager supporters of the attack on Iraq and they are now fighting energetically for war against Iran-in fact the lobby is the only sector of society calling for a confrontation with Iran and it is planning a major campaign on Bush and Congress to get the United States to take action. The Iraq war provided an excellent cover for intensified ethnic cleansing in Palestine and a further war, despite its serious risks, might help in a further phase of ethnic cleansing and possible "transfer" of a population that poses a "demographic threat."
The performance of the "international community" in the face of the ethnic cleansing project has been a disgrace. Gung-ho for war and trials of alleged villains in ex-Yugoslavia, where the United States was pleased to oppose ethnic cleansing, selectively, the EU, Japan, Kofi Annan, most of the NGOs, and the Arab states have been gutless and their "moral instinct" paralyzed by the U.S. commitment to Israel, the strength of Israel and its diaspora, the Israeli exploitation of Holocaust guilt, and the racist EU bias held over from the colonial past and exacerbated by the flow of propaganda that features "suicide bombers," not targeted assassinations, massive and illegal brutalization, and land theft.
Palestine is a crisis area par excellence where a virtually helpless people has been abused, humiliated, and steadily displaced by force in favor of settlers protected by a huge military machine, supplied in turn and protected by the United States, and with the tacit agreement, if not more, of the rest of the "free world." The big issue now for the "free world" is, will Hamas behave and accept ethnic cleansing (still in very active process) and possible bantustan status at best or will it threaten to resist and to commit "terrorism?"
It is very important because several million Palestinians are being immiserated in a tragic system of violence that could be terminated easily by the United States and the international community by threatening an end to aid and possibly sanctions.
The situation in Palestine is also very important because hundreds of millions of Arabs and a billion or more people of the Islamic faith, and billions beyond that, interpret the West's treatment of the Palestinians as a reflection of a racist and colonialist attitude toward Arabs, Islamists, and Third World people more broadly. It is a producer of anti-Western terrorism, but also, and even more importantly, a deep anger, hatred, and distrust of the West and its motives. It is a cancer that bodes ill for the future of the human condition.

Edward S. Herman is a media analyst, economist, and author of numerous books and articles.

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