Descrizione

La storia ha due volti: quello ufficiale, mendace e quello segreto e imbarazzante, in cui però sono da ricercarsi le vere cause degli avvenimenti occorsi” - Honorè de Balzac -

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano !" - Isaac Newton -

Contra factum non valet argumentum”

giovedì 31 dicembre 2015

IL PETROLIO, IL COTONE E IL FOSFATO DELLO STATO ISLAMICO SONO VENDUTI IN EUROPA

isis petrolio 2

DI OLIVIER PETITJEAN E RACHEL KNAEBEL

FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO

Pozzi di petrolio, giacimenti di gas, miniere di fosfato, campi di cotone, colture di cereali…tante risorse sulle quali lo Stato Islamico ha messo le mani grazie ai territori che controlla in Iraq ed in Siria. Malgrado l’embargo di cui sono fatti oggetto, una parte di questi prodotti affluiscono sui mercati, verso i paesi confinanti, e servono a finanziare la sua guerra infinita. Cosa fanno le imprese del settore, i venditori di materie prime, le banche e le istituzioni internazionali per assicurarsi di non contribuire a riempire le casse di Daesh?

«Le istituzioni finanziarie e del credito sono chiamate ad esercitare una particolare vigilanza in relazione a tutte le transazioni commerciali che possano beneficiare Daesh», precisa Tracfin, il ramo del ministero francese delle Finanze incaricato della lotta contro il riciclaggio. Le entrate annuali dello Stato Islamico si avvicinano a 3 miliardi di dollari, secondo le stime. Avendo preso il controllo di parte del territorio siriano ed iracheno, il gruppo armato ha messo le mani su numerosi pozzi di petrolio, giacimenti di gas, fabbriche di fertilizzanti, campi di cotone e di cereali…tutte materie prime che possono contribuire al suo finanziamento. In aggiunta al denaro proveniente dai rapimenti di persone, dalle tasse imposte alle popolazioni, al traffico di beni archeologici, questa appropriazione di risorse naturali e di idrocarburi apporta ingentissime somme. Le materie prime, tuttavia, vanno vendute a qualcuno: chi sono, dunque, i partner commerciali di Daesh? Le autorità internazionali e le grandi imprese dei settori interessati hanno preso le opportune contromisure?

Con il dispiegamento della portaerei Charles De Gaulle nel Mediterraneo orientale, in seguito agli attentati di Parigi del 13 novembre, l’esercito francese ha l’intenzione di intensificare i bombardamenti aerei – iniziati più di un anno fa – contro Daesh in Siria e in Iraq. Alla vigilia degli attacchi di Parigi, il ministero della difesa annunciava di avere bombardato tre siti petroliferi siriani. Anche i colpi sferrati dagli Stati Uniti colpivano installazioni petrolifere di Daesh. L’operazione è stata denominata “Tidal Wave II”, in riferimento alla prima operazione Tidal Wave, che fu condotta contro le risorse petrolifere naziste in Romania durante la seconda guerra mondiale.

Lunedì 16 novembre, per la prima volta, gli Stati Uniti hanno iniziato ad attaccare anche i convogli dei camion cisterne, trasportanti petrolio destinato al contrabbando, cosa da cui si erano in precedenza astenuti per il timore di mietere vittime tra i civili.

ExxonMobil, Chevron e Total bramano il sottosuolo curdo

I pozzi petroliferi controllati da Daesh rappresentano, all’ottobre 2014, il 60% della produzione siriana di petrolio ed il 10 % di quella irachena, secondo un rapporto dell’agenzia informativa finanziaria Thomson Reuters. Approssimativamente, queste percentuali corrispondevano, in quel tempo, a 60.000 barili al giorno in ciascuno dei due stati. Una produzione che classifica teoricamente il “califfato” al 40° posto tra i produttori di petrolio, con un profitto stimato tra i 2 e i 4 milioni di dollari al giorno. Ma questo era più di un anno fa.

La situazione militare è cambiata. Una parte dei pozzi petroliferi, presi da Daesh nel 2014, sono stati riconquistati dalle forze curde e irachene, supportate dagli Stati Uniti e dall’Iran. In tal modo le potenzialità dello Stato Islamico sono state considerevolmente ridimensionate. I giacimenti attualmente sfruttati da Daesh sono modesti: qualche dozzina di migliaia di barili al giorno, al più, contro la produzione totale dell’Iraq di milioni di barili. I giacimenti siriani controllati dall’organizzazione sono, d’altronde, in declino. Ma l’avanzata di Daesh nel nord dell’Iraq, durante l’estate del 2014, costituisce una seria minaccia per giacimenti ben più importanti. È stata, forse, questa minaccia a motivare l’intervento americano: d’altra parte, ExxonMobil, Chevron e la francese Total si stanno già preparando a sfruttare le ricchezze del sottosuolo curdo.

Petrolio, fosfati e tessile made in Stato Islamico?

Cosa fa Daesh con le sue risorse, seppur limitate, di petrolio?
Lo Stato Islamico «copre il suo fabbisogno e, così sembra, vende il resto sul mercato nero locale, oppure esporta petrolio, grezzo o raffinato, in Giordania, Iran, Kurdistan e Turchia», indica il report di Thomson Reuters. I jihadisti farebbero profitti tramite i canali di contrabbando creati con l’inizio dall’embargo all’Iraq di Saddam Hussein e con l’Iran. Un rapporto dell’aprile 2015 del Congresso degli Stati Uniti segnala che il gruppo vende il petrolio estratto dai suoi pozzi iracheni attraverso la Turchia, «essenzialmente lo stesso sistema vale anche per il petrolio siriano». Le informazioni parlano anche di possibili vendite al regime siriano, oltre che ai ribelli e ai curdi di Siria, che combattono contro gli islamisti.

Oltre al petrolio, Daesh ha anche preso il controllo di numerosi giacimenti di gas, di una miniera di fosfato in Iraq, di una fabbrica di acido solforico e fosforico e di cinque cementerie, tra cui una del colosso francese Lafarge in Siria. Ma, precisa uno studio del gruppo intergovernativo contro il riciclaggio di denaro sporco (Gruppo d’azione finanziaria internazionale, Gafi), «al contrario del petrolio grezzo e raffinato, per i quali esistono circuiti di contrabbando di lunga data e mercati neri locali, quest’altra risorsa è probabilmente più difficile da monetizzare per Daesh». Ci sono forti timori sul fatto che il cotone siriano coltivato nei territori controllati da Daesh possa passare attraverso la Turchia e, infine, ritrovarsi tra le scorte dei produttori tessili europei. Uno studio condotto da una consulente francese sulla filiera tessile regionale allertava, circa due mesi fa, dell’esistenza di un reale rischio per i consumatori francesi di comprare vestiti contenenti cotone dello Stato Islamico. Conclusioni che, tuttavia, l’Unione delle Industrie Tessili Francesi, indirettamente chiamata in causa, ha giudicato non attendibile.

Le transazioni petrolifere con Daesh vietate da UE, USA e ONU

In linea di principio, è vietata qualunque transazione che rischi di alimentare le casse dei gruppi islamisti in Siria e Iraq. Le imprese hanno smesso di importare materie prime dalla Siria fin dallo scoppio della guerra. La multinazionale norvegese Yara, specializzata nella produzione di fertilizzanti, assicura di non aver più acquistato fosfato siriano a partire da febbraio 2011 e nemmeno dall’Iraq.

L’Unione Europea ha proibito l’importazione di petrolio siriano, da prima ancora dell’emersione dello Stato Islamico sulla scena regionale, quando le sanzioni erano indirizzate specificamente contro Bashar Al-Assad e la sua sanguinosa repressione dei sollevamenti popolari. Total, la multinazionale francese che sfruttava i pozzi di petrolio della regione del Dei Ez Zor, ha dismesso tutte le sue attività in Siria nel dicembre 2011. La compagnia fa sapere che, col fine di «rispettare le obbligazioni contrattuali», mantiene attualmente solo due persone nella sua sede di Damasco.

Anche gli Stati Uniti hanno vietato l’importazione di petrolio siriano prima che Daesh prendesse il controllo di una parte dei pozzi. Le sanzioni statunitensi proibiscono non solo le transazione di petrolio, ma anche quelle di natura finanziaria connesse col petrolio d’origine siriana.

Le sanzioni dell’ONU, grazie al sostegno della Russia – che dispone di potere di veto in seno al Consiglio di Sicurezza – colpiscono unicamente i gruppi islamisti della regione, ma risparmiano il governo siriano. Una risoluzione del 3 febbraio 2015 condanna: «tutti gli accordi per il commercio diretto o indiretto di prodotti petroliferi con Daesh e Al-Nusra», un’altra componente delle forze islamiste in Siria.

Una rete di contrabbando che risale all’embargo iracheno

In Francia, Tracfin invita «le istituzioni finanziarie e di credito» a «considerare le transazioni finanziarie relative, direttamente o indirettamente, all’acquisto di petrolio, greggio o meno, di provenienza irachena o prodotto in Iraq, come transazioni a rischio elevato, giustificando dei controlli particolari, tranne nel caso in cui lo State Oil Marketing Organization, che dipende dal ministero del petrolio del governo iracheno, non abbia approvato».

Sul campo, le frontiere sono un colabrodo, le alleanze tra le fazioni sono a geometria variabile, la corruzione è generalizzata e la situazione regionale, con particolare riferimento al Kurdistan iracheno, è estremamente complessa. Tutti elementi, questi che favoriscono la vendita di petrolio dal Daesh, grazie all’intermediazione di trafficanti, attraverso l’Iraq e la Turchia. Il governo regionale curdo dell’Iraq, malgrado combatta contro Daesh, esporta petrolio senza il consenso del governo iracheno, all’interno di una strategia d’indipendenza politica e finanziaria.

In questa situazione di guerra, dove le reti del contrabbando esistono e sono calcate da lunga data, facendo barcollare le frontiere, e dove il Kurdistan iracheno vende petrolio senza l’avallo di Bagdad, è estremamente difficile “tracciare” il petrolio. La frontiera turca, in particolare, ha il dito puntato contro: «Le istituzioni finanziarie farebbero bene ad esaminare con precisione le transazioni che implicano il coinvolgimento di aziende turche o di individui legati al settore del petrolio in Turchia», consiglia l’agente d’informazione finanziaria Thomson Reuters nel suo rapporto. In Iraq «sembra che Daesh faccia uso di antiche rotte tracciate dal Baath (il partito al potere al tempo di Saddam Hussein) per contrastare il programma “Oil for Food”».

Le società di trading comprano petrolio da Daesh?

Il programma “Oil for Food”, voluto dall’ONU per attenuare gli effetti dell’embargo degli Stati Uniti contro l’Iraq tra il 1992 ed il 2002, è stato caratterizzato da un elevato livello di corruzione. Nell’ambito di questo programma, l’azienda francese Total è stato processata per corruzione ed è ancora in attesa del verdetto del giudizio d’appello. Vitol, una grande impresa svizzera, è stata condannata nel 2007 negli Stati Uniti a pagare più di 17 milioni di dollari tra multa e compensazioni per la corruzione dei funzionari iracheni. Come fanno coloro che trattano petrolio e materie prime ad assicurare che non stiano commerciando oro nero estratto dallo Stato Islamico? «Vitol ha un programma globale di conformità che include politiche e procedure rigorose d’esame degli intermediari e delle loro catene di approvvigionamento», ci assicura la società di trading. «Nella regione, sono state attuate misure di massima sicurezza, come l’esigenza di trattare solo con interlocutori noti da tempo e di provata fiducia»

«È troppo difficile tracciare il petrolio all’origine»

Trafigura, un’altra grande impresa di mediazione di materie prime, risponde in maniera similare: «Trafigura non compra petrolio e prodotti petroliferi, metalli e minerali che da fonti che conosciamo bene e che hanno superato le nostre procedure di selezione». Trafigura era stata accusata anche per traffici illeciti di petrolio sudanese al tempo della guerra in Darfur (oltre che coinvolta nello scandalo del riversamento di rifiuti tossici in Costa d’Avorio). Le due imprese oramai collaborano con le autorità di Washington, essendo state «invitate col solo scopo, sulla base delle loro conoscenze nel loro settore d’attività, a fornire una valutazione del possibile volume e dello svolgimento di operazioni petrolifere dello Stato Islamico», comunicano le autorità svizzere.

Ciò è sufficiente? Per Marc Guéniat, responsabile d’inchiesta dell’ONG svizzera Déclaration de Berne e che segue da vicino le attività delle grandi imprese commerciali: «è troppo difficile seguire dall’origine il petrolio, soprattutto se viene mischiato. Non esiste un dispositivo atto ad obbligare i venditori a porsi questa domanda. In Svizzera, dove si trovano i grandi intermediari, nessuno di costoro ha l’obbligo di interrogarsi sull’origine delle materie prime che commerciano, diversamente dalle banche, che debbono farsi domande relative alla provenienza dei fondi che ricevono in virtù delle norme contro il riciclaggio di capitali sporchi. Costoro possono acquistare materie prime d’origine illegale o che derivano da un crimine». Tracciare l’origine è ancora più difficile in situazioni di guerra, le quali, visti i precedenti, non intimoriscono le imprese.

Cessare ogni tipo di attività con i paesi confinanti?

A settembre 2014, l’ambasciatrice europea in Iraq, Jana Hybaskova, confidava che è risaputo che paesi europei acquistano in nero petrolio da Daesh. La notizia, tuttavia, non ha avuto alcuna conferma ufficiale dalle istituzioni europee. «Le imprese del settore sarebbero assai infastidite dal dover escludere il commercio del petrolio proveniente dai territori di Daesh», giudica Marc Guéniat. «Una banca francese che opera a Ginevra nel finanziamento delle imprese importatrici ha deciso di evitare completamente ogni rischio mediante la cessazione di qualunque rapporto con il petrolio della regione, inclusa la Turchia. A mio giudizio, questo è l’unico modo per essere sicuri di non far affluire questo petrolio sui mercati mondiali»

Le banche francesi sanno bene che questo tipo di transazione in zone a rischio possono costargli davvero care. L’anno scorso, BNP Paribas ha ricevuto un’ammenda record di più di 6 miliardi di euro per degli affari svolti con regimi sotto sanzioni USA (Sudan, Iran, Cuba). Quasi tre quarti delle transazioni incriminate riguardavano scambi realizzati con il regime sudanese, colpito da sanzioni per il sostegno al terrorismo e la violazione di diritti umani. E si trattava, non a caso, di vendite di petrolio. La prima banca francese ha, in seguito, rinforzato il suo controllo giuridico ed è adesso particolarmente attenta a non farsi coinvolgere dai paesi confinanti con la Siria.

La Svizzera, paradiso dei mercanti di petrolio…e del traffico di beni archeologici

La Svizzera è anche al centro delle preoccupazioni circa il commercio di beni antichi sottratti nei territori occupati da Daesh. Un rapporto del presidente del Louvre, reso pubblico dopo gli attentati di Parigi, indica che i principali antichi siti di Siria e Iraq sono stati oggetto di «un numero incalcolabile di scavi selvaggi». Anche la vendita di questi oggetti contribuisce a gonfiare le finanze di Daesh. «Daesh ha probabilmente recuperato i pezzi più pregiati del museo di Raqqa (oltre a quelli rubati dai musei iracheni) per rivenderli ai trafficanti che possono giovarsi della rete perfettamente organizzata che esisteva già prima dell’apparizione di Daesh», recita il rapporto. Ora, è possibile che questi pezzi rubati si trovino in porti franchi sparsi nel mondo alla ricerca di un compratore, perché in questo «paradiso dell’occultamento», confidenza e discrezionalità sono la regola. «In certi porti franchi, non è richiesto dichiarare l’inventario alle dogane: la natura dei beni, il loro valore e l’identità del loro proprietario rimangono strettamente confidenziali», sottolinea il direttore del Louvre. Tra questi territori ci sono Singapore e Shanghai, ma anche Ginevra e il Lussemburgo. Nel cuore dell’Europa.


Traduzione per www.comedonchisciotte,org a cura di NICOLA PALILLA

Des miliciens de l’Etat islamique dans la région de Tikrit en Irak et leurs prisonniers, en juin 2014. Après la prise de la ville et d’une base militaire irakienne, l’État islamique revendique le massacre de 1700 prisonniers chiites.

FINANCEMENT DU TERRORISME

Le pétrole, le coton ou le phosphate de l’Etat islamique sont-ils vendus en Europe ?

24 NOVEMBRE 2015

Des puits de pétrole, des gisements gaziers, des mines de phosphate, des champs de coton, des cultures de céréales… Autant de ressources sur lesquelles l’Etat islamique a mis la main grâce aux territoires qu’il contrôle en Irak et en Syrie. Malgré l’embargo dont il fait l’objet, une partie de ces produits sont écoulés sur les marchés, vers les pays voisins, et servent à financer sa guerre sans fin. Comment les entreprises des secteurs concernés, les négociants de matières premières, les banques et les institutions internationales s’assurent-ils qu’ils ne contribuent pas à remplir les caisses de Daech ?

« Les établissements financiers et de crédit sont appelés à exercer une vigilance particulière à l’égard de toutes transactions commerciales de nature à bénéficier à Daech » prévient Tracfin, la branche du ministère français des Finances chargée de la lutte contre le blanchiment. Les revenus annuels de l’État islamique avoisinent les 3 milliards de dollars, selon les estimations. En prenant le contrôle d’une partie du territoire syrien et irakien, le groupe armé a mis la main sur plusieurs puits de pétrole, sur des gisements gaziers, des fabriques d’engrais, des champs de coton et de céréales… Autant de matières premières qui peuvent contribuer à son financement. En plus de l’argent venu des enlèvements, des taxes imposées aux populations, du trafic d’antiquités, cette mainmise sur des ressources naturelles et les hydrocarbures rapportent des sommes conséquentes. Encore faut-il écouler ces matières premières. Qui sont donc les partenaires commerciaux de Daech ? Les autorités internationales et les grandes entreprises des secteurs concernés ont-elles pris les mesures qui s’imposent ?

Avec le déploiement du porte-avions Charles-De-Gaulle en Méditerranée orientale, suite aux attentats de Paris du 13 novembre, l’armée française va intensifier ses bombardements aériens – débutés il y a plus d’un an – contre Daech en Syrie et en Irak. La veille des attaques de Paris, le ministère de la Défense annonçait avoir bombardé trois sites pétroliers syriens. Les frappes menées par les États-Unis ciblent également des installations pétrolières de Daech. L’opération a été baptisée "Tidal Wave II", en référence à la première opération Tidal Wave qui visait les ressources pétrolières des nazis en Roumanie durant la Seconde Guerre mondiale. Le lundi 16 novembre, pour la première fois, les États-Unis ont commencé à attaquer également des convois de camions citernes, transportant du pétrole destiné à la contrebande. Ce dont ils s’étaient abstenus jusqu’alors par crainte de faire des victimes civiles.

ExxonMobil, Chevron et Total convoitent les sous-sol kurdes

Les puits pétroliers contrôlés par Daech représentent, en octobre 2014, 60 % de la production syrienne de pétrole et 10 % de la production irakienne, selon un rapportde l’agence d’informations financières Thomson Reuters. Ce qui correspond à l’époque à une capacité de 60 000 barils par jour dans chaque pays. Une production qui place en théorie le « califat » au 40ème rang des pays producteurs de pétrole, et rapporte un profit estimé entre 2 et 4 millions de dollars par jour. Mais c’était il y a plus d’un an.

La situation militaire a changé. Une partie des puits capturés par Daech en 2014 ont été reconquis par les forces kurdes et irakiennes appuyées par les États-Unis et l’Iran, réduisant considérablement les ressources potentielles de l’État islamique. S’ils revêtent une importance majeure pour la conduite de la guerre, les gisements actuellement exploités par Daech restent en fait modestes : quelques dizaines de milliers de barils par jour au plus, alors que la production totale de l’Irak se compte en millions de barils. Les gisements syriens contrôlés par l’organisation sont par ailleurs sur le déclin. Mais l’avancée de Daech dans le nord de l’Irak durant l’été 2014 menace alors directement des gisements pétroliers bien plus considérables, ce qui a probablement motivé l’intervention états-unienne. ExxonMobil, Chevron et la française Total se préparent d’ailleurs à exploiter les richesses du sous-sol kurde.

Pétrole, phosphate et textile made in Etat islamique ?

Que fait Daech avec ses ressources, même limitées, en pétrole ? L’État islamique« couvre ses propres besoins et, semble-t-il, vend le reste sur le marché noir local, et exporte du pétrole brut ou raffiné vers la Jordanie, l’Iran, le Kurdistan et la Turquie », indique le rapport de Thomson Reuters. Les djihadistes profiteraient des réseaux de contrebande existant depuis les embargos frappant l’Irak de Saddam Hussein puis l’Iran. Un rapport d’avril 2015 du Congrès des États-Unis signale que le groupe vend du pétrole extrait de ses puits irakiens via la Turquie « de la même manière pour l’essentiel que le pétrole syrien ». Des informations font également état de ventes possibles du pétrole de Daech au régime syrien, et même aux rebelles et aux Kurdes de Syrie, qui combattent les islamistes.

En plus du pétrole, Daech a aussi pris le contrôle de plusieurs gisements gaziers, d’une mine de phosphate irakienne, d’une usine de production d’acide sulfurique et phosphorique et de cinq cimenteries, dont une de Lafarge en Syrie. Mais, précise une analyse du groupement intergouvernemental de lutte contre le blanchiment d’argent (Groupement d’action financière, Gafi), « au contraire du pétrole brut et raffiné, pour lesquels il existe des circuits de contrebande établis de longue date et des marchés noirs locaux, ces autres ressources sont probablement plus difficile à monétiser pour Daech ». Des inquiétudes existent aussi sur la possibilité que du coton syrien cultivé dans les champs sous contrôle de Daech puisse passer par la Turquie, avant de se retrouver dans les stocks des fabricants textiles européens. Une étude réalisée par une consultante française sur la filière textile régionale alertait il y a deux mois sur l’existence d’un risque réel pour les consommateurs français d’acheter des vêtements contenant du coton de l’État islamique. Des conclusions que l’Union française des industries textiles, indirectement mise en cause, juge erronées.

Les transaction de pétrole avec Daech interdites par l’UE, les États-Unis et l’ONU

En principe, toute transaction qui risque d’alimenter les caisses des groupes islamistes en Syrie et en Irak est interdite. Des entreprises ont stoppé leurs achats de matières premières avec la Syrie dès le début de la guerre. La multinationale norvégienne Yara, spécialisée dans les engrais, assure ne plus acheter de phosphate syrien depuis février 2011, ni venant d’Irak. L’Union européenne a prohibé tout achat de pétrole syrien [1]. À cette époque, les sanctions visent spécifiquement le régime de Bachar El-Assad et la répression sanglante face au soulèvement populaire – l’Etat islamique n’a pas encore surgi sur la scène régionale. Total cesse toutes ses activités de production en Syrie en décembre 2011. L’entreprise française y exploitait du pétrole dans la région de Deir Ez Zor. Elle n’emploie aujourd’hui plus que deux personnes dans son bureau de Damas, afin de « respecter les obligations contractuelles », fait savoir la compagnie.

Les États-Unis aussi ont interdit l’importation de pétrole venu de Syrie avant que Daech ne prenne le contrôle d’une partie des puits [2]. Les sanctions états-uniennes prohibent toutes les transactions de pétrole, mais aussi toute transaction financière en lien avec du pétrole d’origine syrienne. Au sein de l’ONU, les décisions prises visent uniquement les groupes islamistes de la région, mais épargnent le gouvernement syrien, grâce au soutien de la Russie, qui dispose d’un droit de véto au Conseil de sécurité. Une résolution [3] de février 2015 condamne « tout engagement dans un commerce direct ou indirect en particulier de produits pétroliers, et de raffineries modulables, avec Daech et le Front Al-Nusra », une autre composante des forces islamistes en Syrie.

Des réseaux de contrebande qui datent de l’embargo irakien

En France, Tracfin invite « les établissements financiers et de crédit » à « considérer les transactions financières relatives, directement ou indirectement, à l’achat de pétrole, brut ou non, en provenance d’Irak ou produit en Irak, comme des transactions à risque élevé, justifiant des vigilances particulières, sauf si la State Oil Marketing Organization, qui relève du ministère du Pétrole du gouvernement Irakien, y a consenti. » Sur place, les frontières sont poreuses, les alliances de factions sont à géométrie variable, la corruption est généralisée et la situation régionale, notamment au Kurdistan irakien, extrêmement complexe. Autant d’éléments qui favorisent évidemment la vente de pétrole de Daech par l’intermédiaire de trafiquants à travers l’Irak et la Turquie. Le gouvernement régional kurde d’Irak, s’il combat lui aussi Daech, exporte par exemple du pétrole sans l’accord du gouvernement central irakien, dans une stratégie d’indépendance politique et financière [4].

Dans cette situation de guerre, où les réseaux de contrebande sont implantés de longue date, les frontières troubles, et où le Kurdistan irakien vend du pétrole sans l’aval de Bagdad, il est extrêmement difficile de tracer le pétrole dans la région. Là encore, la frontière turque est montrée du doigt. « Les institutions financières feraient bien d’examiner précisément les transactions qui impliquent des entreprises turques ou des individus liés au secteur pétrolier en Turquie », conseille l’agence d’informations financières Thomson Reuters dans son rapport. En Irak, « il est apparu que Daech fait usage des anciens réseaux mis en place par le parti Baas [l’ancien parti au pouvoir à l’époque de Saddam Hussein, ndlr] pour contrevenir au programme Pétrole contre nourriture ».

Les sociétés de trading achètent-elles du pétrole de Daech ?

Ce programme, mis en place par l’ONU pour atténuer les effets de l’embargo des États-Unis contre l’Irak entre 1992 et 2002, s’est retrouvé au cœur d’un vaste système de corruption pour le contourner. Dans cette affaire, l’entreprise française Total a été poursuivie pour corruption. Elle est toujours en attente du jugement en appel [5]. Une grande entreprise suisse de négoce de pétrole, Vitol, a également été condamnée en 2007 aux États-Unis à plus de 17 millions de dollars d’amende et de compensation pour la corruption de fonctionnaires irakiens.

Comment les négociants de pétrole et de matières premières s’assurent-ils qu’ils ne commercent pas de l’or noir extrait par l’État islamique ? « Vitol a un programme global de conformité qui inclue des politiques et des procédures rigoureuses d’examen des intermédiaires et de leurs chaîne d’approvisionnement », nous assure la société de trading. « Dans la région, une vigilance et des contrôles renforcés ont été mis en place, comme l’exigence de ne traiter qu’avec des interlocuteurs connus de longue date et de confiance. »

« Il est très difficile de tracer l’origine exacte d’un produit pétrolier »

Trafigura, une autre grande entreprise de courtage de matières premières, apporte une réponse similaire : « Trafigura n’achète du pétrole et des produits pétroliers, des métaux, et minerais qu’à des sources que nous connaissons bien et qui ont passé nos procédures de connaissance clients ». Trafigura avait aussi été pointée du doigt pour des transactions illicites avec le pétrole soudanais au moment de la guerre du Darfour (ainsi que dans un scandale de déversement de déchets toxiques en Côte d’Ivoire). Les deux entreprises collaboreraient désormais avec les autorités de Washington : elles « ont été invitées dans le seul but de donner, sur la base de leurs connaissances de leur branche, une évaluation du possible volume et le déroulement des opérations pétrolières de l’État islamique », communiquent les autorités suisses.

Est-ce suffisant ? Pour Marc Guéniat, responsable d’enquêtes à l’ONG suisse Déclaration de Berne, qui suit de près les activités des grandes frimes de négoce, « il est très difficile de tracer l’origine exacte d’un produit pétrolier, surtout s’il est mélangé. Il n’existe pas de dispositif qui contraindrait un négociant à se poser cette question. En Suisse, où se trouvent les grands négociants, ceux-ci n’ont pas l’obligation de s’interroger sur l’origine des matières premières qu’ils commercent, contrairement aux banques, qui doivent s’interroger sur l’origine des fonds qu’elles reçoivent en vertu de la loi sur le blanchiment d’argent. Les négociants peuvent acquérir une matière première d’origine illégale ou qui serait le produit d’un crime. »Le traçage semble d’autant plus difficile dans des situations de conflit ouverts, des situations qui ne repoussent pourtant pas les négociants, au vu des scandales passés.

Cesser toute activité avec les pays voisins ?

En septembre 2014, l’ambassadrice européenne en Irak Jana Hybaskova confie qu’il est connu que des pays européens achètent en bout de course du pétrole de Daech [6]. Sans que plus d’informations à ce sujet n’ait été communiquée par les institutions européennes depuis. « Les négociants seraient bien gênés de véritablement exclure le commerce de pétrole provenant des zones de Daech, juge Marc Guéniat. Une banque française qui travaille à Genève dans le financement du négoce a décidé d’écarter totalement ce risque en cessant toute activité dans le pétrole de la région, ce qui signifie aussi en Turquie. C’est, à mon sens, le seul moyen d’être certain de ne pas écouler ce pétrole sur les marchés mondiaux. »

Les banques françaises savent bien que ce type de transaction en zones troubles peuvent leur valoir un coûteux retour de bâton. L’année dernière, c’est pour des transactions avec des régimes sous sanctions des États-Unis (Soudan, Iran, Cuba) que BNP Paribas a écopé d’une amende record de plus de six milliards d’euros. Près de trois quarts des transactions incriminées concernaient des échanges réalisés avec le régime soudanais, visé par des sanctions pour soutien au terrorisme et violations des droits de l’homme. Et c’est de vente de pétrole dont il s’agissait [7]. La première banque française a, depuis, considérablement renforcé son contrôle juridique, et serait particulièrement vigilante à ne pas s’impliquer dans les pays voisins de la Syrie.

La Suisse, paradis des commerçants de pétrole… et du trafic d’antiquités

La Suisse est aussi au cœur des préoccupations sur le commerce des antiquités pillées dans les zones occupées par Daech. Un rapport du président du Louvre, rendu public après les attentats de Paris, indique que les principaux sites antiques de Syrie et d’Irak ont fait l’objet « d’un nombre incalculable de fouilles sauvages ». La vente de ces objets viendrait, elle aussi, gonfler les finances de Daech.

« Daech a probablement récupéré les plus belles pièces du musée de Raqqa (en plus de celles volées dans les musées en Irak) pour les revendre à des trafiquants qui bénéficient de réseaux parfaitement organisés et qui existaient bien avant l’apparition de Daech », pointe le rapport. Or, il se peut que ces pièces volées se retrouvent dans les ports francs du monde entier pour y trouver acheteur. Car dans ces « paradis du recel », confidentialité et discrétion sont la règle. « Dans certains ports francs, aucune obligation d’inventaires à l’intention des douanes n’est imposée : la nature des biens entreposés, leur valeur et l’identité de leur propriétaire restent confidentiels », souligne le directeur du Louvre. Parmi ces territoires, on trouve Singapour et Shangaï, mais aussi Genève et Luxembourg. Au cœur de l’Europe.

Rachel Knaebel, avec Olivier Petitjean

Notes
[1Voir ici.
[2Voir ici.
[3Voir ici.
[4Il y a quelques jours, Reuters révélait que ces exportations se feraient notamment via Israël.
[5Après une relaxe en première instance, le parquet a requis l’amende maximale de 750 000 euros contre Total lors du deuxième procès fin octobre.
[6Voir cet article de Médiapart.
[7Voir ici la description des faits reprochés.

lunedì 28 dicembre 2015

L’ORDA CHIC E IL TOTALITARISMO


Trovai questa rappresentazione fantastica, sembrerebbe satirica ma invece è tragica, tragica perchè condizionano manipolando qualsiasi azione la nostra vita, il livello è infimo ...
Dove nascono : L'allucinante logica di "Partito" si salva uno su un milione, eccolo...di Harvey Colossal, dove crescono : La fabbrica degli imbecilli. Il Dupe. Il condizionamento delle masse ..

Al tempo così commentai :
Bellissimo, qualcuno ha perso del tempo per descrivere il tragicomico muro di gomma .... il radical chic ☺
Incredibile descrizione, ci stà la laurea in filosofia. Trovo divertente incontrare qualcuno forse “peggio” di me abituato ad essere circondato da omologati … Forse manca o potrebbe essere superfluo il fatto che ovviamente per il radical chic i totalitaristi sono gli altri perchè non la pensano come loro ed hanno l’ardire di aprir bocca… ☺
Risposta
Guarda è sufficiente la laurea in Peroni ☺


L’ORDA CHIC E IL TOTALITARISMO

by Valentina Chianese
improvearts, 31 marzo 2014

Com’è la vostra epidermide? Mediamente sana? Soffrite di allergie o malattie autoimmuni? E lo stomaco? Reflusso, nausee? No? Ok, fate comunque attenzione, partiamo con l’esplorazione dell’ordachic.

Prendete un radical chic, con delicatezza che si rompe, e chiedetegli qual è il suo orientamento politico. Vi dirà di essere un democratico di sinistra, pacifista e libertario; la moderazione è la sua cifra esistenziale.

Non credetegli.

I radical chic sono il peggior esempio di totalitarismo che possiate incontrare, i peggiori proprio per l’abile camuffamento che hanno escogitato, quello da uomini di pensiero – smidollati e passivi.

Il radical chic ha di solito una cultura medio-alta ma molto specializzata. Nonostante lui rifiuti a priori ogni forma di nozionismo ha però la tendenza ad acculturarsi solo in alcune direzioni e seguendo percorsi già ampiamente codificati e prestabiliti. Afferma di avere una concezione della cultura come di un mezzo per ampliare le proprie vedute e approfondire la propria comprensione della complessità del mondo ma poi, all’atto pratico, su questa complessità i radical chic raggiungono tutti sempre le stesse identiche conclusioni, inevitabilmente.

Il radical chic afferma programmaticamente di essere molto tollerante e guarda con disprezzo chi fa esplicitamente uso della forza, sia essa fisica o verbale. Il radical chic è contro ogni forma di violenza e ama l’idea dell’amore, ricerca l’armonia e afferma che la tolleranza, figlia della pace interiore, sia il mezzo principe per il raggiungimento di un equilibrio sociale, politico, comunicativo. Il radical chic riesce perfettamente a praticare questa tolleranza e a vivere in un discreto equilibrio, a patto però che si circondi esclusivamente di persone a lui identiche, che hanno gli stessi identici gusti, modi di pensare e di essere, e quasi sempre lo stesso culo molto al caldo.

Ma lasciamo da parte le affermazioni del radical chic e analizziamo invece la realtà dei fatti.

Scegliere di circondarsi di propri cloni, confrontarsi solo con persone che la pensano nel proprio identico modo, è né più né meno il modo di vivere dell’orda. All’interno dell’orda gli unici confronti avvengono su bisogni pratici e per questioni di potere. Ci si scontra per stabilire chi è il più forte, chi mangia per primo, chi si accoppia con più femmine. Per il resto l’orda è un corpo unico, che ragiona all’unisono e si muove nella stessa maniera, al fine di potersi opporre con maggiore forza alle altre orde, agli evangelisti e agli ungulati.

Nell’orda radical chic si vive nello stesso modo. Sebbene il livello dello scontro, in ambito sociale, si suppone slitti sul piano razionale/politico, nell’orda radical non c’è nessun confronto intellettuale se non apparente. Sulla maggior parte delle questioni sono un corpo unico, che pensa e si muove all’unisono, al fine di potersi opporre con maggiore forza alle altre orde, alla Peroni e alle risse da bar.

A causa di perversi, ma elementari, meccanismi psicologici risalenti con tutta probabilità ai primi momenti dell’infanzia, in cui per la prima volta il radical chic e soprattutto suo padre hanno percepito l’inettitudine e la spietata mediocrità della creaturina, nell’orda chic non si punta a una semplice dimostrazione di forza bruta bensì si ricerca, in primis, il prestigio (piccolo approfondimento: la figura fantasmatica del Prestigio, per motivi misteriosi, secondo il radical chic ha la residenza in Francia, per cui il primo comandamento del radical è praticare a livelli religiosi la francofilia: nel cinema, nella letteratura, nella musica, nell’abbigliamento, nelle mete turistiche, nelle prede sessuali che solitamente sono ragazze minute con le calze a righe e il basco. Tutti ricordano il boom di depressione radical chic in seguito alla tragedia di Berlino del 9 luglio 2006. C’è tuttavia una seconda ma parallela scuola di pensiero che invece individua il Prestigio a Nuova York, anche se secondo molti è vissuto lì solo fino alla fine degli anni ’70).

Questa ricerca del prestigio da parte dei membri dell’orda chic non crea una competizione interna fra di loro, tutt’altro, funge da reciproco rinforzo psicologico, perché maggiore è il prestigio raggiunto dai membri dell’orda maggiore sarà il prestigio totale dell’orda, che ricadrà a pioggia sui membri stessi. Chi invece paga molto duramente questo incessante lavoro di ricerca è il mondo esterno, i non appartenenti all’orda. Costoro vengono infatti travolti da valanghe di disprezzo, acrimonia, pessime recensioni e fotografie peggiori, vengono ritenuti subumani e trattati alternativamente come minorati o come nemici.


Ora, è proprio qui che appare lampante la bieca menzogna che sta alla base del processo di “acculturamento” del radical chic. Perché se questo acculturamento venisse realmente perseguito al fine di ampliare i propri orizzonti, potenziare il proprio senso critico, approcciarsi con strumenti complessi alla complessa complessità del mondo, non vediamo da dove possano scaturire l’odio, la furia, il livore che il radical chic prova nei confronti del plebeo. Ovviamente quest’odio, questa furia, non sono chiaramente visibili, proprio per la scelta aprioristica del radical chic di abdicare a ogni forma di violenza e uso della forza. Sono semplicemente sublimati in saccenza, arroganza, disprezzo, elitarismo, foulard, caffè parigino, Avion Travel.

Questi sentimenti negativi, annichilenti, devono necessariamente scaturire da qualcos’altro.

Sono a parer mio le reazioni tipiche di chi si sente profondamente minacciato, fin nelle proprie fondamenta, da un’aggressione esterna.

Un’aggressione esterna tale da provocare reazioni abnormi e violente in persone mentalmente sane può prendere la forma di un animale feroce, uno stupratore, uno stupratore cannibale assassino.

Per la mente fallata e semplice di un radical chic tutto ciò che non è stato precedentemente codificato come “prodotto culturale che puoi sicuramente trovare in un evento organizzato dal PD” rappresenta una minaccia.

Il radical chic contemporaneo, d’altra parte, si è abbastanza evoluto da riuscire a gestire piuttosto facilmente la fruizione di prodotti triviali quali ad esempio la commedia sexy all’italiana, perché si è specializzato nel razionalizzare, catalogare, imbrigliare in uno schema culturale qualsiasi cosa gli venga messa davanti (e anche perché amare a prescindere i prodotti di serie B è scritto nel vangelo secondo Tarantino). Non è in grado di ridere in maniera spontanea e immediata per una scoreggia con sgommata. Ma se questa scoreggia con sgommata viene interpretata come estetizzazione anarcoide della pulsione asociale del bambino che è in noi, tesi elaborata e sistematizzata dalla scuola psicanalitica Veltroniana, il radical chic si viene nelle mutande. Infatti, ci sono alcuni radical ben camuffati che si professano fan del cinema “trash”. Si badi bene però, di questo cinema , appunto, “basso”… (a proposito di questa confusione e ambivalenza dei radical nei confronti di ciò che a loro piace o non piace, c’è da dire che molta confusione ha ingenerato nella loro mente limitata la lettura OBBLIGATORIA de “La nausea” di Sartre, che molti hanno frainteso pensando che la sensazione di voltastomaco si accompagni alla crescita del Prestigio. Infatti è molto comune osservare radical chic dal viso contratto e pallido, che si costringono a partecipare ad apericena jazz che provocano in loro – giustamente – brividi gelati lungo la schiena, sintomi che classificano come positivi).

Purtroppo questa strategia di sopravvivenza richiede molto sforzo.

Razionalizzare ogni evento alla lunga stanca.

Il radical allora, se potesse, abolirebbe seduta stante tutto ciò che si discosta anche di pochi millimetri dal bagaglio preconfezionato di nozioni cinematografiche, letterarie e artistiche di cui ha riempito la propria traballante personalità.

Il radical reputa abominevole ciò che mette in discussione i propri gusti e i propri orientamenti politici. Non tollera che il plebeo esprima una qualsiasi opinione, che abbia dei suoi propri gusti. Reagisce come il tecnico da bar quando l’uomo col cappello afferma di essere il calzolaio di Savoldi. Semplicemente perché il radical è i propri gusti e i propri orientamenti politici. Non c’è nient’altro. Una nuvola di fumo. Un fantoccio di stuzzicadenti tenuto con lo sputo. Uno sputo francese, ovviamente.

Il radical trova facile essere tollerante perché non si è mai realmente confrontato su nulla con nessuno.

Il radical vive nell’odio represso e nel disprezzo di chiunque non sia come lui.
Si chiama totalitarismo.

About the Author

Mi chiamo Valentina Chianese e ho, momentaneamente, 32 anni. Vivo in Molise, dove sono cresciuta, ma ho origini campane. Mi sono laureata in filosofia, con grandi aspettative e risultati fiacchi, e a tempo perso in scienze politiche, con nessun impegno e risultati migliori. Adoro il cinema, la filosofia, la campagna, i gatti (non necessariamente i miei), mangiare e bere ma non è che la musica mi fa schifo. Sono relativista su valori che si approssimano al 100% e sono affamata di complottismo, mi viene spontaneo prendere tutto poco sul serio, comprese la vita e la morte, ma posso diventare feroce quando si tratta dell’AS Roma, che ritengo rappresenti l’ultimo sacro baluardo umano senza il quale dovremmo per dignità estinguerci e lasciare il mondo, appunto, ai felini. Sergio Leone, Nietzsche, Castoriadis, Freud e gli Slayer sono le mie icone di riferimento e spero lo diventino un giorno anche per voi. O anche no.


Qualcuno aveva già rappresentato il fenomeno da un altro punto di vista ..

Il Conformista  -  Giorgio Gaber

Io sono un uomo nuovo
talmente nuovo che è da tempo
che non sono neanche più fascista
sono sensibile e altruista orientalista
ed in passato sono stato un po' sessantottista.

Da un po’ di tempo ambientalista
qualche anno fa nell'euforia mi son sentito
come un po' tutti socialista.

Io sono un uomo nuovo
per carità lo dico in senso letterale
sono progressista
al tempo stesso liberista antirazzista
e sono molto buono sono animalista.

Non sono più assistenzialista
ultimamente sono un po' controcorrente
son federalista.

Il conformista
è uno che di solito sta sempre dalla parte giusta
il conformista
ha tutte le risposte belle chiare dentro la sua testa
è un concentrato di opinioni
che tiene sotto il braccio due o tre quotidiani.

E quando ha voglia di pensare pensa per sentito dire
forse da buon opportunista
si adegua senza farci caso
e vive nel suo paradiso.

Il conformista
è un uomo a tutto tondo che si muove
senza consistenza il conformista
s'allena a scivolare dentro il mare della maggioranza
è un animale assai comune
che vive di parole da conversazione.

Di notte sogna e vengon fuori i sogni di altri sognatori
il giorno esplode la sua festa
che è stare in pace con il mondo
e farsi largo galleggiando il conformista
il conformista.

Io sono un uomo nuovo
e con le donne c'ho un rapporto straordinario
sono femminista
son disponibile e ottimista europeista.

Non alzo mai la voce sono pacifista
ero marxista-leninista
e dopo un po' non so perché mi son trovato
cattocomunista.

Il conformista
non ha capito bene che rimbalza meglio di un pallone il conformista
areostato evoluto che è gonfiato dall'informazione
è il risultato di una specie
che vola sempre a bassa quota in superficie.

Poi sfiora il mondo con un dito e si sente realizzato
vive e questo già gli basta
e devo dire che oramai
somiglia molto a tutti noi il conformista
il conformista.

Io sono un uomo nuovo
talmente nuovo che si vede a prima vista
sono il nuovo conformista.

Il Conformista live  -  Giorgio Gaber

Il Conformismo


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giovedì 24 dicembre 2015

Memorie di un ex disinformatore del web


Questo è un articolo estremamente interessante poiché ricostruisce uno spaccato di come funziona la disinformazione diffusa su internet attraverso i forum e i siti che maggiormente fanno tendenza nella formazione della pubblica opinione.

Chi frequenta questo genere di canali informativi conosce bene il fenomeno di quei personaggi che con un nickname postano ripetutamente commenti in questa o quella direzione, magari attizzando la polemica per destabilizzare delle discussioni inizialmente costruttive oppure pubblicizzano insistentemente, ma in modo ambiguo e serpeggiante, una posizione politica specifica.

Ecco, queste persone vengono pagate. Vengono reclutate tra i disperati senza lavoro, istruiti brevemente e via, a fare gli “influencer” invisibili.

Questa è la breve storia di uno di loro. Perché chi è dubbioso in merito si renda conto di quanto il fenomeno sia reale, sposti enormi energie ed interessi nel delicato processo di formazione dell’opinione pubblica su temi sensibili e quanto spregevole sia l’esistenza stessa del fenomeno.
Jervé
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Nota del redattore CLN: il tipo di strategia di propaganda descritto nell'articolo qui sotto si verifica in una vasta gamma di argomenti ed è impiegato da vari gruppi aziendali, politici e di governo a promuovere una serie di ordini del giorno. Si chiama astroturfing, ed è molto più comune di quanto la maggior parte possa immaginare. Questo post non tratta di Israele, e non è di parte. E' semplicemente l'illustrazione dei meccanismi di come linea dibattito può essere manipolato. Poiché si tratta di un post anonimo, non abbiamo modo di verificare le informazioni contenute in questo documento, e si è presentato solo per la vostra considerazione.

Il nostro intento in questo distacco non è quello di diffondere la paranoia o incitare caccia alle streghe shill, ma solo per incoraggiare i lettori a visualizzare ciò che leggono e si confrontano on-line con un occhio più esigente.

Questa presunta confessione è presentata testualmente dal thread originale per preservare la sua integrità. Come tale, è possibile notare alcuni errori tipografici minori.



Ero un Internet Shill a pagamento: come i Gruppi Ombra manipolano il dibattito e l'opinione pubblica in Internet
di Ex-Shill, 

Scrivo qui per uscire allo scoperto come Shill a pagamento. Per un po‘ di più di sei mesi, sono stato pagato per diffondere disinformazione e discutere punti politici su Internet. Questo sito, ATS, non era che uno di quelli che mi sono stati assegnati su cui pubblicare, anche se altre persone nella stessa organizzazione sono stati pagati per essere presenti nello stesso sito, e presumo che siano ancora in circolazione in mezzo a voi. Ma ne parleremo più avanti.

Ho lasciato questo lavoro nella seconda parte del 2011, perché mi sono disgustato di me stesso. Ho capito che non riuscivo a guardarmi più allo specchio. Se questa confessione innesca una sorta di vendetta contro di me, così sia. Fa parte dell’essere un vero uomo in questo mondo avere valori reali per i quali battersi, non importa quali siano le conseguenze.

La mia storia inizia nei primi mesi del 2011. Sono stato senza lavoro per quasi un anno dopo aver perso il mio ultimo lavoro nel campo del supporto tecnico. Sempre più disperato e depresso, ho colto al volo l’occasione quando un ex collega di lavoro mi ha chiamato ha detto che aveva un vantaggio possibile per me. “E ‘un lavoro insolito, e che richiede segretezza. Ma la paga è buona. E so che sei un buon scrittore, quindi è qualcosa di adatti a te. “(La scrittura è sempre stato un hobby per me).

Mi ha dato solo un numero di telefono e un indirizzo, in una delle parti più squallide di San Francisco, dove vivo. Incuriosito, ho chiesto l’URL della società e altre informazioni.Lui ridendo disse: “Non hanno un sito web. Neanche un nome. Vedrai. Basta dire loro che fai riferimento a me. “Sì, sembrava sospetto, ma a lungo termine la disoccupazione ti porta alla disperazione, e la disperazione ha un modo particolare di mostrarti le cose quando si tratta di mettere il cibo in tavola.

Il giorno dopo sono arrivato all’indirizzo – al terzo piano di un edificio fatiscente. L’aspetto del luogo non ispirava fiducia. Dopo aver camminato per un lungo, lurido corridoio coperto di linoleum, illuminato da un fioca lampada sfarfallante, sono arrivato all’ingresso dello stesso ufficio: una porta di metallo crudamente malconcia con un cartello che diceva “United Amalgamated Industries, Inc.”

Seppi poi che questa “azienda” cambiava il suo nome quasi mensilmente, utilizzando sempre nomi generici come quello che non mi ha dato nessuna forte impressione di ciò che l’azienda realmente fa. Non troppo fiducioso, sono andato dentro. L’interno era altrettanto squallido. C’erano pochi tavoli lunghi con sedie pieghevoli, in cui circa una dozzina di persone lavoravano su vecchi computer. Non c’erano decorazioni o ornamenti di qualsiasi tipo: neppure quelli standard per uffici o felci di plastica. Una discarica. Beh, i mendicanti non hanno scelta.

Il direttore, un uomo calvo sulla cinquantina, si alzò dall’unica scrivania singola nella stanza e si fece avanti con un sorriso facile.“Tu devi essere Chris. Yvette [il mio ex-collega di lavoro] mi ha detto che saresti venuto. “[Non sono i nostri veri nomi]. “Benvenuto.Lascia che ti dica un po ‘di quello che facciamo. “Nessuna intervista, niente. Seppi poi che prendevano gente basandosi unicamente sulle segnalazioni, e che le persone che fanno i riferimenti, come la mia ex-collega Yvette, sono stati addestrati a scegliere i candidati in base a diversi fattori tra cui la capacità di tenere la bocca chiusa, capacità di scrittura di base, e disperazione per il lavoro.

Ci sedemmo alla scrivania e cominciò chiedendomi alcune domande su di me e la mia formazione, comprese le mie idee politiche (che erano praticamente inesistenti). Poi cominciò a spiegare il lavoro. “Lavoriamo a influenzare le opinioni della gente qui,” è come l’ha descritto. I clienti della società la pagano per postare sui forum Internet e chartrooms popolari, così come nei forum di gioco e social network come Facebook e MySpace. Chi erano questi clienti? “Oh, diverse persone”, ha detto vagamente. “A volte imprese private, altre volte gruppi politici.”

Soddisfatto che le mie idee politiche non erano forti, mi ha detto che sarei stato assegnato al lavoro politico. “Le persone migliori per questo tipo di lavoro sono persone come te, senza idee chiare”, ha detto con una risata. “Può sembrare un controsenso, ma in realtà abbiamo scoperto che è così.” Beh, OK. Fine. Fino a quando si tratta di uno stipendio fisso, mi piace credere quello che vogliono farmi credere, come ha detto il ragazzo in Ghostbusters.

Dopo aver discusso del pagamento (che era molto meglio di quanto sperassi) e pochi altri dettagli, si fermò poi sulla necessità di assoluta privacy e segretezza. “Non si può dire a nessuno quello che facciamo qui. Non a tua moglie, né al tuo cane. “(Io non ho né l’una né l’altro.)” Ti daremo una storia di copertura e anche un numero di telefono e un sito web falso. Dovrai dire alla gente che sei un consulente. Dal momento che il tuo background è in supporto tecnico, quello sarà il tuo lavoro di copertura. Questo sara’ un problema per te? “Gli ho assicurato di no. “Bene, bene.Vogliamo iniziare? “

“In questo momento?” Ho chiesto, un po ‘alla sprovvista.

“Non c’è tempo da perdere!”, Ha detto con una risata.

Il resto della giornata è stata ripresa con la formazione. Un altro membro del personale, una nonsense donna sulla trentina, doveva essere il mio allenatore, e la formazione sarebbe durato solo due giorni. “Sembri un ragazzo brillante, si otterrà il blocco di esso abbastanza veloce, credo”, ha detto. E infatti, il lavoro è stato più facile di quanto avessi immaginato. Il mio compito era semplice: mi sarebbe stato assegnato a quattro diversi siti web, con l’obiettivo di entrare in alcune discussioni e la promozione di una certa visione. Seppi poi che alcuni membri del personale sono stati assegnati a bacheche internet (come me), mentre altri lavoravano su Facebook o chat. Sembra che questi tre tipi di supporti hanno ciascuna diversa strategia scellino, e ogni shill concentra su uno dei tre in particolare.

Il mio compito? “Sostenere Israele e contare i manifesti anti-israeliani e antisemiti .” Per me va bene. Non avevo nessun parere in un modo o nell’altro su Israele, e chi ama antisemiti e nazisti? Non io, comunque. Ma io non so molto sull’argomento. “Va bene,” disse.“lo imparerai andando avanti. Per la maggior parte, in un primo momento, si farà ciò che chiamiamo “meme-pattuglia”. Questo è abbastanza facile. Più avanti se si è promettenti, ci si allena per gli argomenti più complessi, in cui è necessaria una più approfondita conoscenza. “

Mi porse due raccoglitori con fogli racchiusi in plastica. Il primo era etichettato semplicemente “Israele” sul coperchio, e aveva due sezioni. La prima sezione con informazioni di base sul tema di fondo. Avrei dovuto leggere e memorizzare alcune di queste, col passare del tempo. Aveva collegamenti Internet per ulteriori letture, saggi e punti di discussione, e brani tratti da alcuni libri di storia. La seconda, e più grande sezione si chiamava “Strat” ​​(abbreviazione di “strategia”), con lunghe liste di “coppie di dialogo.” Queste erano le risposte specifiche a specifici messaggi.
Se un commentatore aveva scritto qualcosa di simile a “X”, avremmo dovuto rispondere con qualcosa di simile a “Y” “Bisogna mescolare un po’, però,” ha detto il mio allenatore.“Altrimenti diventa troppo evidente. Devi imparare a utilizzare un vocabolario thesaurus. “Questa sezione contiene anche una serie di suggerimenti per re-indirizzare conversazioni che sono andate troppo lontano da quello che stavamo cercando. Queste strategie, incluse varie forme di attacchi personali, di cui si lamentano i moderatori dei forum, con tendenza dei personaggi dei nostri avversari, usando immagini e icone in modo efficace, e anche trascinando il tono della conversazione verso il basso con allusioni sessuali, link a materiale pornografico, o altre cose del genere. “A volte dobbiamo combattere sporco”, ci dissero poi al training. “I nostri avversari non esitano a farlo, quindi non possiamo neanche noi esitare.”
La seconda sezione era più piccola, e conteneva informazioni specifiche per i siti web che si attribuirebbe a. I siti per cui avremmo lavorato erano: Godlike Productions, Outpost Lunatic, CNN News, Yahoo News, e una manciata di piccoli siti che ruotavano a seconda delle necessità. Come si è detto, NON sono stato assegnato al lavoro ATS (anche se altri nel mio gruppo erano), che fa parte della ragione per cui sto postando questo qui, piuttosto che altrove. Ho voluto pubblicare questo su Godlike Productions in un primo momento, ma mi hanno vietato persino di visualizzare quel sito per qualche motivo (forse mi sono addosso?). Ma se qualcuno collegato con questo sito può far arrivare il messaggio a loro, penso che dovrebbero sapere, perché quello era il sito per il quale ho trascorso un buon 70% del mio tempo lavorando.

Le informazioni site-specifich nella seconda sezione comprendevano una breve storia di ogni sito, compresi recenti focolai di guerra, così come informazioni su cosa evitare in ogni sito in modo da non venire bannato. Aveva anche informazioni molto dettagliate sui moderatori e dei commentatori più popolari in ogni sito: posizione (se conosciuto), tipo di personalità, i temi di interesse, scenario, e anche alcune note su come “premere i pulsanti psicologici” dei diversi commentatori. Anche se non ha funzionato per ATS, io ho visto che avevano un sacco di informazioni sui cosiddetti “commentatori” WATS qui (quelle con i bordi d’oro intorno ai loro bordi). “Un punto sui commentatori è popolare”, il mio allenatore mi ha detto. “Questi sono quelli influenti. Ciascuno di questi vale 50 a 100 di nomi meno noti“.

Ogni commentatore popolare è stato classificato come “ostile”, “amichevole” o “indifferente” per il mio obiettivo. Avremmo dovuto coltivare l’amicizia con i commentatori amichevoli così come i mods (in pratica, fingersi fan e blandirli), e c’erano anche le note sulle strategie di gestione di specifici commentatori ostili. Le informazioni erano piuttosto dettagliate, ma non perfette in ogni caso. “Se è possibile convertire uno dei commentatori ostili dal lato nemico alla nostra parte, si ottiene un bel bonus. Ma questo non accade troppo spesso, purtroppo. Quindi, per lo più sarete li ad attaccare e cercare di provocarli”.

In un primo momento, come ho detto, il mio lavoro è stato “meme-pattuglia”. Questo è stato piuttosto semplice e ripetitivo, ma coinvolto contrastare memi e l’introduzione di nuovi memi, e non richiedono molto approfondita conoscenza della materia. Per lo più solo ripetitivo in base alle coppie di dialogo nella sezione “Strat” ​​del legante prima. Buona parte del mio lavoro è stato disturbo e thread spamming a chi non seguiva la nostra strada, o fare accuse di razzismo e antisemitismo. A volte ho dovuto mentire in modo semplice e rivendicare a un commentatore di aver detto qualcosa o fatto qualcosa “in un altro thread”, cose che in realtà non aveva detto né fatto, e mi sono sentito male per questo … ma alla fine mi sono sentito male circa la possibilità di perdere il primo lavoro ottenuto da quando ho perso il lavoro “vero”.


Aggiornamento 2013/01/12: CLN ha ricevuto una notifica di rimozione che ci chiede di rimuovere questo articolo sulla base del fatto che "E'calunnioso e assolutamente falso" da parte di qualcuno che dichiara di essere un agente legale della casa madre di Above Top Secret. Attualmente stiamo studiando e pubblicheremo aggiornamenti di stato non appena saranno disponibili. Il thread originale ora sembra essere svanita dall'Alto sito di Top Secret.

Aggiorniamo 2013/01/17: Abbiamo chiesto chiarimenti in merito alla richiesta di rimozione e non abbiamo ricevuto una risposta. Forniremo aggiornamenti su eventuali nuovi sviluppi.

Aggiornamento 2013/04/03: Agente legale Above Top Secret mai risposto alla nostra richiesta di chiarimento della loro richiesta di rimozione. Il thread originale è stato ora spostato alla categoria "Hoax" del sito, come sostiene l'autore ATS ha ammesso che era una bufala in uno scambio privato. Per quanto a nostra conoscenza, questo scambio privato e i dettagli di ciò non sono stati pubblicati pubblicamente a sostegno di questa affermazione. Indipendentemente da ciò, crediamo che operazioni segrete di manipolare opinione on-line e il dibattito esistono (e in effetti sono stati pubblicamente riconosciuti in molti dei collegamenti di supporto sottostanti). Se questo caso specifico è vero o no, rimane un dialogo ancora degno di considerazione prezioso e provocatorio.


SPEDIRE WEB









Update 1/12/2013: CLN has received a takedown notice asking us to remove this article on the basis that “It is libelous and utterly false” from someone claiming to be a legal agent of Above Top Secret’s parent company. We are currently investigating and will post status updates as they become available. The original thread now appears to have vanished from Above Top Secret’s website.


Update 1/17/2013: We have requested clarification regarding the takedown request and have not received a response. We will provide updates on any new developments.

Update 4/3/2012: Above Top Secret’s legal agent never responded to our request for clarification of their takedown request. The original thread has now been moved to the “Hoax” category of the website, as ATS claims the author admitted it was a hoax in a private exchange. To the best of our knowledge, this private exchange or the details thereof have not been posted publicly to substantiate this claim. Regardless, we believe that covert operations to manipulate online opinion and debate do exist (and indeed have been publicly acknowledged in many of the supporting links below). Whether this specific case is true or not, it remains a valuable and provocative dialogue still worthy of consideration.
____________________

CLN Editor’s Note: The type of propaganda strategy described in the article below occurs across a wide range of topics and is employed by various corporate, political, and governmental groups to promote a variety of agendas. It is called astroturfing, and it is far more common than most would imagine.

This post is not about Israel, and it is not partisan. It is simply an illustration of the mechanics of how online debate can be manipulated. As this is an anonymous post, we have no way of verifying the information contained herein, and it is presented only for your consideration.

Our intent in posting this is not to spread paranoia or incite shill witch hunts, but merely to encourage readers to view what they read and engage with online with a more discerning eye.

This alleged confession is presented verbatim from its original thread to preserve its integrity. As such, you may notice some minor typographical errors.


I Was a Paid Internet Shill
By Ex-Shill, 
Above Top Secret

I am writing here to come out of the closet as a paid shill. For a little over six months, I was paid to spread disinformation and argue political points on the Internet. This site, ATS, was NOT one that I was assigned to post on, although other people in the same organization were paid to be here, and I assume they still walk among you. But more on this later.

I quit this job in the latter part of 2011, because I became disgusted with it, and with myself. I realized I couldn’t look myself in the mirror anymore. If this confession triggers some kind of retribution against me, so be it. Part of being a real man in this world is having real values that you stand up for, no matter what the consequences.

My story begins in early 2011. I had been out of work for almost a year after losing my last job in tech support. Increasingly desperate and despondent, I jumped at the chance when a former co-worker called me up and said she had a possible lead for me. “It is an unusual job, and one that requires secrecy. But the pay is good. And I know you are a good writer, so its something you are suited for.” (Writing has always been a hobby for me).

She gave me only a phone-number and an address, in one of the seedier parts of San Francisco, where I live. intrigued, I asked her for the company’s URL and some more info. She laughed. “They don’t have a website. Or even a name. You’ll see. Just tell them I referred you.” Yes, it sounded suspicious, but long-term joblessness breeds desperation, and desperation has a funny way of overlooking the suspicious when it comes to putting food on the table.

The next day, I arrived at the address – the third floor in a crumbling building. The appearance of the place did not inspire confidence. After walking down a long, filthy linoleum-covered corridor lit by dimly-flickering halogen, I came to the entrance of the office itself: a crudely battered metal door with a sign that said “United Amalgamated Industries, Inc.”

I later learned that this “company” changed its name almost monthly, always using bland names like that which gave no strong impression of what the company actually does. Not too hopeful, I went inside. The interior was equally shabby. There were a few long tables with folding chairs, at which about a dozen people were tapping away on old, beat-up computers. There were no decorations or ornaments of any type: not even the standard-issue office fica trees or plastic ferns. What a dump. Well, beggars can’t be choosers.

The manager, a balding man in his late forties, rose from the only stand-alone desk in the room and came forward with an easy smile. “You must be Chris. Yvette [my ex-co-worker] told me you’d be coming.” [Not our real names]. “Welcome. Let me tell you a little about what we do.” No interview, nothing. I later learned they took people based solely on referral, and that the people making the referrals, like my ex-colleague Yvette, were trained to pick out candidates based on several factors including ability to keep one’s mouth shut, basic writing skills, and desperation for work.

We sat down at his desk and he began by asking me a few questions about myself and my background, including my political views (which were basically non-existent). Then he began to explain the job. “We work on influencing people’s opinions here,” is how he described it. The company’s clients paid them to post on Internet message boards and popular chartrooms, as well as in gaming forums and social networks like Facebook and MySpace. Who were these clients? “Oh, various people,” he said vaguely. “Sometimes private companies, sometimes political groups.”

Satisfied that my political views were not strong, he said I would be assigned to political work. “The best people for this type of job are people like you, without strong views,” he said with a laugh. “It might seem counterintuitive, but actually we’ve found that to be the case.” Well, OK. Fine. As long as it comes with a steady paycheck, I’d believe whatever they wanted me to believe, as the guy in Ghostbusterssaid.

After discussing pay (which was much better than I’d hoped) and a few other details, he then went over the need for absolute privacy and secrecy. “You can’t tell anyone what we do here. Not your wife, not your dog.” (I have neither, as it happens.) “We’ll give you a cover story and even a phone number and a fake website you can use. You will have to tell people you are a consultant. Since your background is in tech support, that will be your cover job. Is this going to be a problem for you?” I assured him it would not. “Well, OK. Shall we get started?”

“Right now?” I asked, a bit taken aback.

“No time like the present!” he said with a hearty laugh.

The rest of the day was taken up with training. Another staff member, a no-nonsense woman in her thirties, was to be my trainer, and training would only last two days. “You seem like a bright guy, you’ll get the hang of it pretty fast, I think,” she said. And indeed, the job was easier than I’d imagined. My task was simple: I would be assigned to four different websites, with the goal of entering certain discussions and promoting a certain view. I learned later that some of the personnel were assigned to internet message boards (like me), while others worked on Facebook or chatrooms. It seems these three types of media each have different strategy for shilling, and each shill concentrates on one of the three in particular.

My task? “To support Israel and counter anti-Israeli, anti-Semitic posters.” Fine with me. I had no opinions one way or another about Israel, and who likes anti-Semites and Nazis? Not me, anyway. But I didn’t know too much about the topic. “That’s OK,” she said. “You’ll pick it up as you go along. For the most part, at first, you will be doing what we call “meme-patrol.” This is pretty easy. Later if you show promise, we’ll train you for more complex arguments, where more in-depth knowledge is necessary.”

She handed me two binders with sheets enclosed in limp plastic. The first was labeled simply “Israel” in magic-marker on the cover, and it had two sections .The first section contained basic background info on the topic. I would have to read and memorize some of this, as time went on. It had internet links for further reading, essays and talking points, and excerpts from some history books. The second, and larger, section was called “Strat” (short for “strategy”) with long lists of “dialogue pairs.” These were specific responses to specific postings.

If a poster wrote something close to “X,” we were supposed to respond with something close to “Y.” “You have to mix it up a bit, though,” said my trainer. “Otherwise it gets too obvious. Learn to use a thesaurus.” This section also contained a number of hints for de-railing conversations that went too far away from what we were attempting. These strategies included various forms of personal attacks, complaining to the forum moderators, smearing the characters of our opponents, using images and icons effectively, and even dragging the tone of the conversation down with sexual innuendo, links to pornography, or other such things. “Sometimes we have to fight dirty,” or trainer told us. “Our opponents don’t hesitate to, so we can’t either.”

The second binder was smaller, and it contained information specific to the web sites I would be assigned to. The sites I would work were: Godlike Productions, Lunatic Outpost, CNN news, Yahoo News, and a handful of smaller sites that rotated depending on need. As stated, I was NOT assigned to work ATS (although others in my group were), which is part of the reason I am posting this here, rather than elsewhere. I wanted to post this on Godlike Productions at first, but they have banned me from even viewing that site for some reason (perhaps they are onto me?). But if somebody connected with this site can get the message to them, I think they should know about it, because that was the site I spent a good 70% of my time working on.

The site-specific info in the second binder included a brief history each site, including recent flame-wars, as well as info on what to avoid on each site so as not to get banned. It also had quite detailed info on the moderators and the most popular regged posters on each site: location (if known), personality type, topics of interest, background sketch, and even some notes on how to “push the psychological buttons” of different posters. Although I didn’t work for ATS, I did see they had a lot of info on your so-called “WATS” posters here (the ones with gold borders around their edges). “Focus on the popular posters,” my trainer told me. “These are the influential ones. Each of these is worth 50 to 100 of the lesser known names.”

Each popular poster was classified as “hostile,” “friendly,” or “indifferent” to my goal. We were supposed to cultivate friendship with the friendly posters as well as the mods (basically, by brownnosing and sucking up), and there were even notes on strategies for dealing with specific hostile posters. The info was pretty detailed, but not perfect in every case. “If you can convert one of the hostile posters from the enemy side to our side, you get a nice bonus. But this doesn’t happen too often, sadly. So mostly you’ll be attacking them and trying to smear them.”

At first, like I said, my job was “meme-patrol.” This was pretty simple and repetitive; it involved countering memes and introducing new memes, and didn’t demand much in-depth knowledge of the subject. Mostly just repetitive posting based on the dialogue pairs in the “Strat” section of the first binder. A lot of my job was de-railing and spamming threads that didn’t go our way, or making accusations of racism and anti-Semitism. Sometimes I had to simply lie and claim a poster said something or did something “in another thread” they really hadn’t said or done I felt bad about this…but in the end I felt worse about the possibility of losing the first job I’d been able to get since losing my “real” job.

The funny thing was, although I started the job with no strong opinions or political views, after a few weeks of this I became very emotionally wedded to the pro-Israel ideas I was pushing. There must be some psychological factor at work…a good salesman learns to honestly love the products he’s selling, I guess. It wasn’t long before my responses became fiery and passionate, and I began to learn more about the topic on my own. “This is a good sign,” my trainer told me. “It means you are ready for the next step: complex debate.”

The “complex debate” part of the job involved a fair amount of additional training, including memorizing more specific information about the specific posters (friendly and hostile) I’d be sparring with. Here, too, there were scripts and suggested lines of argument, but we were given more freedom. There were a lot of details to this more advanced stage of the job – everything from how to select the right avatar to how to use “demotivationals” (humorous images with black borders that one finds floating around the web). Even the proper use of images of cats was discussed. Sometimes we used faked or photo-shopped images or doctored news reports (something else that bothered me).

I was also given the job of tying to find new recruits, people “like me” who had the personality type, ability to keep a secret, basic writing/thinking skills, and desperation necessary to sign on a shill. I was less successful at this part of the job, though, and I couldn’t find another in the time I was there.

After a while of doing this, I started to feel bad. Not because of the views I was pushing (as I said, I was first apolitical, then pro-Israel), but because of the dishonesty involved. If my arguments were so correct, I wondered, why did we have to do this in the first place? Shouldn’t truth propagate itself naturally, rather than through, well…propaganda? And who was behind this whole operation, anyway? Who was signing my paychecks? The stress of lying to my parents and friends about being a “consultant” was also getting to me. Finally, I said enough was enough. I quit in September 2011. Since then I’ve been working a series of unglamorous temp office jobs for lower pay. But at least I’m not making my living lying and heckling people who come online to express their views and exercise freedom of speech.

A few days ago I happened to be in the same neighborhood and on a whim thought I’d check out the old office. It turns out the operation is gone, having moved on. This, too, I understood, is part of their strategy: Don’t stay in the same place for too long, don’t keep the same name too long, move on after half a year or so. Keeping a low profile, finding new employees through word of mouth: All this is part of the shill way of life. But it is a deceptive way of life, and no matter how noble the goals (I remain pro-Israel, by the way), these sleazy means cannot be justified by the end.

This is my confession. I haven’t made up my mind yet about whether I want to talk more about this, so if I don’t respond to this thread, don’t be angry. But I think you should know: Shills exist. They are real. They walk among you, and they pay special attention to your popular gold-bordered WATS posters. You should be aware of this. What you choose to do with this awareness is up to you.

Yours, ExShill

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